‘Notizie di poesia’. Maggio, il post del mese (Kavafis ex aequo, con i vostri commenti)

Firenze, 30 maggio 2020 – Un  bellissimo ex aequo al vertice del nostro podio di maggio: Kavafis con il post Kavafis e le visioni del piacere (incentrato su una delle sue liriche più belle, Mare al mattino) e Ungaretti con il post La madre di Ungaretti (e cioè, ancora, con un post dedicato a una superpoesia dell’autore, […]

Firenze, 30 maggio 2020 – Un  bellissimo ex aequo al vertice del nostro podio di maggio: Kavafis con il post Kavafis e le visioni del piacere (incentrato su una delle sue liriche più belle, Mare al mattino) e Ungaretti con il post La madre di Ungaretti (e cioè, ancora, con un post dedicato a una superpoesia dell’autore, giustamente tra le sue più celebrate e note). Argento da spartirsi tra vari autori, classificatisi alla pari: Cardarelli, il tandem d’Annunzio-Montale e la sublime Emily Dickinson, rispettivamente con Annegare nel tempo. Vincenzo CardarelliD’Annunzio, Montale e il meriggio e Emily Dickinson e il sole. Al terzo posto, ma per un solo voto in meno rispetto ai vincitori della medaglia d’argento, Giacomo Leopardi con Leopardi e il passero solitario. Un  risultato di cui piace sottolineare la varietà delle voci poetiche che avete privilegiato e anche il fatto che la classifica profilatasi alterni grandi nomi della letteratura italiana con grandi nomi della poesia internazionale.

Tra i vostri commenti su Kavafis segnaliamo quelli di Antonietta Puri, Isola Difederigo e Davide Boera. Rispettivamente: “Kavafis, un poeta plasmato dai flutti del Mediterraneo che hanno lambito per secoli le antiche terre di Grecia coi suoi miti e la sua classicità e contaminato dalla contemporaneità con l’immancabile bagaglio di contraddizioni e frustrazioni. Kavafis, un uomo di fronte a quel mare che, come il viaggiatore di Friedrich, contempla con uno sguardo al passato la Bellezza, misurando al contempo, con un sentimento panico, la piccolezza dell’uomo di fronte alla vastità degli orizzonti, sulla quale, come suuna tela bianca, egli ridisegna le visioni del piacere ‘taroccate’ dagli inganni della memoria, della nostalgia e del rimpianto che talvolta rendono sublime ciò che non fu poi così esaltante. Ma c’è in lui anche uno sguardo oltre tutti gli orizzonti, verso il futuro, verso l’altrove, con il desiderio del viaggio e della fuga e la sconsolata consapevolezza dell’impossibilità di farlo. Un uomo solo comunque, tra tanti uomini soli”; “All’ombra del desiderio più acuminato si fa il dolore, più limpida e atroce la visione di un perduto mondo di luce. ‘Mare al mattino’ è l’unico en plein air della poesia di Kavafis, quello che resta del giorno. L’eros e la memoria, storica e privata, l’idea del tempo che tutto altera, una lingua greca restituita alla sua originaria, ineguagliabile capacità di astrazione e di sintesi: Kavafis è un grande tragico moderno, che fa delle inquietudini personali e della contemporaneità nuove icone del sublime”; “È come se tutta l’opera di Kavafis fosse un’unica cantica ininterrotta dove il poeta greco intrappola, con i suoi versi, le ombre che le cose della vita proiettano sullo schermo dell’anima: l’incompiutezza dell’esistenza, l’inafferrabilità del piacere, il rimpianto nostalgico dell’istante impermanente, l’implacabile imperativo del desiderio che mai si adempie fino in fondo. Chiedendo un prestito a Montale, Kavafis bagna nella luce greca della storia antica e del mito una ricerca, che si sa già fallita, di quel ‘bandolo’ che non torna mai. Come mai non tornano i conti che ci ostiniamo a sbagliare sulle nostre incerte dita, senza capirne il perché”.

Buona lettura e buoni ascolti, e a domani per festeggiare Giuseppe Ungaretti!

