L’agenda di Gerhard

Corrado Passera, ministro dello Sviluppo economico, in un’intervista pubblicata da La Stampa il 30 agosto scorso,  risponde così alla domanda di Luigi La Spina: Questa sarebbe “la sana concertazione” di cui parlava a Rimini? «Certo. Vuol dire fare il possibile per trovare soluzioni condivise per problemi comuni, senza confusioni di ruoli, né diritti di veto. […]

Corrado Passera, ministro dello Sviluppo economico, in un’intervista pubblicata da La Stampa il 30 agosto scorso,  risponde così alla domanda di Luigi La Spina:

Questa sarebbe “la sana concertazione” di cui parlava a Rimini?

«Certo. Vuol dire fare il possibile per trovare soluzioni condivise per problemi comuni, senza confusioni di ruoli, né diritti di veto. Fare della produttività un punto di forza del nostro paese necessita un forte patto e un impegno condiviso da imprese e sindacato. Lo Stato può accompagnare questo sforzo con normative ed incentivi adeguati, ma prima di tutto dobbiamo convincerci che anche il nostro Paese ha la volontà di realizzare in poco tempo un grande recupero del tipo di quello che dieci anni fa la Germania ebbe il coraggio di fare».

Il ministro si riferisce all’Agenda 2010 che il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder varò a metà degli anni Duemila: un pacchetto di riforme che rivoluzionò il sistema tedesco e ridiede spinta alla locomotiva d’Europa finita in panne con una disoccupazione oltre il 10%. Lo stesso Schroeder di recente ha proposto per l’Europa un cammino simile e il suo “modello” – non solo da Passera – fa capolino in qua e in là, da un po’ di tempo a questa parte, in vari commenti, interviste, opinioni. Sta diventando un po’ una moda.

Quel che non si ricorda quasi mai, però, è il cammino dell’Agenda 2010: si avvicina  per molti versi a quello delle riforme del governo Monti, fatte le dovute proporzioni e tenuto conto della profonda differenza tra il modello tedesco di economia sociale di mercato e il sistema Italia. Schroeder – socialdemocratico che governava con la sinistra fino all’ala più radicale – varò un pacchetto di riforme del welfare e del lavoro che fu messo in croce. Aveva, per esempio, tra i punti fondamentali, l’accorpamento dei vari sussidi di disoccupazione allora in vigore e obbligava chi si trovava senza lavoro a cercarsene uno entro – vado a memoria – 18 mesi. Pena: perdere i sussidi. Su questo pacchetto il governo Schroeder si spaccò e andò in crisi. La Germania andò alle elezioni che si conclusero con la sconfitta della Spd e la vittoria della Cdu: Angela Merkel divenne cancelliere. L’Agenda 2010 non dispiegò subito i suoi effetti e fu al centro di dure critiche. Salvo che la Germania, dopo la cura, ricominciò a correre e fu proprio la Merkel a raccoglierne i frutti. Lo spiegò bene Franco Tatò, kaiser Franz, in una intervista che vi ripropongo qui.

Bisognerebbe ricordarsene quando si incolpa il governo tecnico di tutti i mali e, soprattutto, quando lo si critica sostenendo che i risultati sperati non sono ancora stati raccolti. Intendiamoci, di errori ce ne sono stati: non ultimo l’incocludenza che ha lasciato molte riforme sulla carta in assenza dei decreti attuativi. E questo insistere troppo su quella sorta di libro dei sogni snocciolato ultimamente a ogni piè sospinto. Bene ha fatto, insomma, Casini ha chiedere al governo di indicare poche e chiare priorità per uscire dalle secche. Noi ne avevamo indicata una. Una che continua a sembrarci la più importante, la premessa a tutte le altre: abbattere il debito.