Epifania con cinque poeti: Praga, Eliot, Luzi, Turoldo e Pasolini

VEDI I VIDEO T.S. Eliot legge “Journey of the Magi” ,  “I Magi” e “I pastori” di Luzi nel sito del Premio “Firenze per Mario Luzi” , “Epifania” di David Maria Turoldo,  L’Epifania secondo Pier Paolo Pasolini (dal “Vangelo secondo Matteo”, 1964)  , L’Adorazione dei Magi nella storia dell’arte  Firenze, 6 gennaio 2020 I Re […]

VEDI I VIDEO T.S. Eliot legge “Journey of the Magi” “I Magi” e “I pastori” di Luzi nel sito del Premio “Firenze per Mario Luzi” , “Epifania” di David Maria TuroldoL’Epifania secondo Pier Paolo Pasolini (dal “Vangelo secondo Matteo”, 1964)  , L’Adorazione dei Magi nella storia dell’arte 

Firenze, 6 gennaio 2020

I Re Magi

                                A mia madre

I bei vegliardi dallo scettro d’oro

     Che per la neve, sotto il ciel sereno,

     Sostar sommessi alla mia porta udìa,

     La notte della santa Epifanìa,

     O son morti di freddo, o son malati,

     Nei paesi del sole,

     I bei vegliardi dallo scettro d’oro!

Quando la mia scarpetta in sul verone

     Tutta avvizzita facea la rugiada,

     10E tu madre, domestica regina,

     La colmavi di doni alla mattina,

     Io ricciuto avea il crin, candida l’alma,

     E ogni alba che venìa

     Di giornate regali il don mi offrìa.

Un giovin Sire senza scettro d’oro,

     Ma cui nutrian d’aromi e terra e cielo,

     E una corte di sogni e di speranze

     Complimentava fra beate stanze,

     Era in quei giorni io stesso:

     Io che il perduto imper sospiro adesso!

I bei vegliardi dallo scettro d’oro

     Che per la neve, sotto il ciel sereno,

     Sostar sommessi alla mia porta udìa,

     La notte della santa Epifanìa,

     O son morti di freddo o son malati

     Nei paesi del Sole,

     I bei vegliardi dallo scettro d’oro!

Emilio Praga

(da Penombre, 1864)

Il viaggio dei Magi

Fu un freddo avvento per noi,

Proprio il tempo peggiore dell’anno

Per un viaggio, per un lungo viaggio come questo

Le vie fangose e la stagione rigida

Nel cuore dell’inverno.

E i cammelli piagati, coi piedi sanguinanti, indocili

Sdraiati nella neve che si scioglie.

Vi furono momenti in cui noi rimpiangemmo

I palazzi d’estate sui pendii, le terrazze,

E le fanciulle seriche che portano il sorbetto.

Poi i cammellieri che imprecavano e maledicevano

E disertavano, e volevano, donne e liquori,

E i fuochi notturni s’estinguevano, mancavano ricoveri,

E le città ostili e i paesi nemici

Ed i villaggi sporchi e tutto a caro prezzo:

Ore difficili avemmo.

Preferimmo viaggiare di notte,

Dormendo solo a tratti,

Con le voci che cantavano agli orecchi, dicendo

Che questo era tutta follia.

Poi all’alba giungemmo a una valle più tiepida,

Umida, sotto la linea della neve, tutta odorante di vegetazione;

Con un ruscello in corsa ed un molino ad acqua che batteva il buio,

E tre alberi contro il cielo basso,

E un vecchio cavallo bianco al galoppo sul prato.

Poi arrivammo a una taverna con l’architrave coperta di pampini,

Sei mani ad una porta aperta giocavano a dadi monete d’argento,

E piedi davano calci agli otri vuoti.

Ma non avemmo alcuna informazione, e così proseguimmo

Ed arrivati a sera non un solo momento troppo presto

Trovammo il posto; cosa soddisfacente voi direte.

Tutto questo fu molto tempo fa, ricordo,

E lo farei di nuovo, ma considerate

Questo considerate

Questo: ci trascinarono per tutta quella strada

Per una Nascita o per una Morte? Vi fu una Nascita, certo,

Ne avemmo prova e non avemmo dubbio. Avevo detto nascita e morte

Ma le avevo pensate differenti; per noi questa Nascita fu

Come un’aspra ed amara sofferenza, come la Morte, la nostra morte

Tornammo ai nostri luoghi, ai nostri Regni,

Ma ormai non più tranquilli, nelle antiche leggi,

Fra un popolo straniero che è rimasto aggrappato ai propri idoli.

Io sarei lieto di un’altra morte.

Journey of the Magi

A cold coming we had of it,

Just the worst time of the year

For a journey, and such a long journey:

The ways deep and the weather sharp,

The very dead of winter.

And the camels galled, sore-footed, refractory,

Lying down in the melting snow.

There were times when we regretted

The summer palaces on slopes, the terraces,

And the silken girls bringing sherbet.

Then the camel men cursing and grumbling

And running away, and wanting their liquor and women,

And the night-fires going out, and the lack of shelters,

And the cities dirty and the towns unfriendly

And the villages dirty and charging high prices:

A hard time we had of it.

