‘Notizie di poesia’. Settembre, il post del mese (Luzi ex aequo, con i vostri commenti)

Firenze, 29 settembre 2019 – Podio tutto italiano, questo del mese di settembre, e con quattro presenze e non tre, dato che sul gradino più alto di esso prendono posto, alla pari, Mario Luzi ed Eugenio Montale, rispettivamente con Le torri altere. 11 settembre con Mario Luzi e I limoni di Montale. Oggi ripubblichiamo, accompagnato dai vostri […]

Firenze, 29 settembre 2019 – Podio tutto italiano, questo del mese di settembre, e con quattro presenze e non tre, dato che sul gradino più alto di esso prendono posto, alla pari, Mario Luzi ed Eugenio Montale, rispettivamente con Le torri altere. 11 settembre con Mario Luzi e I limoni di Montale. Oggi ripubblichiamo, accompagnato dai vostri commenti, il post luziano, domani ripubblicheremo quello montaliano. Al secondo posto si classifica Pier Paolo Pasolini con la sua splendida poesia dedicata a Maria Callas (Callas Day con Pier Paolo Pasolini) e un po’ a sopresa al terzo, , vicino a colui che come poeta lo scoprì, Dario Bellezza (Il figlio di Dario Bellezza): una notizia inaspettata che non può che farci piacere, dato che Bellezza risulta oggi un poeta non ricordato e apprezzato come un tempo lo è stato e come in effetti meriterebbe.

Tra i vostri commenti luziani ci piace segnalare quelli di Giacomo Trinci, Isola Difederigo e Maria Grazia Ferraris. Rispettivamente: “La poesia di Mario Luzi, accesa dal trauma e dalla speranza, conferma in questi versi della sua potente forza di linguaggio: parola che genera vita, vita che si genera nella parola. Da questo nesso giovanneo viene tutta la grande esperienza poetica di Luzi, che, attraverso il magma, riemerge, ritorna, integra vita, storia. In questi versi, l’alterigia delle torri e la barbarie del terrore sono attraversati dalla lama di una lingua che, distinguendo, comprende, nel segno di una carità, di una pietas che, per dirla con il grande Agostino, ama la conoscenza e conosce l’amore”; “‘La mente vacilla, l’animo è soverchiato, oppresso. / Si preparano, forse sono già venuti tempi in cui sarà richiesto / agli uomini di essere altri da come noi siamo stati. Come?’. Pare di risentire il fraseggio dubitativo e interrogativo di ‘Nel magma’, all’ingresso della poesia luziana nel mondo della storia, chiamata d’ora in poi a testimoniare la ‘perenne alterità’ del reale all’insegna dell’angoscia ma anche della pietà. Il Luzi della sua ultima e straordinaria stagione è però anche il poeta capace di abbandoni a fiducie trasfiguranti nel perpetuo avvenimento della grazia, che trasformano torri altere in gigli, il ‘buio sangue’ di una drammatica vicenda umana nel sangue cristico dell’universale fratellanza”; “Mettersi come uomo e come poeta al servizio delle grandi cause civili, etiche, dei grandi valori, comunicare e condividere ‘drammi ed enigmi’… certo è una caratteristica innegabile del poeta Luzi : saper coniugare il ‘terrestre col celeste’, la cronaca con la storia, la poesia col quotidiano…, l’ha dimostrato nelle sue raccolte maggiori fin dal lontano ‘Nel magma’, dove la geografia e la storia diventavano metafora e riuscivano ad interiorizzarsi, poesia. L’immersione ultima nella tragedia della cronaca, quindi dell’occasionale, del quotidiano che ci frastorna ed inebetisce, e la domanda dubbiosa e carica di angoscia “forse sono già venuti tempi in cui sarà richiesto/ agli uomini di essere altri da come noi siamo stati. Come?” è davvero decisiva, inquietante, un superamento del pianto di rito, così come l’invito religioso della seconda lirica: ‘Risorgete, risorgete,/ non più torri, ma steli,/ gigli di preghiera./ Avvenga per desiderio/ di pace. Di pace vera’ è un invito che nella forza della metafora si alza al metafisico… poetico”.

