I ‘fior d’oscurità’ di Carlo Betocchi

VEDI I VIDEO “Così come ormai sono” , Intervista , “Un passo, un altro passo” , “Non ho più che lo stento di una vita” Firenze, 1 ottobre 2015 – Sfatando il mito (avallato peraltro dal pauperismo a sfondo religioso dell’autore) di un Carlo Betocchi poeta semplice, solo per dono, e a favore invece di una sua interpretabilità […]

VEDI I VIDEO “Così come ormai sono” , Intervista , “Un passo, un altro passo” , “Non ho più che lo stento di una vita”

Firenze, 1 ottobre 2015 – Sfatando il mito (avallato peraltro dal pauperismo a sfondo religioso dell’autore) di un Carlo Betocchi poeta semplice, solo per dono, e a favore invece di una sua interpretabilità in una chiave «culta» e manieristica, misticamente accesa e letterariamente intraducibile fino all’ermetismo e persino, come qui, su tema amoroso, al petrarchismo, secondo acute intuizioni di un lettore d’eccezione di Betocchi come Pier Paolo Pasolini

Un lettore appassionato di Betocchi, Pasolini, disposto a commuoversi, leggendo le liriche del poeta di Realtà vince il sogno, fino alle lacrime. Così, testualmente, in uno degli articoli apparsi negli anni Settanta su «Tempo», poi raccolti in un libro di alta saggistica letteraria, poetico anche nel titolo come Descrizioni di descrizioni (libro apparso postumo a cura di altri, ma per il quale Pasolini aveva già pronta un’epigrafe, un distico che dice, rimandando all’elaborazione allora in corso di Petrolio e più esplicitamente a Scritti corsari«Nei saggi ideologici ci metto il mio senso comune: / solo per quelli poetici, oh Tetis, il mio acume»).

E il titolo stesso dell’opera prima di Betocchi Realtà vince il sogno, infine, non appare poeticamente consentaneo e  fraternamente sintonico alla sensibilità pasoliniana? Un incontro ineludibile all’insegna del sacro (del senso del sacro in ambedue i poeti fortissimo, artisticamente fondante), quasi una predestinazione

Marco Marchi 

All’amata

I fior d’oscurità, densi, che odorano

dove tu sei, s’aggirano nell’ombra,

un’altra luce sento che m’inonda

queste pupille che l’ombra violano.

Quale tu sei, non so; forse t’adorano

le cose antiche in me, tutto circonda

te in un giardino dove i sensi all’ombra

tornano ad uno ad uno che ti sfiorano.

L’esser più soli, e l’aggirarsi dove

tu non sei più, od in remota stanza

dentro al mio petto, quando lento piove

l’amor di te che oltre di te s’avanza,

forse sarà per questo il dir d’amore

più dolce dell’amore che ci stanca.

Carlo Betocchi 

(da Altre poesie, 1939, ora in Tutte le poesie)

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