Marco Marchi

Kavafis e le visioni del piacere

VEDI I VIDEO “Mare al mattino” , “Θάλασσα του Πρωιού” , “Candele” , “Κεριά” letta da Katia Dandoulaki e cantata da Alexandros Hatzis , “Quanto più puoi” , “Itaca” ,“Ιθάκη”, dal film “Kavafis” di Yannis Smaragdis (1996)

Firenze, 3 maggio 2020 – Ricordando che il 29 aprile scorso ricorrevano, insieme, l’anniversario della nascita e l’anniversario della morte di Konstantinos Kafavis (Alessandria d’Egitto, 29 aprile 1863 e 29 aprile 1933).

Mare al mattino

Fermarmi qui. Per vedere anch’io un po’ di natura.

Luminosi azzurri e gialle sponde

del mare al mattino e del cielo limpido: tutto

è bello e in piena luce.

Fermarmi qui. E illudermi di vederli

(e davvero li vidi un attimo appena mi fermai);

e non vedere anche qui le mie fantasie,

i miei ricordi, le visioni del piacere.

Θάλασσα του Πρωιού

Εδώ ας σταθώ. Κι ας δω κ’ εγώ την φύσι λίγο.

Θάλασσας του πρωιού κι ανέφελου ουρανού

λαμπρά μαβιά, και κίτρινη όχθη· όλα

ωραία και μεγάλα φωτισμένα.

Εδώ ας σταθώ. Κι ας γελασθώ πως βλέπω αυτά

(τα είδ’ αλήθεια μια στιγμή σαν πρωτοστάθηκα)·

κι όχι κ’ εδώ τες φαντασίες μου,

τες αναμνήσεις μου, τα ινδάλματα της ηδονής.

Konstantinos Kavafis

(1915, da Poesie)

I VOSTRI COMMENTI

Elisabetta Biondi della Sdriscia

Il mare al mattino, nella purezza limpida di un cielo e di un mare vergini così come la natura che circonda il poeta: puri, incontaminati nella luce da poco sorta, non ancora offuscati daila realtà della vita. Ma neanche la pura bellezza del paesaggio marino della sua Alessandria può dare sollievo, se non effimero, al poeta e il ricordo degli amori e dei piaceri trascorsi e perduti per sempre riaffiora incessante. Tra nostalgia, irrealizzabili desideri senili e aspirazione tormentata verso una purezza impossibile, Kavafis, con l’eleganza e la sobrietà che la classicità profondamente introiettata gli ispirano canta il dissidio tra anima e sensi.

Elisabetta Biondi della Sdriscia

Aggiungerei che é straordinario come la limpida classicità di Kavafis riesca a coniugarsi con l’inquietudine dell’uomo di oggi: due brevi strofe scandite dall’anafora iniziale, legate da richiami fonici interni, ci spalancano l’ossimoro struggente dell’esistenza, tra luci e ombre, desiderio di catarsi e richiamo dei sensi, percezione d’infinito e finitezza tormentata dell’individuo.

Isola Difederigo

All’ombra del desiderio più acuminato si fa il dolore, più limpida e atroce la visione di un perduto mondo di luce. “Mare al mattino” è l’unico en plein air della poesia di Kavafis, quello che resta del giorno. L’eros e la memoria, storica e privata, l’idea del tempo che tutto altera, una lingua greca restituita alla sua originaria, ineguagliabile capacità di astrazione e di sintesi: Kavafis è un grande tragico moderno, che fa delle inquietudini personali e della contemporaneità nuove icone del sublime.

Maria Grazia Ferraris

Sapiente mescolanza di meditazione-confessione, prosa e lirica, sorretta dalla consapevolezza del possesso di strumenti poetici raffinati (ritmi fonici, anafore, pause, rime interne), emozione: “ per vedere anch’io un po’ di natura”- il desiderio controllato, misurato, di un impiegato travet quale è stato, dietro una finestra chiusa- , che desidera un solitario abbandono senza enfasi alla bellezza delle cose ed alla loro essenzialità. Il mare del mattino allora, abbagliante, il cielo luminoso, i colori possono calmare l’inquietudine e dare corpo alle illusioni, pur sapendole tali….: infinitudine e senso disperante del limite che per un momento, un baleno, incerto come il sogno, si neutralizzano dando spazio e voce al desiderio frustrato.