Ma bello anche il ritratto devoto e sensibile che di Mario Luzi ci fornisce nel suo commento lo scultore e poeta albanese Artur Spanjolli: “Lui stava sempre là. Nella penombra della sua camera invasa dal disordine dei libri. Pile intere che si intromettevano spezzando la plcidità malinconica del meriggio. Seduto nella sua sedia di vimini. Occhi munuti con le borse esagerate, sgardo mite e sorridnete, capelli radi d’argento in disordine, le sillabe a volta strascicate come se venissero dalla profondità dei decenni. Infatti era un uomo del passato. Un uomo della storia. Come conciato dagli improperi delle epoche. Spesso non diceva nulla e chiudeva gli occhi da 90enne, poi giocava con la protesi dentale e si rimetteva in moto con la sua mente brillante che ricordava tutto in lettere, storia, poesia. Andare da Mario Luzi era più che andare all’estero. Era come visitare le epoche. Il fascismo con i suoi soprusi, la guerra, i poeti del 900, Montale, Ungaretti, Quasimodo, Saba, Bilenchi, suo amico scomparso. Spesso si parlava in modo caotico a mia richiesta su poeti dell’oltre, dell’altrove. Borges, Rimbaud, Verlaine, Poe. Per ogni argomento letterario aveva la sua camera codificata in parole, idee e opinioni, aveva nella sua memoria un intero mondo dedicato alla loro scrittura. Era una felicità inesprimibile per me parlare con Luzi. Teneva vivo dentro di me il fuoco delle lettere e sempre riusciva ad accendermi dentro il fuoco sacro delle lettere. Mi ricordo una volta gli lessi una poesia sull’eco nel tempo di una battaglia di Carlo Magno e volle che gliela leggessi nuovamente. Luzi per me era l’enciclopedia universale, ma non quella morta dei volumi Treccani, era invece l’enciclopedia vivente della memoria letteraria, il cuore pulsante della ragione letteraria che analizzava la storia e la letteratura e dava a me, a noi l’essenza, il riassunto saggio, la sintesi. E la sintesi la sanno fare solamente i grandi letterati…”.

A domani con l’altro vincitore del mese!

Marco Marchi

Le torri altere. 11 settembre con Mario Luzi

VEDI I VIDEO “11 settembre” , 11 settembre 2001. Parole e immagini per non dimenticare  , “Buio sangue”, poesie civili di Mario Luzi lette da Maria Cassi , Luzi sul Novecento, le parole e la storia , “Ab inferis”

VISITA IL SITO Premio “Firenze per Mario Luzi” 

Firenze, 11 settembre 2019 – Da sempre la poesia di Mario Luzi ha saputo coniugare terrestre e celeste, visibile ed invisibile: versi, i suoi, che riproducono in fogge mirabili – trascoloranti dallo sconcerto e lo sgomento alla letizia, dalle interrogazioni più drammaticamente dubitanti alla certezza – una dizione incircoscritta del mondo, dell’esistente.

La poesia «nell’opera del mondo»: nella natura come nel farsi storico degli eventi. Un’unica appartenenza intima e umanamente incaricata che dà voce, nel mistero, alla volontà dell’universo a vivere e rivivere attraverso la «trasformazione», il «mutamento», e insieme all’inverarsi di un senso, a quell’adempiersi insindacabile e segreto che costituisce la sua legge profonda.

Memoria e storia vengono così ad assumere in Luzi significati di assoluto rilievo, mentre il tema civile del superamento dell’insensatezza di un «buio sangue» della violenza e della distruzione sfocia e si propaga nel più diffuso afflato verso l’universa compiutezza del cosmo.

In entrambi i casi, partecipando e ricordando, la sua poesia «tende a»: canta costantemente, pur nella rigorosa spietatezza degli accertamenti e delle condanne, su accorate tonalità di esortazione invocante, spesso di fermo ammonimento e di richiamo, ma anche su registri di nitida contemplazione, di intatta e superiore fiducia in quel «magma» che sovrintende alle vicende dell’uomo e del mondo.

Ha scritto il poeta: «Dramma e enigma: provo a isolare queste due parole. Non so se possono davvero riassumermi ma certo vi riconosco molto di me. Il sentimento creaturale con la sua suscettibilità di fronte alle pene e alle offese non è meno forte del giudizio e del senso storico dell’ingiustizia».

Una dizione sconfinata e appassionata, che di necessità porta con sé il tema civile: un tema che  il ricordo orrendo dell’11 settembre 2001 recapita all’oggi, pone inevitabilmente all’attenzione. Ed è questa la cifra che vogliamo sottolineare, invitando a riconoscere in un’opera straordinaria come quella di Luzi tanti tragici eventi novecenteschi e di nuovo millennio: dalla Seconda guerra mondiale e i suoi orrori alla Guerra del Golfo poi ferocemente riaccesasi, da Praga al Vietnam, dall’assassinio Moro  alle stragi che hanno funestato la recente storia italiana, alle oltranze cruente e quasi inimmaginabili del terrorismo su scala mondiale .

