Non solo pittore. Lorenzo Viani poeta

VEDI I VIDEO “I vàgeri” , “Ritorno alla Patria” , Lorenzo Viani pittore , “La benedizione dei morti del mare” , “Lorenzo Viani tra anarchia e fascismo” Firenze, 3 novembre 2020 – Ricordando Lorenzo Viani, nato a Viareggio il 1° novembre 1882 e morto a Lido di Ostia il 2 novembre 1936. Accreditato da autorevoli giudizi come uno tra i maggiori rappresentanti […]

VEDI I VIDEO “I vàgeri” , “Ritorno alla Patria”Lorenzo Viani pittore , “La benedizione dei morti del mare” , “Lorenzo Viani tra anarchia e fascismo”

Firenze, 3 novembre 2020 – Ricordando Lorenzo Viani, nato a Viareggio il 1° novembre 1882 e morto a Lido di Ostia il 2 novembre 1936.

Accreditato da autorevoli giudizi come uno tra i maggiori rappresentanti del nostro Novecento grafico e pittorico – valga per tutti l’elogio di Ottone Rosai: “È stato il maestro di tutti noi” –, il viareggino Lorenzo Viani risulta sì, oggi, artista noto, ma ancora al di sotto dei suoi effettivi valori. Per non dire, rimasta decisamente più in ombra, della sua attività letteraria, talvolta davvero notevole: un’attività parallela, valutabile al pari della sua arte per via di cultura oltre che di naturale talento, nella sua originale configurazione novecentesca fra dialetto, lingua e tensione espressionistica (e talvolta, soprattutto nelle opere più tarde, con minore incisività, più propriamente manieristica)  che ha prodotto racconti interessanti come quelli de Gli ubriachi e I vàgeri e romanzi di assoluto rilievo come Parigi e Angiò uomo d’acqua.

Del tutto dimenticata e spesso ignota anche ai suoi estimatori più affezionati, la produzione in versi di Viani confluita in massima parte nel volume postumo La polla del pantano, che ci riporta tuttavia ad elementi fondanti della sua poliedrica ed inquieta espressività. Secondo una vianista di vaglia come Nicoletta Mainardi, che a Viani poeta ha dedicato una delle sue numerose, illuminanti letture critiche (ora raccolte in due volumi: Lorenzo Viani. Studi per un ritratto e Viani. Nuovi studi, rispettivamente Franco Cesati e Bandecchi & Vivaldi) è anzi qui rintracciabile «tra effetti manieristici della scrittura e istanze di palingenesi – in base allo slogan attestato dai biografi di Viani “Scriverò un libro di poesie, così tutti mi chiameranno poeta” –, l’estrema forma di sincerità dell’arte».

“Un Viani –  come la Mainardi precisa, contestualizzando sul piano storiografico tra futurismo e tardo dannunzianesimo da Libro segreto – non debitamente assistito nelle proprie urgenze espressive di poeta da una strumentazione tecnica idonea, omologabile al laboratorio del narratore», e ciò nonostante «ampiamente remunerato in questa spiazzante ricerca di sé dal dono insperato che la scrittura in versi more suo pareva offrirgli, luogo deputato del confronto e della sintesi di segno e parola, di linea e colore, di dinamismo e monumentalità”.

E’ così che  anche nei tre componimenti che abbiamo scelto per far conoscere la rara poesia di Viani – testi contrassegnati tutti da esplicito o tendenziale nominalismo, acceso vocabolarismo e scoppiettanti rimbalzi fonico-rimici quasi da filastrocca – , “l’alternanza prevista secondo equilibri variabili di bianchi e di neri, di vuoto e di pieno, in definitiva del nulla e del tutto, escludendo  il sospetto d’ingenuità e d’improvvisazione in chi ad essa affida il suo più antico e mai compiutamente realizzato sogno cartaceo, ritaglia le occasioni di totale godibilità estetica dell’immagine, restituita dal piano del visibile alle compenetrazioni della visione”.

Marco Marchi

Continenti

I pazzi son molto contenti

D’udir la voce d’altri continenti;

Attenti

S’affissano sul grammofono

Afono,

Raucedinoso,

Catarro stizzoso,

Che il vorticoso

Giro a ritroso

Della punta d’acciaio

Tramuta in vivaio

Di gente dal piede di legno,

La voce d’orco,

Il grugnito del porco,

Il lamento del fachiro,

Il lagno del ghiro,

Il sospiro della lupa,

La cupa

Lamentazione dell’upupa.

