Università e Wwf: nel Mediterraneo (e non solo) a rischio metà delle specie

Alessandro Farruggia  – Si chiamano aree sentinella, aree ad elevata sensibilità ambientale. Tra queste c’è l’Artico, c’è il Mediterreneo, c’è l’Amazzonia, ci sono parti dell’Africa, altre del Sudamerica, dell’Asia e dell’Australia e molte altre aree ad alta biodiversità sparse ai quattro angoli del globo: isole, ecosistemi costieri, savane, foreste pluviali aree montane o coperte da […]

Alessandro Farruggia

 – Si chiamano aree sentinella, aree ad elevata sensibilità ambientale. Tra queste c’è l’Artico, c’è il Mediterreneo, c’è l’Amazzonia, ci sono parti dell’Africa, altre del Sudamerica, dell’Asia e dell’Australia e molte altre aree ad alta biodiversità sparse ai quattro angoli del globo: isole, ecosistemi costieri, savane, foreste pluviali aree montane o coperte da permafrost sono nel mirino. E il baratro di una nuova estinzione di massa è vicino perchè anche rimanendo entro il limite di 2°C posto dall’Accordo sul clima di Parigi, perderemmo pur sempre il 25% delle specie che popolano le aree chiave per la biodiversita’. Per dirla con il premio Nobel Paul Crutzen, che riprese il termine creato da Eugene F.Stoermer, “benvenuti nell’antropocene“, l’era geologica nella quale è l’uomo IL fattore chiave.

A confermarlo è lo studio pubblicato oggi sulla rivista Climatic Change e realizzato da esperti dell’Universita’ dell’East Anglia, della James Cook University australiana e del Wwf. Resa nota a pochi giorni dall’evento globale Earth Hour, il piu’ grande movimento globale per l’ambiente in programma il prossimo 24 marzo, la ricerca (che potete trovare QUI) ha esaminato l’impatto dei cambiamenti climatici su circa 80.000 specie di piante e animali in 35 delle aree tra le piu’ ricche di biodiversita’ sul pianeta. La ricerca esplora gli effetti sulla biodiversita’ alla luce di diversi scenari di cambiamento climatico- dall’ipotesi piu’ pessimista con assenza di tagli alle emissioni e conseguente aumento delle temperature medie globali fino 4.5° C, a quella di un aumento di 2 °C, il limite indicato dall’Accordo di Parigi. Le aree sono state scelte in base all’unicita’ e varieta’ di piante e animali presenti.

Le savane boschive a Miombo in Africa, dove vivono ancora i licaoni, l’Australia sudoccidentale e la Guyana amazzonica si prospettano essere tra quelle piu’ colpite. In queste aree gli effetti di un aumento di 4.5 °C creerebbe un clima insostenibile per molte specie che oggi vivono in questi paradisi naturali, ovvero: fino al 90% degli anfibi, l’86% degli uccelli e l’80% dei mammiferi si potrebbero estinguere localmente nelle foreste a Miombo, in Africa meridionale; l’Amazzonia potrebbe perdere il 69% delle sue specie vegetali; nell’Australia sudoccidentale l’89% degli anfibi potrebbe estinguersi localmente; nel Madagascar il 60% di tutte le specie sarebbe a rischio di estinzione locale; le boscaglie del fynbos nella regione del Capo Occidentale in Sud Africa, che stanno vivendo una fortissima siccita’ con carenze idriche significative verificatesi anche a Citta’ del Capo, potrebbero affrontare estinzioni locali di un terzo delle specie presenti, molte delle quali sono uniche di quella regione.