Accadimenti con cui l’arte si incontra e si scontra, fornendo – proprio in questo suo umano non potersi sottrarre a necessità e insieme a un dono ricevuto prezioso come la parola – un’indicazione di valore etico ed educativo: una testimonianza e un pegno memoriale che valgono una continuità, un indirizzo, uno sguardo rivolto al futuro.

Il mondo è ancora insanguinato, il mondo è ancora al buio: «buio sangue». Ma «O anima del mondo / da tutto ferita, / da tutto risarcita…», risponde, perfettamente bilanciandosi tra sofferenza e ricompensa, dramma e speranza, un altro testo ad alta tenuta poetica che Mario Luzi ci ha lasciato (Durissimo silenzio, in Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini).

Marco Marchi

Contro le altere torri

Quegli aerei che si avventavano contro le altere torri,

quel volo a capofitto di vite umane contro altre vite…

L’anima di quel cataclisma era l’odio, un rancore antico

che si liberava come una sorta di ebbrezza… Era anche un

inno alla morte cantato nel sangue di migliaia di creature

sacrificali. E quello che per noi era tenebra per altri era luce ed estasi…

La mente vacilla, l’animo è soverchiato, oppresso.

Si preparano, forse sono già venuti tempi in cui sarà richiesto

agli uomini di essere altri da come noi siamo stati. Come?

11 settembre

Dimettete la vostra alterigia

sorelle di opulenza

gemelle di dominanza,

cessate di torreggiare

nel lutto e nel compianto

dopo il crollo e la voragine,

dopo lo scempio.

Vi ha una fede sanguinosa

in un attimo

ridotte a niente.

Sia umile e dolente,

non sia furibondo

lo strazio dell’ecatombe.

Si sono mescolati

in quella frenesia di morte

dell’estremo affronto i sangui,

l’arabo, l’ebreo,

il cristiano, l’indio.

E ora vi richiamerà

qualcuno ai vostri fasti.

Risorgete, risorgete,

non più torri, ma steli,

gigli di preghiera.

Avvenga per desiderio

di pace. Di pace vera.

Mario Luzi 

(in «La Nazione», 12 gennaio 2002)

I VOSTRI COMMENTI

Maria Grazia Ferraris

Mettersi come uomo e come poeta al servizio delle grandi cause civili, etiche, dei grandi valori, comunicare e condividere “drammi ed enigmi”… certo è una caratteristica innegabile del poeta Luzi : saper coniugare il “terrestre col celeste”, la cronaca con la storia, la poesia col quotidiano.. ., l’ha dimostrato nelle sue raccolte maggiori fin dal lontano “Nel magma”, dove la geografia e la storia diventavano metafora e riuscivano ad interiorizzarsi, poesia. L’immersione ultima nella tragedia della cronaca, quindi dell’occasionale, del quotidiano che ci frastorna ed inebetisce, e la domanda dubbiosa e carica di angoscia “forse sono già venuti tempi in cui sarà richiesto/ agli uomini di essere altri da come noi siamo stati. Come?” è davvero decisiva, inquietante, un superamento del pianto di rito, così come l’invito religioso della seconda lirica: “Risorgete, risorgete,/ non più torri, ma steli,/ gigli di preghiera./ Avvenga per desiderio/ di pace. Di pace vera” è un invito che nella forza della metafora si alza al metafisico… poetico.

Pietro Paolo Tarasco

Luzi dai suoi profondi occhi, dalle sue dolci e pacate parole, dai suoi lunghi silenzi di meditazione ed alcune volte di sconforto (ricordo il telegiornale che abbiamo ascoltato insieme a casa sua a Pienza il 21 Settembre del 2001, era ancora tutto dedicato “all’11 Settembre”). Immagini strazianti, io ero accanto a lui, eravamo soli. Lui scuoteva lentamente il capo, il volto si rabbuiò all’improvviso ed io, in quei momenti avevo molto imbarazzo nel rivolgergli anche lo sguardo. Pensavo a lui, alla sua sofferenza di un uomo che per una intera vita aveva comunicato al mondo con sublimi parole di speranza e di pace. Il suo sconforto era grande.

