Il paese bruciato. Roberto Roversi

VEDI I VIDEO Da “Dopo Campoformio”, videopoesia , Roberto Roversi secondo Lucio Dalla , “Tu parlavi una lingua meravigliosa” di Roversi e Dalla , La voce del poeta: Roversi legge una sua poesia Firenze, 15 settembre 2021 – Ricordando che ieri ricorreva l’anniversario della morte di Roberto Roversi (Bologna, 14 settembre 2012). Da «Il tedesco imperatore» Quando venni in Lombardia […]

VEDI I VIDEO Da “Dopo Campoformio”, videopoesiaRoberto Roversi secondo Lucio Dalla , “Tu parlavi una lingua meravigliosa” di Roversi e Dalla , La voce del poeta: Roversi legge una sua poesia

Firenze, 15 settembre 2021 – Ricordando che ieri ricorreva l’anniversario della morte di Roberto Roversi (Bologna, 14 settembre 2012).

Da «Il tedesco imperatore»

Quando venni in Lombardia

ero giovane, allora.

Per strade róse dai fischi dei vapori

il pianto di un ragazzo

migrò libero verso la frontiera:

l’ombra dei montanari saliva verso il cielo

e in tiepidi restaurants i camerieri

scoprivano agli ufficiali

distratti da un occhio adolescente

fragili zuppiere.

Nel rifugio della stazione,

mentre i treni bruciavano

bianchi neri contro le vetrate,

la donna appoggiò i chiari

capelli sul mio zaino.

Terra per eserciti

in fuga verso i monti.

Tremano al lume della luna le giovani foglie.

Austria, Svizzera, Francia alla frontiera.

In due giorni di cammino

sui laghi volarono,

col balzo delle trote, le speranze.

A Novara, a Novara;

oh a Novara, in un osteria

avvinghiata da caserme bruciate;

un uomo grida sul prato della periferia,

al mattino era morto. Ivrea, Aosta…

su quelle strade marciavo e per i monti

frustrato da tristezza, dai ricordi.

da «Tutto bruciato»

Marco appare. “Il paese bruciato.

Guarda le case, tronchi senza vita,

macerie, polvere.

La forte gioventù morta, fuggita”.

Il sole indora la campagna,

cade dai nevai;

odore di un fuoco calmo dentro al vento.

La gente ferma sulla piazza.

M’azzanna il cuore una vespa infuriata.

“I mongoli affamati

dànno alla nostra carne questi morsi.

I tedeschi li armano, li avventano

ubriacandoli; bruciati dalla grappa

cadono urlando sulla strada,

prendono le donne come cani.

Pecore siamo nell’Italia morta”.

M’avvio nella valle solcata

da un fiume, con cime fuggenti,

stormire d’alberi,

ruscelli stenti migrano, fra onde

di foglie i castelli persi nelle ombre.

Case incendiate specchiano le nubi;

dentro ai paesi occhi e ossa d’uomini

tendono la mano, pellegrini

vinti da una sciagura.

Pendono le travi delle case.

“Le donne uccise”, dicono, “o scampate

al massacro, spente di paura

giacciono nel buio delle stalle.

Da uscio a uscio per fienili e case

i mongoli cercarono, fra le balle

di paglia, carrette rovesciate;

bruciò il paese, fuggono le donne

rauche disfatte pazze di terrore”.

I vigorosi uomini lontani.

Pagarono le donne con la vita

la breve età felice

e i neri capelli.

Tornano adesso i giovani strisciando

lungo le siepi della valle.

da «La piazza è in festa»

Carri armati posano

sotto gli alberi, i negri

ridono, stendono le mani,

la gente nelle vie,

tutte le finestre al sole.

Giorno sacro d’aprile. Alti vocianti

feroci uomini nuovi.

“E’ finita la guerra”, questo

il popolo grida; gli anni si frantumano,

un mondo nuovo affiora ribollendo

dalle schiuma aspra del dolore.

La piazza bianca di calce, bianca nell’aria d’aprile,

tacque; un uomo apparve sul palco,

parlò poche parole aprendo

la nuova storia.

Roberto Roversi 

(Dopo Campoformio,  1962)

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