Maro’, ritiriamo la flotta

  Il pasticcio indigeribile della vicenda dei due maro‘ si e’ infilato in un cul de sac, con gli indiani “costretti” a chiedere che Latorre e Girone siano processati ai sensi del “sue act”, la legge antipirateria approvata nel 2002, perche questa era per loro l’unica possibilità di affermare la loro giurisdizione su di un […]

 

Il pasticcio indigeribile della vicenda dei due maro‘ si e’ infilato in un cul de sac, con gli indiani “costretti” a chiedere che Latorre e Girone siano processati ai sensi del “sue act”, la legge antipirateria approvata nel 2002, perche questa era per loro l’unica possibilità di affermare la loro giurisdizione su di un fatto avvenuto a 20 miglia dalla costa quindi ben oltre le 12 miglia delle acque territoriali. Naturalmente affermare che i due maro’ in missione antipirateria possano essere accusati di pirateria e’ una contraddizione in termini. Un paradosso. Il processo sul loro operato, visto che l’incidente e’ avvenuto in acque internazionali, non puo’ non essere della legge italiana. Ma la questione e’ oramai essenzialmente politica. Ed e’ politicamente che occorre infilarsi nei varchi che si aprono nella legge indiana, e dilatarli abbastanza per farci passare Latorre e Girone.

A dire che questo sia possibile e’ sorprendentemente lo stesso “sue act”. L’articolo 9 di quella legge prevede infatti eplicitamente che i reati previsti nella sezione 3 (atti di violenza contro natanti o piattaforme petrolifere, dalla morte alle lesioni, al sequestro alla semplice minaccia) siano tra quelli per i quali e’ prevista l’estradizione verso i paesi che hanno firmato la convenzione per la sicurezza marittima e il protocollo per la protezione delle piattaforme e che abbiano un trattato per l’estradizione con l’India.

E qui nasce un problema. L’Italia non ha infatti – a differenza di Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna, Belgio, Olanda, Polonia, Bulgaria per restare alla sola Unione Europea – un trattato di estradizione con l’India. Si tratta pero’ di un problema non irrisolvibile. In casi simili le estradizioni sono possibili e normalmente effettuate sul piano della reciprocità’.

Il punto e’ che -per non perdere la faccia e ancor più le prossime elezioni – il governo indiano non alcuna intenzione di rispettare i trattati internazionali e far processare come sarebbe giusto – per evidente difetto di giurisdizione – i due maro’ in Italia. E allora solo una forte pressione internazionale può spingere gli indiani ad un vero e proprio arbitrato internazionale che porti all’estradizione verso l’Italia di Latorre e Girone.

In questo senso occorrerebbe darsi una mossa e annunciare l’immediato ritiro delle nostre forze navali dalle missione antipirateria nell’oceano Indiano. Sarebbe un messaggio forte a Unione Europea e alla Nato che a quel punto – e parliamo soprattutto di Stati Uniti – avrebbero ben altro interesse nel fare pressioni vere su Nuova Delhi.

Gli strumenti giuridici per farli rientrare (senza fer perdere la faccia agli indiani) ci sono, ora servono politica e molto coraggio. Senza, resteremo l’italietta di sempre, pasticciona, furbetta e pavida. Che vara una legge per la protezione armata del proprio naviglio commerciale ma non prevede una chiara catena di comando, non sa gestire con decisione un incidente quando accade, e che al momento topico della crisi da’ il suo peggio. Prima – senza calcolare affatto l’effetto delle proprie azioni – facendo restare i maro’ in Italia e poi, quando l’India ha fatto la voce grossa, rimandandoli prontamente indietro. Per poi poi lanciare più o meno vibranti proteste che ovviamente rimbalzano su di un muro di gomma. Meno lamentazioni e più fatti.

difesa Girone India italia Latorre Marina Militare Maro' nato pirateria Stati Uniti