Antonella Bottari

Tutto s’abbevera di luce lo spirito inquieto del poeta; consapevole della sua vita, dell’ effimero incostante piacere che trova risoluzione in brevi istanti, egli ferma lo sguardo, immaginifico come sempre, su ciò che d’azzurro si specchia nel suo animo. E freme il Creato e la Bellezza, benignamente, lo accoglie. Ma è istante di sogno? Realtà? Il suo spirito indomito non si placa. Così come sabbia dorata trattiene seco il mare, egli aspira a fermare quei momenti d’ eterno. Ma la clessidra del tempo non si arresta e non resta nella rètina, che un istante di fulgore, la presenza – assenza di un mondo incantato del quale egli è fuggevole spettatore.

Elisabetta Puri

Kavafis, un poeta plasmato dai flutti del Mediterraneo che hanno lambito per secoli le antiche terre di Grecia coi suoi miti e la sua classicità e contaminato dalla contemporaneità con l’immancabile bagaglio di contraddizioni e frustrazioni. Kavafis, un uomo di fronte a quel mare che, come il viaggiatore di Friedrich, contempla con uno sguardo al passato la Bellezza, misurando al contempo, con un sentimento panico, la piccolezza dell’uomo di fronte alla vastità degli orizzonti, sulla quale, come suuna tela bianca, egli ridisegna le visioni del piacere “taroccate” dagli inganni della memoria, della nostalgia e del rimpianto che talvolta rendono sublime ciò che non fu poi così esaltante. Ma c’è in lui anche uno sguardo oltre tutti gli orizzonti, verso il futuro, verso l’altrove,

con il desiderio del viaggio e della fuga e la sconsolata consapevolezza dell’impossibilità di farlo. Un uomo solo comunque, tra tanti uomini soli.

tristan51

Kavafis abitato dalla poesia, antico e modernissimo, senza tempo. E un testo molto bello, che nella sua distillata, elementare semplicità fa pensare a’”L’Eternità” di Rimbaud.

Davide Boera

È come se tutta l’opera di Kavafis fosse un’unica cantica ininterrotta dove il poeta greco intrappola, con i suoi versi, le ombre che le cose della vita proiettano sullo schermo dell’anima: l’incompiutezza dell’esistenza, l’inafferrabilità del piacere, il rimpianto nostalgico dell’istante impermanente, l’implacabile imperativo del desiderio che mai si adempie fino in fondo. Chiedendo un prestito a Montale, Kavafis bagna nella luce greca della storia antica e del mito una ricerca, che si sa già fallita, di quel “bandolo” che non torna mai. Come mai non tornano i conti che ci ostiniamo a sbagliare sulle nostre incerte dita, senza capirne il perché.

Duccio Mugnai

Molto bella come lo è tutta la produzione di Kavafis. E’ molto coinvolgente l’oscillazione tra oggettività e fantasia, realtà e sogno, natura e “chimere”. E’ geniale la contrapposizione tra la volontà di semplice e sereno godimento naturalistico e le trasfigurazioni oniriche di erotismi e ricordi di piacere. Quasi il desiderio, impossibile da realizzarsi, di una sospensione o quantomeno un’interruzione del “lavoro” intellettuale e, drammaticamente razionale, delle proprie ossessioni. Di nuovo, in Kavafis, un intreccio ideologico-sentimentale tra un sentire culturale contemporaneo e la meraviglia, sempre attuale, del lascito degli antichi lirici greci. Ad esempio Alcmane, Saffo…

Matteo Mazzone

L’esperienza del singolo finito e statico, in contrapposizione coll’infinito marino dinamico: il mare, da sempre topos e correlativo oggettivo d’illimitatezza a cui si aggiunge una coloritura esistenziale, da sempre luogo e non-luogo, abisso profondo e superficie calma. Si fa, dunque, specchio al di là del quale esiste un oltre non oltrepassabile ma sperato, ricco di fantasie e ferventemente desiderato; ancora è simbolo d’introiezione psicanalitica ed al tempo stesso traiettoria diritta di un futuro possibile. Anche per Kavafis è questo: un odisseico volo nel pieno del niente, dell’illusione, e della letteraria speranza.

Maria Antonietta Rauti

Un mare che contamina il bello agli occhi del poeta… Illusione del raggiungimento di un piacere che sovrasta le alte onde e li placa nell’infinita visione di poetiche fantasie…

Chiara Scidone

Il poeta osserva attentamente il paesaggio e la natura, o almeno così sembra. Perché in realtà è tutto solamente un ricordo di un posto perduto, una visione della sua terra d’origine.

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