Come un fanciullo triste. Giovanna Bemporad

VEDI I VIDEO “L’anima mia che ha tristezze d’aurora” , “Sogno o realtà” , “Felice sospensione ha il mio dolore” , “La mestizia una maschera d’ancella” , Giovanna Bemporad dice e commenta versi dell’ “Odissea” da lei tradotta Firenze, 13 gennaio 2018 – Giovanna Bemporad  – scomparsa a Roma, la città in cui da tempo […]

VEDI I VIDEO “L’anima mia che ha tristezze d’aurora” , “Sogno o realtà” , “Felice sospensione ha il mio dolore” , “La mestizia una maschera d’ancella” , Giovanna Bemporad dice e commenta versi dell’ “Odissea” da lei tradotta

Firenze, 13 gennaio 2018 – Giovanna Bemporad  – scomparsa a Roma, la città in cui da tempo si era stabilita, il 6 gennaio 2013 – è stata una pregevole poetessa e una memorabile traduttrice. Fu amica di Pasolini,  Pagliarani e Ungaretti. Un’intensa rievocazione del suo anticonformistico e decisivo rapporto intellettuale instaurato durante gli anni scolastici bolognesi con il giovane Pier Paolo Pasolini (sullo sfondo di questa amicizia giocata anche su una accomunante diversità sessuale, oltre a Bologna, un’estiva, assolata, mitica Casarsa friulana tra frequentazioni pedagogico-popolari, alta cultura letteraria e iniziazione politica) si legge nella Vita di Pasolini di Enzo Siciliano.

Questa invece la fulminante immagine che di lei ci ha dato Elio Pagliarani: “Ebbi la ventura di incontrare nella prima adolescenza una Pizia adolescente, autentica sacerdotessa di Apollo (si misurava già con Omero), musicale fin negli ingorghi più intrigati delle viscere”.

Di origini ebraico-ferraresi, Giovanna Bemporad ha affidato la propria poesia ad un unico volume di versi intitolato Esercizi, apparso per la prima volta nel 1948, riproposto in seguito da Garzanti e giunto di recente a due edizioni ampliate: edizioni per così dire di progressivo consuntivo, comprendenti, assieme alle antiche già dominate dal tema della morte, le poesie della vecchiaia. Ha tradotto, oltre che Omero, anche dall’Eneide di Virgilio e, integralmente, l’Elettra di Hugo von Hofmannsthal.

Marco Marchi

L’anima mia che ha tristezze d’aurora

L’anima mia che ha tristezze d’aurora

e di tramonto, e il gusto della morte,

non più tenuta viva da illusioni

piange sommessa al clamoroso mare

come un fanciullo triste, abbandonato

senza difesa a tutti i suoi terrori.

Ma quando il sole un riso di rubini

mi semina tra i solchi della fronte,

spiegano i sogni un volo di gabbiani!

Persa in un mondo di gocce d’azzurro

e di freschezza verde, annego in questo

mare più dolce dell’oblio l’angoscia

cupa degli anni tardi, in cui presento,

rammaricando, che il mio tempo è morto.

Giovanna Bemporad

(da Esercizi)