I fiori simbolisti di Pascoli. ‘Digitale purpurea’

VEDI IL VIDEO “Digitale purpurea” letta da Francesco Manetti Firenze , 15 dicembre 2012 Digitale purpurea I Siedono. L’una guarda l’altra. L’una
 esile e bionda, semplice di vesti
 e di sguardi; ma l’altra, esile e bruna, 
 l’altra… I due occhi semplici e modesti
 fissano gli altri due ch’ardono. «E mai
 non ci tornasti?» «Mai!» «Non […]

VEDI IL VIDEO “Digitale purpurea” letta da Francesco Manetti

Firenze , 15 dicembre 2012

Digitale purpurea

I

Siedono. L’una guarda l’altra. L’una


esile e bionda, semplice di vesti


e di sguardi; ma l’altra, esile e bruna, 


l’altra… I due occhi semplici e modesti


fissano gli altri due ch’ardono. «E mai


non ci tornasti?» «Mai!» «Non le vedesti



più?» «Non più, cara.» «Io sì: ci ritornai;


e le rividi le mie bianche suore,


e li rivissi i dolci anni che sai;



quei piccoli anni così dolci al cuore…»


L’altra sorrise. «E di’: non lo ricordi


quell’orto chiuso? i rovi con le more?


i ginepri tra cui zirlano i tordi?


i bussi amari? quel segreto canto


misterioso, con quel fiore, fior di…?»



«morte: sì, cara». «Ed era vero? Tanto


io ci credeva che non mai, Rachele,


sarei passata al triste fiore accanto.



Ché si diceva: il fiore ha come un miele


che inebria l’aria; un suo vapor che bagna


l’anima d’un oblìo dolce e crudele.



Oh! quel convento in mezzo alla montagna


cerulea!» Maria parla: una mano


posa su quella della sua compagna;



e l’una e l’altra guardano lontano.



II

Vedono. Sorge nell’azzurro intenso


del ciel di maggio il loro monastero,


pieno di litanie, pieno d’incenso.



Vedono; e si profuma il lor pensiero


d’odor di rose e di viole a ciocche,


di sentor d’innocenza e di mistero.



E negli orecchi ronzano, alle bocche


salgono melodie, dimenticate,


là, da tastiere appena appena tocche…



Oh! quale vi sorrise oggi, alle grate,


ospite caro? onde più rosse e liete


tornaste alle sonanti camerate



oggi: ed oggi, più alto, Ave, ripete,


Ave Maria, la vostra voce in coro;


e poi d’un tratto (perché mai?) piangete…



Piangono, un poco, nel tramonto d’oro,


senza perché. Quante fanciulle sono


nell’orto, bianco qua e là di loro!



Bianco e ciarliero. Ad or ad or, col suono


di vele al vento, vengono. Rimane


qualcuna, e legge in un suo libro buono.



In disparte da loro agili e sane,


una spiga di fiori, anzi di dita


spruzzolate di sangue, dita umane,


l’alito ignoto spande di sua vita.



III

«Maria!» «Rachele!» Un poco più le mani


si premono. In quell’ora hanno veduto


la fanciullezza, i cari anni lontani.



Memorie (l’una sa dell’altra al muto


premere) dolci, come è tristo e pio


il lontanar d’un ultimo saluto!

«Maria!»

«Rachele!» Questa piange, «Addio!»


dice tra sé, poi volta la parola


grave a Maria, ma i neri occhi no: «Io,»



mormora, «sì: sentii quel fiore. Sola


ero con le cetonie verdi. Il vento


portava odor di rose e di viole a

ciocche. Nel cuore, il languido fermento


d’un sogno che notturno arse e che s’era


all’alba, nell’ignara anima, spento.



Maria, ricordo quella grave sera.


L’aria soffiava luce di baleni


silenzïosi. M’inoltrai leggiera,



cauta, su per i molli terrapieni


erbosi. I piedi mi tenea la folta


erba. Sorridi? E dirmi sentia: Vieni!



Vieni! E fu molta la dolcezza! molta!


tanta, che, vedi… (l’altra lo stupore


alza degli occhi, e vede ora, ed ascolta



con un suo lungo brivido…) si muore!»

Giovanni Pascoli 

(da Primi poemetti, 1904)

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