Quei figli nati con la valigia già in mano

IN UN’EPOCA di amori a termine, di divorzi lampo e di una fame importante d’amore, i figli dell’utero in affitto sembrano candidati ad uno «sradicamento di base», delle origini. Sono piccoli e già nomadi, sin dall’utero, con una valigia in mano già dalla provetta: nascono «qua», ma dovranno andare «altrove». Bene ha fatto il ministro […]

IN UN’EPOCA di amori a termine, di divorzi lampo e di una fame importante d’amore, i figli dell’utero in affitto sembrano candidati ad uno «sradicamento di base», delle origini. Sono piccoli e già nomadi, sin dall’utero, con una valigia in mano già dalla provetta: nascono «qua», ma dovranno andare «altrove». Bene ha fatto il ministro della Salute Lorenzin a parlare di ultraprostituzione: non confondiamo le unioni civili con la stepchild adoption.

Maria Nobile, Milano

DICIAMOLO SENZA EQUIVOCI: l’utero in affitto è una forma di mercificazione delle donne e del loro corpo. Non è mai una scelta libera, poiché non è certo una donazione, ma una compravendita, che alligna solo nelle situazioni di povertà. Mentre in Italia si discute (spesso a sproposito) intorno al ddl Cirinnà, con tanto di posizioni variabili nei partiti, il parlamento francese, grazie soprattutto alla determinazione di Silvyane Agacinski, ha votato una carta per chiedere la messa fuorilegge dell’utero in affitto a livello internazionale, proibire dovunque «una pratica che lede i diritti fondamentali dell’essere umano». Segno che si sta prendendo consapevolezza dell’importanza di combattere contro questa barbarie. Perché non si può accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione: non più del patriarca, ma del mercato. I bambini non sono cose da vendere o da donare. E nessun essere umano può essere ridotto a mezzo.

laura.fasano@ilgiorno.net