A quelle voci d’altri continenti,

D’altri pianeti,

I pazzi che sono poeti

Ridiventati ragazzi,

Diventano pazzi

Come i savi colti dall’allegria

Ch’è una pazzia

Ciclotimica.

I pazzi

Ridiventati ragazzi,

Accenciati per la terra,

La grande ruota, il grande grammofono

Di voci varie

Contrarie

Ascoltano la ruotella fatata,

Osservano la punta calamitata,

Perniata

Sul braccio d’acciaio

Colatoio, scuotitoio

Di note

Scorrevoli e sincopate.

I pazzi sorridono alla musica di moda:

Cani col barattolo di latta legato alla coda,

Anatrai,

Abbai,

Eloqui

Di ventriloqui Nord-Americani,

Rutti convulsi,

Conati insulsi,

Flatulenze tracheali,

Assonanze orchestrali,

Tacchettìo di nacchere,

Sghirare di pinzocchere,

Nubili volubili,

Negri che si dinoccolano

E smoccolano

In loro favella,

Qualche fischio di rondinella,

Locomotiva che si conduole al disco,

Pietrisco

Di note trite come la ghiaia;

L’uomo abbaia,

Il cane guattisce le vocali,

Gli orchestrali

Con motivi labiali

O d’altra caverna

Alternano la taverna

Di ronzii verdi setati,

Di strepiti assaettati;

Uomini e donne dalle mani di legno

Danno il segno

Con applausetti alternati

D’essere incantati

Dalla musica di moda,

Che non trasmoda,

Non discende

Alle lungagnate

Melodrammate

Del ballo di una volta.

La femminetta,

Fiammetta,

Labbra di minio,

Capelli d’alluminio,

Occhioni cerchiati,

Dilatati

Dall’estasi,

Sbiscia,

S’arribiscia,

Striscia,Liscia

Con lo scarpino di sugatto

Il tono matto del tappeto

Vanente nel pineto;

L’uomo discreto,

Vestito di nero,

Tacco a pero,

Lindo

Balletta come sulla polpa di tamarindo,

Peritante di slittare

E di trascinare nella caduta

Come una stella cadente (una donna perduta)

Splendente

Di luci astrali

Ignote ai mortali.

I pazzi

Ridiventati ragazzi,

Accenciati per la terra,

Come i parafanghi

D’una automobile ch’abbia dato di cozzo

Nel mozzo

D’un torpedone,

Ascoltano i tanghi

D’altri continenti,

D’altri pianeti,

E veri poeti

S’abbandonano all’allegria,

Che in fondo è una pazzia

Ciclotimica.

L’età

Età

Mèta della metà

Per le donne, per i poeti,

Discreti

Mezzadri del tempo giunti alla mèta.

Donne e poeta

Retrocedono a grande velocità

Verso la mediocrità

Del tempo scorrevole come una trottola.

La nottola

Presagio della morte, che annienta che annulla,

non è l’uccello della donna, del poeta;

La mèta

Sconturba la mente

Che presente

L’algore

Sul gelido cuore.

La loro aspirazione è il ritorno alla culla,

Al vagito,

Al metrito

Brucato di rime,

Al lattime,

Alla movenza endouterina,

Alla vocina

D’agnello;

Il poeta discreto

Vagheggia d’esser feto,

La donna discreta

Vagheggia d’esser feta.

Feta

Fata

E’ questione d’un e senza accento,

Come dal dieci al numero cento

E’ questione d’uno zero.

Zero in condotta

Al poeta e alla sua dotta

Compagna,

Che marciano a tutto vapore

A ritroso dell’ore,

Verso il nulla

Della culla

Che ruzzola, scavalla, rimbomba

Nel silenzio di tomba

Della casa avita

Dov’è morta la vita.

Tramagli tesi alle stelle

Vele gialle crocisegnate,

Donne nere rassegnate,

Fissate

Sul mare.

Sulla barca

Un vecchio navarca,

Viso di terracotta,

Guida il timone, tesa la scotta.

Triangolo di reti distese,

Schelmo, timone, calcese.

Cielo turchino,

Rami di stelle in cammino,

Impigliate

Nelle reti, orate,

Pesci luna,

Lene,

Sul bordo

Sciabordo

Oleastro

Verde astro.

Fredda palpitazione di mare

Sciare,

Arare,

Sarpare.

Lorenzo Viani

(da La polla nel pantano, 1955)

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