Il Mediterraneo e’ tra le aree prioritarie per la biodiversita’ piu’ esposte ai cambiamenti climatici, in cui basterebbe un cambiamento climatico “moderato” per rendere vulnerabile la biodiversita’: anche se l’aumento delle temperature si limitasse a 2 °C, quasi il 30% della maggior parte dei gruppi di specie analizzate di piante ed animali sarebbe a rischio. Continuando il “business as usual”, senza cioè una decisa diminuzione delle emissioni di gas serra, la meta’ della biodiversita’ della regione andra’ persa. Le specie piu’ a rischio sono le tartarughe marine (si tratta di tre specie, la piu’ diffusa e’ la Caretta Caretta) e i cetacei, presenti in Mediterraneo con 8 specie stabili e altre 13 presenti occasionalmente, tutti in sofferenza gia’ per altri tipi di impatto antropogenici. L’innalzamento delle temperature probabilmente superera’ la variabilita’ naturale del passato, rendendo questa zona del pianeta un hotspot dell’impatto climatico. Dovremo aspettarci periodi di siccita’ in tutte le stagioni, con potenziali stress da calore per gli ecosistemi e le specie piu’ sensibili, come le testuggini d’acqua dolce, o gli storioni: Questi ultimi sono minacciati sia per il cambiamento del regime di salinita’, sia per la riduzione dell’areale idoneo, combinazione drammatica per specie gia’ fortemente indebolite dalla pesca illegale. Oltre a cio’, l’aumento delle temperature medie e l’irregolarita’ delle precipitazioni potrebbe diventare la nuova “normalita’”, con una significativa riduzione delle precipitazioni nel Mediterraneo, in Madagascar e nel Cerrado-Pantanal in Argentina. 

Tra i potenziali effetti:

  • Pressione sulle riserve idriche degli elefanti africani- che hanno bisogno di bere 150-300 litri di acqua al giorno
  • Il 96% delle aree di riproduzione delle tigri delle Sundarbans in India potrebbe essere sommerso dall’innalzamento del livello del mare
  •  Una riduzione degli esemplari maschi di tartarughe marine dovuta all’aumento di temperatura (che determina il sesso dei piccoli) sui nidi (infatti con temperature piu’ calde nascono piu’ femmine)

Qualora le specie fossero in grado di spostarsi sul territorio occupando nuove aree piu’ adatte, il rischio di estinzione locale diminuirebbe dal 25 al 20% (nel caso di un aumento della temperatura media globale di 2 °C). In caso contrario, queste sarebbero destinate ad estinguersi. La maggior parte delle piante, anfibi e rettili (come orchidee, rane e lucertole), infatti, non hanno capacita’ di spostarsi abbastanza velocemente per stare al passo con questi cambiamenti climatici.

“La nostra ricerca _ osserva Rachel Warren del Tyndall Center per la ricerca sui cambiamenti climatici nell’Universita’ dell’Est Anglia, leader dello studio _ , quantifica i benefici per le specie animali vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili e anfibi) e vegetali che derivano dalla limitazione del riscaldamento globale a 2 °C in 35 aree tra le piu’ ricche di biodiversita’ al mondo. Senza una politica per il clima perderemo il 50% delle specie di queste aree. Tuttavia, se il riscaldamento globale si limitasse a 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, questo rischio si ridurrebbe al 25%. Non abbiamo esplorato cosa accadrebbe con un limite inferiore a 1,5 ° C, ma ci si aspetta che potrebbe proteggere ancora piu’ biodiversita’”

“Quella che oggi siamo chiamati ad affrontare e’ una vera emergenza planetaria. Il rischio che molti dei luoghi piu’ affascinanti come l’Amazzonia e le Isole Galapagos e alcune aree del Mediterraneo , potrebbero diventare irriconoscibili agli occhi dei nostri figli non solo viene confermato dai dati della ricerca ma diventa ben piu’ drammatico di quanto immaginavamo- dice Donatella Bianchi, presidente di Wwf Italia– Meta’ delle specie non sopravviverebbe al cambiamento climatico. Splendide icone come le tigri dell’Amur o i rinoceronti di Giava, vissuti sulla terra per 40 milioni di anni, rischiano di scomparire, cosi’ come decine di migliaia di piante e altre piccole creature, fondamentali per la vita sulla terra. Per questo nel prossimo Earth Hour chiediamo a tutti di fare una promessa per il pianeta, a partire da piccoli gesti quotidiani capaci di proteggere il nostro pianeta vivente”. Perchè i piccoli gesti servono, specialmente in assenza di politiche governative adeguate, come si è è visto con l’accordo di Parigi, largamente insufficiente a far fronte alla necessità di tagli sostanziosi alle emissioni di gas serra per contenere l’aumento entro i due gradi rispetto all’epoca preindustriale: un target già “bruciato” a metà.