Ancora Borges. ‘Il Golem’

VEDI I VIDEO “El Golem” letta da Jorge Louis Borges , “Arte Poética” , “Elogio dell’ombra” Firenze, 1 aprile 2015 Il Golem Se (come afferma il greco nel Cratilo) il nome è l’esemplare della cosa, la rosa è nelle lettere di rosa e tutto il Nilo nella voce Nilo. E, fatto di vocali e consonanti, […]

VEDI I VIDEO “El Golem” letta da Jorge Louis Borges , “Arte Poética” , “Elogio dell’ombra”

Firenze, 1 aprile 2015

Il Golem

Se (come afferma il greco nel Cratilo)

il nome è l’esemplare della cosa,

la rosa è nelle lettere di rosa

e tutto il Nilo nella voce Nilo.

E, fatto di vocali e consonanti,

sarà un Nome tremendo, che l’essenza

cifri di Dio e che l’Onnipotenza

serbi in lettere e sillabe calzanti.

Adamo e gli astri l’hanno conosciuto

nell’Eden. La tignola del peccato

(dicono i cabalisti) l’ha intaccato

e le generazioni l’han perduto.

Il candore dell’uomo e i suoi inganni

non hanno fine. È risaputo come

il popolo di Dio cercasse il nome

nelle veglie del ghetto, in capo agli anni.

Al contrario di altre che una vaga

ombra insinuano nella vaga storia,

è ancora verde e viva la memoria

di Giuda Leon, che era rabbino in Praga.

Saper ciò che sa Dio fu sua soave

sete. Giuda tentò permutazioni

Di lettere e complesse variazioni

E infine enunciò il nome che è la Chiave,

La Porta, l’Eco, l’Ospite e il Giardino

sopra un pupazzo che con goffe mani

sbozzò, per istruirlo negli arcani

del Tempo, dello Spazio e del Latino.

Il simulacro alzò le sonnolenti

palpebre e percepì forme e colori

che non intese, persi fra i rumori,

e azzardò timorosi movimenti.

Presto si vide (al pari di noialtri)

imprigionato in questa stia sonora

di Prima, Dopo, Ieri, Mentre, Ora,

Destra, Sinistra, Io, Tu, Quelli, Altri.

(Il cabalista che operò da nume

la sua vasta creatura chiamò Golem;

queste notizie le tramanda Scholem

in un passo del suo dotto volume.)

Il rabbi gli spiegava l’universo

(qua il mio piede, là il tuo; qua la catena)

e ottenne, dopo anni, che il perverso

spazzasse il tempio di mediocre lena.

Forse vi fu un errore di grafia

o di enunciazione nel nome arcano;

l’umana lingua, contro ogni magia,

mai non apprese l’apprendista umano.

Quegli occhi, meno d’uomo che di cane

e ancor meno di cane che di cosa,

seguivano il rabbi per la dubbiosa

penombra delle celle quotidiane.

Un che di avverso e torvo era nel Golem:

al suo passaggio il gatto del rabbino

se la batteva. (Il gatto non è in Scholem

ma io, attraverso il tempo, lo indovino).

Elevando al suo Dio mani filiali

le devozioni del suo dio copiava

o, beota e sorridente, si impacciava

in concave moine orientali.

Il rabbi lo guardava con dolcezza

e un po’ di orrore. Perché mai ho creato

(pensava) questo figlio sventurato

lasciando l’inazione, che è saggezza?

Perché aggregare all’infinita serie

un simbolo di più? Perché alla vana

matassa che in eterno si dipana

altra causa, altro effetto, altre miserie?

Nell’ora dell’angoscia e luce vaga,

sul suo Golem lo sguardo soffermava.

Chi ci dirà le cose che provava

Dio, contemplando il suo rabbino in Praga?

El Golem

Si (como afirma el griego en el Cratilo)

el nombre es arquetipo de la cosa

en las letras de ‘rosa’ está la rosa

y todo el Nilo en la palabra ‘Nilo’.
Y, hecho de consonantes y vocales,

habrá un terrible Nombre, que la esencia

cifre de Dios y que la Omnipotencia

guarde en letras y sílabas cabales.
Adán y las estrellas lo supieron

en el Jardín. La herrumbre del pecado

(dicen los cabalistas) lo ha borrado

y las generaciones lo perdieron.
Los artificios y el candor del hombre

no tienen fin. Sabemos que hubo un día

en que el pueblo de Dios buscaba el Nombre

en las vigilias de la judería.
No a la manera de otras que una vaga

sombra insinúan en la vaga historia,

aún está verde y viva la memoria

de Judá León, que era rabino en Praga.
Sediento de saber lo que Dios sabe,

Judá León se dio a permutaciones

de letras y a complejas variaciones

y al fin pronunció el Nombre que es la Clave,
la Puerta, el Eco, el Huésped y el Palacio,

sobre un muñeco que con torpes manos

labró, para enseñarle los arcanos

de las Letras, del Tiempo y del Espacio.
El simulacro alzó los soñolientos

párpados y vio formas y colores

que no entendió, perdidos en rumores

y ensayó temerosos movimientos.
Gradualmente se vio (como nosotros)

aprisionado en esta red sonora

de Antes, Después, Ayer, Mientras, Ahora,

Derecha, Izquierda, Yo, Tú, Aquellos, Otros.
(El cabalista que ofició de numen

a la vasta criatura apodó Golem;

estas verdades las refiere Scholem

en un docto lugar de su volumen.)
El rabí le explicaba el universo

“esto es mi pie; esto el tuyo, esto la soga.”

y logró, al cabo de años, que el perverso

barriera bien o mal la sinagoga.
Tal vez hubo un error en la grafía

o en la articulación del Sacro Nombre;

a pesar de tan alta hechicería,

no aprendió a hablar el aprendiz de hombre.
Sus ojos, menos de hombre que de perro

y harto menos de perro que de cosa,

seguían al rabí por la dudosa

penumbra de las piezas del encierro.Algo anormal y tosco hubo en el Golem,

ya que a su paso el gato del rabino

se escondía. (Ese gato no está en Scholem

pero, a través del tiempo, lo adivino.)Elevando a su Dios manos filiales,

las devociones de su Dios copiaba

o, estúpido y sonriente, se ahuecaba

en cóncavas zalemas orientales.

El rabí lo miraba con ternura

y con algún horror. ‘¿Cómo’ (se dijo)

‘pude engendrar este penoso hijo

y la inacción dejé, que es la cordura?’

‘¿Por qué di en agregar a la infinita

serie un símbolo más? ¿Por qué a la vana

madeja que en lo eterno se devana,

di otra causa, otro efecto y otra cuita?’

En la hora de angustia y de luz vaga,

en su Golem los ojos detenía.

¿Quién nos dirá las cosas que sentía

Dios, al mirar a su rabino en Praga?

Jorge Luis Borges

(1958)

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