Anniversario Palazzeschi (Roma, 17 agosto 1974). ‘Visita alla contessa Eva Pizzardini Ba’

VEDI IL VIDEO “Visita alla contessa Eva Pizzardini Ba” letta da Paolo Poli … E IL POST PRECEDENTE I fiori lascivi di Aldo Palazzeschi Firenze, 17 agosto 2012 – «…Tutti i giorni si nasce… / e tutti i giorni si muore. / Quando si nasce c’è la levatrice, / quando si muore… c’è il dottore. / – Preferisco la levatrice. / – Io no, il dottore…». Sulla interpretazione di questa poesia […]

VEDI IL VIDEO “Visita alla contessa Eva Pizzardini Ba” letta da Paolo Poli

… E IL POST PRECEDENTE I fiori lascivi di Aldo Palazzeschi

Firenze, 17 agosto 2012 – «…Tutti i giorni si nasce… / e tutti i giorni si muore. / Quando si nasce c’è la levatrice, / quando si muore… c’è il dottore. / – Preferisco la levatrice. / – Io no, il dottore…».

Sulla interpretazione di questa poesia da parte di Paolo Poli: nonostante pareri diversi e diversi accrediti agevolmente recuperabili (vedi tra i commenti al video in YouTube), confermiamo senza titubanza alcuna il giudizio già in precedenza espresso sulla lettura dei Fiori, e cioè unica, inarrivabile, perfetta (per l’esattezza, citando dal post relativo: «unica: magistrale, insuperabile, degna del genio di Palazzeschi»).

E ancora, a proposito dell’inaugurato gioco-torneo-rubrica degli autori vs attori, di cui a breve forniremo altra documentazione raccolta: avrebbe potuto plausibilmente reggere il confronto con questa lettura-interpretazione attoriale una pur interessante e rivelatrice, altrettanto unica (la verità finale è questa) lettura-interpretazione autoriale di Aldo Palazzeschi?

Giro il quesito a Silvia e a Stillafarota, ma anche, un po’ sull’altro versante, ad Erika Olandese Volante (e magari pure a M.), indicando peraltro, ancora di Paolo Poli, un video che ne registra una ulteriore, posteriore interpretazione scenica dal vivo  in teatro e non in sala d’incisione: registrazione oltretutto, dal punto di vista tecnico, effettuata amatorialmente, con mezzi evidentemente meno sofisticati ed efficaci.

Noi, non rinunciando alla segnalazione della disponibilità alternativa su piazza e di una concorrenzialità sulla quale decidere, abbiamo fatto la nostra scelta, e non soltanto, banalmente, per la migliore qualità del suono offerta dal video selezionato, e neppure, un po’ meno banalmente forse ma insomma, per una presunta più distillata o spolpata degustazione testuale che dir si voglia, affidata al solo strumento vocale e non ad altri investimenti di tipo fisico-espressivo. «Strumenti umani», sereniani e fallibili «strumenti umani» al pari della poesia, come la poesia stessa…

Marco Marchi

Visita alla contessa Eva Pizzardini Ba

– Buonasera contessa.

 Buonasera carissimo Aldo.

 Oggi giornata bella, contessa.

 Troppo bella, carissimo Aldo
,

non fa né freddo… né caldo.

 E… la noia, contessa?

 La che? …

 La no-ia.

 Pa…  pa… papa… papa.

 Sempre la stessa.

 Ciò mi dite di nuovo?

Bravo.

 Cosa dirvi di nuovo?

Mi credete così ingenuo?

Nemmeno mi ci provo.

– Bravo.

E passate per giovine bizzarro…

per uomo… tanto strano.

Strano… bizzarro…

bizzarro…strano…

Bravo.

 Codesta bella veste, contessa,

la vidi proprio iersera

precisa… a una borghese.

 E fu inventata a Parigi

che non è ancora un mese:

sempre così, si sa.

 A Parigi fumano l’oppio.

 A Parigi…

 Verrà presto la moda anche da noi.

 Certo verrà poi.

Le belle cose da noi sono un mito,

noi siamo quelli di ieri… o di poi.

Che governo pitocco!

Ma… di nuovo?

 Di nuovo…

La gallina ha fatto l’uovo!

 Bella consolazione, dover vivere tanto

per vedere tutti i giorni

le medesime cose.

Giunge il sole e se ne va,

cresce e cala la luna.

Sempre uguale il sole,

la luna è sempre uguale,

non cambian di colore.