At the end we preferred to travel all night,

Sleeping in snatches,

With the voices singing in our ears, saying

That this was all folly.

Then at dawn we came down to a temperate valley,

Wet, below the snow line, smelling of vegetation;

With a running stream and a water mill beating the darkness,

And three trees on the low sky,

And an old white horse galloped away in the meadow.

Then we came to a tavern with vine-leaves over the lintel,

Six hands at an open door dicing for pieces of silver,

And feet kicking the empty wineskins.

But there was no information, and so we continued

And arrived at evening, not a moment too soon

Finding the place; it was (you may say) satisfactory.

All this was a long time ago, I remember,

And I would do it again, but set down

This set down

This: were we led all that way for

Birth or Death? There was a Birth, certainly,

We had evidence and no doubt. I had seen birth and death,

But had thought they were different; this Birth was

Hard and bitter agony for us, like Death, our death.

We returned to our places, these Kingdoms,

But no longer at ease here, in the old dispensation,

With an alien people clutching their gods.

I should be glad of another death.

Thomas Stearns Eliot

(Journey of the Magi, 1927)

Epifania

Notte, la notte d’ansia e di vertigine

quando nel vento a fiotti interstellare,

acre, il tempo finito sgrana i germi

del nuovo, dell’intatto, e a te che vai

persona semiviva tra due gorghi

tra passato e avvenire giunge al cuore

la freccia dell’anno… e all’improvviso

la fiamma della vita vacilla nella mente.

Chi spinge muli su per la montagna

tra le schegge di pietra e le cataste

si turba per un fremito che sente

ch’è un fremito di morte e di speranza.

In una notte come questa,

in una notte come questa l’anima,

mia compagna fedele inavvertita

nelle ore medie

nei giorni interni grigi delle annate,

levatasi fiutò la notte tumida

di semi che morivano, di grani

che scoppiavano, ravvisò stupita

i fuochi in lontananza dei bivacchi

più vividi che astri. Disse: è l’ora.

Ci mettemmo in cammino a passo rapido,

per via ci unimmo a gente strana.

                                                      Ed ecco

il convoglio sulle dune dei Magi

muovere al passo dei cammelli verso

la Cuna. Ci fu ressa di fiaccole, di voci.

Vidi gli ultimi d’una retroguardia frettolosa.

E tutto passò via tra molto popolo

e gran polvere. Gran polvere.

Chi andò, chi recò doni

o riposa o se vigila non teme

questo vento di mutazione:

tende le mani ferme sulla fiamma,

sorride dal sicuro

d’una razza di longevi. 

Non più tardi di ieri, ancora oggi.

Mario Luzi

(da Onore del vero, 1957)

I Magi

Non ha volto, si cela

dentro sé il tempo –

così ci confonde

esso, ci gioca

con i suoi inganni –

a volte

duramente,

duramente ci disorienta.

Ed ecco, in un frangente

prima non osservato

o in uno

sorpassato

dal flusso

e dimenticato

o in altro ancora

rimasto

oscuro dietro le dune,

qua o là,

qua o là, seme sepolto

in terra molto arida

e molto pesticciata,

potrebbe all’improvviso

il futuro disserrarsi

in luci, sfavillare il tempo

dove? da una qualsiasi parte.

Andavano cauti loro, i Magi,

occhiuto era il viaggio

in avanti

o a ritroso? procedendo

o tornando

ai luoghi

d’un’ignota profezia?

Sapevano e non sapevano

da sempre la doppiezza del cammino.

L’avvenire o l’avvenuto…

dove stava il punto?

e il segno?

da dove era possibile il richiamo?

Non è ricaduta

inerte nel passato

e neppure regressione

nel guscio delle cose già sapute

questo

ritorno della strada

spesso

su se medesima,

ma nuova

conoscenza, forse,

ed illuminazione

di un bene avuto e non ancora inteso –

dice

uno di loro

e gli altri lo comprendono

sì e no, ma sanno

ed ignorano all’unisono…

e proseguono

insieme,

vanno e vengono

insieme nel va e vieni del viaggio.

Mario Luzi

(da Frasi e incisi di un canto salutare, 1990)

Epifania

Eran partiti da terre lontane:

in carovane di quanti e da dove?

Sempre difficile il punto d’avvio,

contare il numero è sempre impossibile.

Lasciano case e beni e certezze,

gente mai sazia dei loro possessi,

gente più grande, delusa, inquieta:

dalla Scrittura chiamati sapienti!

Le notti che hanno vegliato da soli,

scrutando il corso del tempo insondabile,

seguendo astri, fissando gli abissi

fino a bruciarsi gli occhi del cuore!

Naufraghi sempre in questo infinito,

eppure sempre a tentare, a chiedere,

dietro la stella che appare e dispare,

lungo un cammino che è sempre imprevisto.

Magi, voi siete i santi più nostri,

i pellegrini del cielo, gli eletti,

l’anima eterna dell’uomo che cerca,

cui solo Iddio è luce e mistero.

David Maria Turoldo

(da O sensi miei…, 1990)