Antonietta Puri

Il poeta che ha sempre incarnato la spiritualità anche quando, in pieno ermetismo, ponendosi a distanza dalla storia e dalla realtà contingente, la esprimeva – lirico eccelso – più nell’elegente preziosismo formale che nella sostanza…, Mario Luzi, sempre e comunque uomo e poeta della concordia, della fiducia, della speranza, poteva non manifestare lo sdegno, il raccapriccio, lo sgomento di fronte a tanto immane tragedia? Luzi scrive questi versi che sono pianto accorato e monito vibrante, quando ormai la poesia è diventata per lui abbandono lirico, conseguente alla profonda meditazione sulla storia, sul tempo sull’eternità e sul mutamento; il suo sguardo si fa dunque, oltre che angosciato, compassionevole, eppure austero, ma fiducioso che questo male incredibile e impescrutabile, questo male così spropositato, frutto della presunzione e dell’arroganza umana, possa trasfigurarsi, per mezzo della parola che volando alta nella poesia ridiscenda carica dello spirito divino, in una nuova presa di coscienza che restituisca ai popoli l’appartenenza comune all’umanità e un nuovo patto di fratellanza.

Isola Difederigo

“La mente vacilla, l’animo è soverchiato, oppresso. / Si preparano, forse sono già venuti tempi in cui sarà richiesto / agli uomini di essere altri da come noi siamo stati. Come?” Pare di risentire il fraseggio dubitativo e interrogativo di “Nel magma”, all’ingresso della poesia luziana nel mondo della storia, chiamata d’ora in poi a testimoniare la “perenne alterità” del reale all’insegna dell’angoscia ma anche della pietà. Il Luzi della sua ultima e straordinaria stagione è però anche il poeta capace di abbandoni a fiducie trasfiguranti nel perpetuo avvenimento della grazia, che trasformano torri altere in gigli, il “buio sangue” di una drammatica vicenda umana nel sangue cristico dell’universale fratellanza.

Paolo Parrini

Il coraggio di scrivere di una strage infame perché perpetrata senza discernimento, uccidendo innocenti ignari.Il coraggio e la sublime Poesia di Luzi, che sonda l’animo umano e delinea netto il senso di un ritorno non di rancore, ma di pace.Risorgete steli invoca il Poeta e che sia di pace la, vostra nuova vita.Nella sua grandezza d’animo, egli tratteggia una realtà non monolitica, non assurge a scontati inni alla rivalsa.Tutt’altro… la sconfitta è della umanità tutta di fronte allo scempio, una umanità che Luzi incita ad assumere il ruolo dominante. Che sia d’amore la ricostruzione, che il sangue ebreo, indio, arabo, cristiano possano fondersi.Utopia? Non so, ma altro migliore eredità alle generazioni che verranno egli non avrebbe potuto lasciare.”Risorgete, risorgete,

non più torri, ma steli, gigli di preghiera”.

framo

“Dopo il crollo e la voragine, dopo lo scempio” altri crolli, altre voragini, altri e diversificati scempi si consumano ai danni degli ultimi edifici dalle fondamenta cadenti di una dimensione umana vistosamente in agonia. Sparati sui nomi dei caduti incisi ai bordi di fontane, fasci incorporei ed esanimi di luce artificiale e altera, a segnalare il perimetro lasciato vuoto dalle compiante Towers. Mancano fioriture di “gigli di umana preghiera”; ancora steli ai raggi laser e immagini di luce al neon, inadatte a far sentire l’uomo meno indifeso e solo, a riportarlo da un estraneo e protervo suolo verso un più terso, meno oscurato, inviolato cielo. Caro Luzi, cala e ricala la tenebra: nei paraggi di Tower of Freedom, dentro e ben oltre i confini di Ground Zero, oggi come allora, “luci ed estasi” … al di sotto del grado zero.

