Dante, San Pietro e la Sposa di Cristo

VEDI I VIDEO  Versi dal canto XXVII del “Paradiso” letti da Carmelo Bene , Paolo e Francesca secondo Carmelo Bene (con, a conclusione, galleria di opere figurative ispirate) , Ulisse secondo Carmelo Bene Firenze, 28 agosto 2015 Dal Paradiso, canto XXVII Dinanzi a li occhi miei le quattro face stavano accese, e quella che pria […]

VEDI I VIDEO  Versi dal canto XXVII del “Paradiso” letti da Carmelo Bene , Paolo e Francesca secondo Carmelo Bene (con, a conclusione, galleria di opere figurative ispirate) , Ulisse secondo Carmelo Bene

Firenze, 28 agosto 2015

Dal Paradiso, canto XXVII

Dinanzi a li occhi miei le quattro face

stavano accese, e quella che pria venne

incominciò a farsi più vivace,

e tal ne la sembianza sua divenne,

qual diverrebbe Iove, s’elli e Marte

fossero augelli e cambiassersi penne.

La provedenza, che quivi comparte

vice e officio, nel beato coro

silenzio posto avea da ogne parte,

quand’ ïo udi’: «Se io mi trascoloro,

non ti maravigliar, ché, dicend’ io,

vedrai trascolorar tutti costoro.

Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio,

il luogo mio, il luogo mio che vaca

ne la presenza del Figliuol di Dio,

fatt’ ha del cimitero mio cloaca

del sangue e de la puzza; onde ’l perverso

che cadde di qua sù, là giù si placa».

Di quel color che per lo sole avverso

nube dipigne da sera e da mane,

vid’ ïo allora tutto ’l ciel cosperso.

E come donna onesta che permane

di sé sicura, e per l’altrui fallanza,

pur ascoltando, timida si fane,

così Beatrice trasmutò sembianza;

e tale eclissi credo che ’n ciel fue

quando patì la supprema possanza.

Poi procedetter le parole sue

con voce tanto da sé trasmutata,

che la sembianza non si mutò piùe:

«Non fu la sposa di Cristo allevata

del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,

per essere ad acquisto d’oro usata;

ma per acquisto d’esto viver lieto

e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano

sparser lo sangue dopo molto fleto.

Non fu nostra intenzion ch’a destra mano

d’i nostri successor parte sedesse,

parte da l’altra del popol cristiano;

né che le chiavi che mi fuor concesse,

divenisser signaculo in vessillo

che contra battezzati combattesse;

né ch’io fossi figura di sigillo

a privilegi venduti e mendaci,

ond’ io sovente arrosso e disfavillo.

In vesta di pastor lupi rapaci

si veggion di qua sù per tutti i paschi:

o difesa di Dio, perché pur giaci?

Del sangue nostro Caorsini e Guaschi

s’apparecchian di bere: o buon principio,

a che vil fine convien che tu caschi!

Ma l’alta provedenza, che con Scipio

difese a Roma la gloria del mondo,

soccorrà tosto, sì com’ io concipio;

e tu, figliuol, che per lo mortal pondo

ancor giù tornerai, apri la bocca,

e non asconder quel ch’io non ascondo».

Dante Alighieri 

(dal Paradiso, canto XXVII, vv. 10-66)

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