Morando spiega la manovra: su casa e contanti non si torna indietro

«NON ci sarà nessun assalto alla diligenza». Enrico Morando assicura che il governo porterà in Aula un testo «non blindato» ma non vanno toccate le architravi: «Su casa e contanti non si torna indietro». Quanto alla bufera sull’Agenzia delle Entrate il viceministro dell’Economia difende la direttrice: «La dottoressa Orlandi saprà gestire al meglio la situazione. […]

«NON ci sarà nessun assalto alla diligenza». Enrico Morando assicura che il governo porterà in Aula un testo «non blindato» ma non vanno toccate le architravi: «Su casa e contanti non si torna indietro». Quanto alla bufera sull’Agenzia delle Entrate il viceministro dell’Economia difende la direttrice: «La dottoressa Orlandi saprà gestire al meglio la situazione. Dobbiamo aiutarla».

La Legge di Stabilità è arrivata in Senato e già piovono richieste di modifiche. Siamo al solito assalto alla diligenza?

«Non ho mai condiviso la visione dell’assalto alla diligenza della finanza pubblica, non credo ci sarà. Se, a nome del governo, andassi in Parlamento a dire che il testo è blindato dovrebbero chiamare il 118. Ma ci sono due capisaldi intoccabili: le scelte fondamentali e i saldi finali».

Tra le architravi fondamentali c’è anche la casa?

«Certamente. La maggioranza intende confermare la misura che ha un obiettivo di fondo: migliorare le aspettative delle famiglie per spingere i consumi interni. Fondamentale, soprattutto nel 2016 quando potrebbe diminuire il contributo alla crescita proveniente dalla domanda estera. E poi ci sono due misure di enorme rilievo: i super ammortamenti, che potrebbero portare a un boom di investimenti delle aziende in macchinari già negli ultimi mesi di quest’anno, e la spinta al contrattazione di secondo livello».

Le Regioni sono infuriate per i tagli, state trattando?

«Sulla sanità non stiamo tagliando ma riducendo l’aumento previsto. Per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse per i debiti della Pa (usate indebitamente per spesa corrente, ndr) faremo a giorni un decreto: interverremo sulle regole contabili per evitare un effetto immediato sull’indebitamento».

Capitolo pensioni: la flessibilità è il grande assente della manovra. Damiano chiede un impegno scritto.

«Non avrebbe senso, c’è già un impegno politico: nel 2016 valuteremo con le parti sociali un intervento innovativo nel rispetto della sostenibilità del sistema pensionistico. Nel frattempo abbiamo sanato le emergenze come gli esodati».

Però le tutele sono solo per 30mila sui 50mila stimati…

«Nel passato abbiamo agito su presupposti numerici sopravvalutati e, infatti, sono avanzate risorse. Pensiamo che 30mila sia una valutazione corretta, se ci sbagliassimo, ne riparleremo».

Troppo deficit e spending review timida sono le principali critiche. La scommessa sulla crescita è troppo ardita?

«Da anni tutto il mondo sostiene che per rispettare le regole Ue non si fanno manovre espansive: questa volta, pur considerando il consolidamento della finanza pubblica un vincolo che rispettiamo, mettiamo come obiettivo fondamentale la crescita. Abbiamo invertito il teorema. Una svolta controllata, non una sbandata verso l’indebitamento».

Sui tagli di spesa, però, si poteva fare di più…

«Quest’anno abbiamo preso la decisione politica di non tagliare le agevolazioni fiscali: si sarebbe detto che sulle tasse il governo dà con una mano e toglie con l’altra. Ma non si dica che la spesa pubblica è fuori controllo e non si riesce a ridurre: a pagina 33 della nota di aggiornamento del Def, a legislazione la spesa pubblica totale al netto della spesa per interessi tra il 2016 e il 2019 si riduce di oltre tre punti di Pil. Abbiamo ottenuto dei risultati ma si tratta di risultati ottenuti con interventi che hanno sparato nel mucchio. Ora bisogna fare un salto di qualità nell’obiettivo di riduzione della spesa: dai tagli lineari fatti finora a operazioni qualitative. Cioè ridisegnare i confini della Pubblica amministrazione, ma questo si fa attraverso i decreti attuativi della riforma Madia. Questa è la sfida per rimuovere le clausole di salvaguardia nei prossimi anni. Le faccio un esempio».

Prego. 

«Uno studio del ministero dell’Interno sulla finanza locale rivela che, se i micro Comuni (sotto i 5mila abitanti) si fondessero, ci sarebbero alcuni miliardi di euro da spendere per servizi ai cittadini dei quegli stessi comuni. Srrvizi che ora non hanno, perché l’esistenza di un comune così piccolo è si per sè troppo costosa. Questo è un esempio di ciò che per me significa revisione della spesa: riformare la macchina pubblica ottenendo dei risparmi ma, soprattutto, aumentando l’efficienza e migliorando i servizi per i cittadini».

La minoranza Pd chiede passi indietro sul contante, considerata una misura “dall’alto valore simbolico”. Ci penserete?

«La soglia di tremila euro è una scelta di buon senso, a metà strada tra i 5mila di Prodi e i mille di Monti. Non credo che questa misura favorisca l’evasione, anche perché ora abbiamo accordi con i paradisi fiscali e norme sull’autoriciclaggio. Di simbolo in simbolo rischiamo di creare irrigidimenti che non trovano fondamento economico. Possiamo al limite pensare a micro- aggiustamenti, ad esempio sulla questione dei money transfer».

A proposito di evasione, la direttrice delle Entrate parla di paralisi del Fisco.

«La vicenda è molto spinosa ma non c’è nessuna paralisi. La sentenza della Corte ha messo in mora una prassi consolidata da vent’anni sulle nomine dei dirigenti: non abbiamo fatto i concorsi e abbiamo sbagliato. Credo che la dottoressa Orlandi sarà in grado di gestire al meglio la fase transitoria. E noi dobbiamo aiutarla».

Ma nel governo c’è chi chiede la sua testa…

«La nota del Tesoro ha chiuso la polemica sollevata dal sottosegretario Zanetti. Polemiche negative che generano un messaggio sbagliato: all’Agenzia delle Entrate c’è una difficoltà ma non si può dire che è nel caos. Su questi temi delicati bisogna stare molto attenti a come il messaggio può venire recepito dall’opinione pubblica».

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