Damiano Malaibaila

In questo Luzi civile, accoratamente impegnato, a dominare è, oltre la compassione (nel senso di comunione del dolore), un invito alla caritas e all’amore per il prossimo. Una straordinaria lezione di umanità…

Giacomo Trinci

La poesia di Mario Luzi, accesa dal trauma e dalla speranza, conferma in questi versi della sua potente forza di linguaggio: parola che genera vita, vita che si genera nella parola. Da questo nesso giovanneo viene tutta la grande esperienza poetica di Luzi, che, attraverso il magma, riemerge, ritorna, integra vita, storia. In questi versi, l’alterigia delle torri e la barbarie del terrore sono attraversati dalla lama di una lingua che, distinguendo, comprende, nel segno di una carità, di una pietas che, per dirla con il grande Agostino, ama la conoscenza e conosce l’amore.

tristan51

Che bello quando Luzi in un’intervista rilasciata per i suoi ottant’anni afferma che la poesia non è solo il sogno, ma anche il risveglio, e anche l’amaro risveglio! E che bello quando, a risarcimento dell’umano, con pari naturalezza ed intima convinzione, in un’altra intervista dice che la poesia è la vita al quadrato, la vita al massimo grado di intensità! Solo un grande poeta, del resto, avrebbe potuto immaginare due torri superbe e tragicamente devastate trasformate in “steli, / gigli di preghiera”.

Chiara

Ancora ricordo quando i programmi televisivi si interruppero, l’11 settembre del 2001, per annunciare l’attacco delle torri gemelle a New York. Io stessa ho visitato il ground Zero, quella piazza, un vuoto enorme, un cimitero a cielo aperto. La tristezza e il dolore anche a distanza di anni sono sempre nell’aria. Questa poesia di Luzi ci aiuta a ricordare l’avvenuto invitandoci ad accantonare l’alterigia e a conseguire la pace, tutti insieme. Una poesia che ci porta ad avere speranza che disgrazie come questa non succedano più.

Elisabetta Biondi della Sdriscia

Fin dagli esordi ermetici la poesia di Luzi è permeata d’inquieta e trepida ricerca di risposte all’enigma esistenziale e affronta, senza mai eluderli, i grandi temi civili e umani che la storia di volta in volta propone, cercando di penetrare nei meandri più cupi e tenebrosi dell’animo umano, proponendo, supplice, nuove intese e nuove possibilità di convivenza civile in nome di una comune umanità. La sua voce risuona, dunque, alta e forte nei momenti di maggior smarrimento della nostra vicenda di uomini del XXI secolo in quanto Luzi sente di avere, in quanto poeta, l’obbligo morale di farsi interprete dello smarrimento della società di fronte ad accadimenti sconvolgenti come terrorismo, attentati, stragi, nella consapevolezza che solo attraverso il rispetto e l’amore per l’uomo la nostra civiltà potrà trovare risposte ai grandi problemi della storia.

Artur Spanjolli

Lui stava sempre là. Nella penombra della sua camera invasa dal disordine dei libri. Pile intere che si intromettevano spezzando la plcidità malinconica del meriggio. Seduto nella sua sedia di vimini. Occhi munuti con le borse esagerate, sgardo mite e sorridnete, capelli radi d’argento in disordine, le sillabe a volta strascicate come se venissero dalla profondità dei decenni. Infatti era un uomo del passato. Un uomo della storia. Come conciato dagli improperi delle epoche. Spesso non diceva nulla e chiudeva gli occhi da 90enne, poi giocava con la protesi dentale e si rimetteva in moto con la sua mente brillante che ricordava tutto in lettere, storia, poesia. Andare da Mario Luzi era più che andare all’estero. Era come visitare le epoche. Il fascismo con i suoi soprusi, la guerra, i poeti del 900, Montale, Ungaretti, Quasimodo, Saba, Bilenchi, suo amico scomparso. Spesso si parlava in modo caotico a mia richiesta su poeti dell’oltre, dell’altrove. Borges, Rimbaud, Verlaine, Poe. Per ogni argomento letterario aveva la sua camera codificata in parole, idee e opinioni, aveva nella sua memoria un intero mondo dedicato alla loro scrittura. Era una felicità inesprimibile per me parlare con Luzi. Teneva vivo dentro di me il fuoco delle lettere e sempre riusciva ad accendermi dentro il fuoco sacro delle lettere. Mi ricordo una volta gli lessi una poesia sull’eco nel tempo di una battaglia di Carlo Magno e volle che gliela leggessi nuovamente. Luzi per me era l’enciclopedia universale, ma non quella morta dei volumi Treccani, era invece l’enciclopedia vivente della memoria letteraria, il cuore pulsante della ragione letteraria che analizzava la storia e la letteratura e dava a me, a noi l’essenza, il riassunto saggio, la sintesi. E la sintesi la sanno fare solamente i grandi letterati…

Marco Capecchi

La poesia civile di Luzi raggiunge livelli di una profondità unica.

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