Identiche le stelle.

 Purtroppo.

– Azzurro il cielo

azzurro il mare:

val la pena

di aprire una finestra per guardare?

 Ma…

 Verde il prato

verde il bosco:

il color vostro lo conosco, ahimé.

 Non ci badate.

 Si aspettano le solite persone

alle solite ore,

che ci vengon davanti

con la solita faccia,

non è facile sbagliare,

e con identica voce

ci dicono le identiche parole.

e non giova il cambiare,

che se pure ti sembrano

l’uno dall’altro diversi

nelle forme o negli aspetti,

ti diran tutti alla stessa maniera:

“Buongiorno contessa,

contessa, buonasera”

Tutti i giorni si nasce…

e tutti i giorni si muore.

Quando si nasce c’è la levatrice,

quando si muore… c’è il dottore.

 Preferisco la levatrice.

 Io no, il dottore.

Che ci si viene a fare?

che ci si fa?

Si può sapere?

Si sa?

 Calmatevi, contessa.

 E dire che vorrei, solo per una volta,

vedermi nuova nel mio specchio.

 Come?

 Nuova, diversa da sempre,

e diversa da tutte.

 Aver due bocche?

 Magari, ma è un caso comune.

 Lo so. Un occhio dietro?

 Dove?

 Nella testa.

 Ah, sì…

 Un dente sulla punta del naso?

 Meglio senza naso, nel caso.

 Due teste?

 Comune comune.

 Sette teste? Tredici gambe?

 Comune comune.

Ieri sera per dormire

mi sono fatta tre volte

la puntura di morfina.

 Tre volte?

 Sono poche? Sono molte?

 Ma vi pare? La morfina!

 “La morfina!” La morfi-na.

– Vorreste diventare d’un tratto

regina o imperatrice?

Antonietta? Messalina!

– Uhm… forse sarebbe meglio…

 Una poveretta.

 Forse.

 Povera molto, vivere di elemosina,

essere giù, nel fango…

 Forse.

 Insultata…

 Certo.

 Battuta…

 Almeno.

 Magari nel mezzo della strada

sull’ultimo gradino dell’abiezione

come una donna perduta.

 Sì.

 Venduta.

 Sì.

 Essere vilipesa… prostituta!

 Insultata… battuta… venduta…

almeno per provare,

ma… come fare, noi…

Chi ci può insultare?

 Voi? Io.

 Siete troppo gentile, poveretto.

 Eccomi qua.

 Siete troppo corretto.

 Mi proverò.

 E non riuscirete

che ad annoiarmi di più.

 Ma… proviamo.

 E ci tenete tanto?

 Oh! Dio… così… tanto per fare.

– Dirò io per la prima.

 Sentiamo.

 Ma no, ma via, ma no,

perché? … no… povero sciocco, no…

– Stupida d’una donna.

 …poetucolo… pitocco.

 Vescica con la gonna.

 Imbecille! Cretino!

Omo da nulla!

 Povera grulla!

 Grullone! Buffone!

 Smencitissima vacca! Porcona, puttana, vigliacca!…

 Basta basta basta,

mio carissimo Aldo,

non crediamo di dirci

qualche cosa di nuovo,

sensazione nuova io già non provo,

la cerco, ma non la trovo.

amiamoci piuttosto,

l’amore è tanto vecchio…

mi sembrerà più nuovo.

 Sì? Purché voi ritorniate come allora.

 Quando?

 Quando mi ascoltavate

senza pensare al male

ed erano assai meno noiose

le vostre serate.

 Mi avete amata voi?

Ed io vi ho amato, ohibò!

 Non dico questo, no…

– Doveva essere molto noioso

il vostro povero amore

se lo abbiamo troncato

e neppure ce ne ricordiamo.

 Era… una parola sola, allora…

Ricordate ieri sera?

 Ieri sera?

 Quella mia parola…

 Quale? Dite, mi fate venir male.

– Quando fu?…

 Certamente vi sbagliate,

fu la sera avanti.

 Ve l’avevo già detta?

 Uh! Centomila sere,

capirete, se è sempre la stessa…

Basta, basta, non la ridite,

lasciatemi morire in pace…

sono malata.

 Che sarà di voi?

 Di me?

 Buonanotte contessa.

 Buonanotte, carissimo Aldo.

Aldo Palazzeschi

(da L’Incendiario, poi in Poesie)

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