‘Per tutto nel mondo è novembre’. Carducci

VEDI I VIDEO “Alla stazione in una mattina d’autunno” letta da Roberto Herlitzka , Carducci e i miti della bellezza, parte prima , … e parte seconda , “San Martino” letta da Nando Gazzolo Firenze, 9 novembre 2014 Alla stazione in una mattina d’autunno Oh quei fanali come s’inseguono accidïosi là dietro gli alberi, tra i rami stillanti di pioggia sbadigliando la luce […]

VEDI I VIDEO “Alla stazione in una mattina d’autunno” letta da Roberto Herlitzka , Carducci e i miti della bellezza, parte prima , … e parte seconda , “San Martino” letta da Nando Gazzolo

Firenze, 9 novembre 2014

Alla stazione in una mattina d’autunno

Oh quei fanali come s’inseguono

accidïosi là dietro gli alberi,

tra i rami stillanti di pioggia

sbadigliando la luce su ’l fango!

Flebile, acuta, stridula fischia

la vaporiera da presso. Plumbeo

il cielo e il mattino d’autunno

come un grande fantasma n’è intorno.

Dove e a che move questa, che affrettasi

a’ carri foschi, ravvolta e tacita

gente? a che ignoti dolori

o tormenti di speme lontana?

Tu pur pensosa, Lidia, la tessera

al secco taglio dài de la guardia,

e al tempo incalzante i begli anni

dài, gl’istanti gioiti e i ricordi.

Van lungo il nero convoglio e vengono

incappucciati di nero i vigili,

com’ombre; una fioca lanterna

hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei

freni tentati rendono un lugubre

rintócco lungo: di fondo a l’anima

un’eco di tedio risponde

doloroso, che spasimo pare.

E gli sportelli sbattuti al chiudere

paion oltraggi: scherno par l’ultimo

appello che rapido suona:

grossa scroscia su’ vetri la pioggia.

Già il mostro, conscio di sua metallica

anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei

occhi sbarra; immane pe ’l buio

gitta il fischio che sfida lo spazio.

Va l’empio mostro; con traino orribile

sbattendo l’ale gli amor miei portasi.

Ahi, la bianca faccia e ’l bel velo

salutando scompar ne la tenebra.

O viso dolce di pallor roseo,

o stellanti occhi di pace, o candida

tra’ floridi ricci inchinata

pura fronte con atto soave!

Fremea la vita nel tepid’ aere,

fremea l’estate quando mi arrisero:

e il giovine sole di giugno

si piacea di baciar luminoso

in tra i riflessi del crin castanei

la molle guancia: come un’aureola

piú belli del sole i miei sogni

ricingean la persona gentile.

Sotto la pioggia, tra la caligine

torno ora, e ad esse vorrei confondermi;

barcollo com’ebro, e mi tócco,

non anch’io fossi dunque un fantasma.

Oh qual caduta di foglie, gelida,

continua, muta, greve, su l’anima!

io credo che solo, che eterno,

che per tutto nel mondo è novembre.

Meglio a chi ’l senso smarrí de l’essere,

meglio quest’ombra, questa caligine:

io voglio io voglio adagiarmi

in un tedio che duri infinito.

Giosuè Carducci

(da Odi barbare, 1877)

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