La primavera di Clemente Rebora

VEDI I VIDEO “E’ primavera, questo accasciamento…” , “Voce di vedetta morta” , “Divina l’ora quando per le membra” , Ritratto di Clemente Rebora , “Dall’imagine tesa” letta da Franca Nuti  Firenze, 23 ottobre 2020 Frammenti lirici, XXI È primavera, questo accasciamento Nell’ebete riflesso D’un caldo umido vento Che monotono incrina La crosta cittadina E suono fesso rende? Forse […]

VEDI I VIDEO “E’ primavera, questo accasciamento…” , “Voce di vedetta morta” , “Divina l’ora quando per le membra” , Ritratto di Clemente Rebora , “Dall’imagine tesa” letta da Franca Nuti 

Firenze, 23 ottobre 2020

Frammenti lirici, XXI

È primavera, questo accasciamento

Nell’ebete riflesso

D’un caldo umido vento

Che monotono incrina

La crosta cittadina

E suono fesso rende?

Forse altrove sei bella, o primavera:

Non qui, dove uno sdraia

Passi d’argilla e per le reni vuoto

Scivola il senso e gonfia la ventraia,

Mentre l’anima giace pietra al fondo

D’una gora, e si contrae

L’idea nel tempo che vien già divelto

Con nausea intorno alle cose.

Tu, mano aperta che inseguivi il mondo,

Questo hai ghermito; e primavera in festa

Il riposo ora porge e l’omaggio.

Eppur, la fede e il responso tentai;

Preda tutto dei casi, nel viaggio

Della turba pilotai;

E con rimorso mi largivo e breve

L’ozio che addólcia

In cima al sentimento i vani sogni:

Non certo i vostri, o primavera sciocca,

O lasciva città senza amore!

Ma che giovò se l’aria mi fu tolta,

Se ogni ora parve un ripiego di fretta,

Se quasi scheggia puntuta

Mi scardassò la vita;

Se, primavera, il mio cuor generoso

Soffocasti di spasimi sordi

In uno scuoter di sonno che crolla

Qui dove tutto m’offende

Con vergogna, e non trovo

Un abisso profondo per gettarmi?

Tu mi gridasti all’inutile forza

Dell’anima che pensa,

All’inezia noiosa di chi pena:

E ridevi nei tuoi rutti sozza.

Oh, se avvelenati denti

Mi saettassero fuor della bocca

Per morder cuore e cervello su te,

Mentre la gola rugghiasse a sterminio

Il terrore del mal che m’infosca

E drizzasser le mani ogni nocca

In artigli selvaggi a squarciare

Dio e i scellerati buoni!

Oh, se fuggendo trovassi regioni

Dov’occhio non mi veda né conosca,

E lieto fosse il destin nuovo al sole!

Ma primavera, tu strozzi e spunti

Ruggiti e artigli con mediocre inerzia,

E gl’impeti e le luci

Accasci e in ebete riflesso smungi;

Ben tu al fiuto del senso conduci

Nel caldo umidore del vento

Con strette di mano la placida vita,

Con strette di ordigni la provvida forza;

e in tuo buon senno mossa,

Nei plausi fraterni

Dell’ilare gente codarda

Sotto il ghigno del cielo,

All’anima maliarda

Di noi vili eterni

Tu scavi tediata la fossa.

E suggo io, intrepido, il veleno

Schizzato a vendetta

A chi di morte sfuggirà la stretta:

E te con voglia, o spirito, suggello

Sulla mia impronta severa;

Ma giù gli sguardi con terrore, voi

Tronfi bastardi della primavera,

Civil risma di eroi:

E giù il cappello!

Clemente Rebora

(da Frammenti lirici)

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