Iran, tornano le sazioni Usa, ma Trump rischia il flop

di Alessandro Farruggia ROMA, 7 agosto 2018 _ “Chiunque faccia affari con l’Iran NON farà affari con gli Stati Uniti. Io chiedo la pace a livello mondiale, niente di meno”: scrive il presidente Usa Donald Trump su Twitter, poche ore dopo la riattivazione di dure sanzioni economiche contro l’Iran. Presi di mira vari settori dell’economia […]

di Alessandro Farruggia

ROMA, 7 agosto 2018 _ “Chiunque faccia affari con l’Iran NON farà affari con gli Stati Uniti. Io chiedo la pace a livello mondiale, niente di meno”: scrive il presidente Usa Donald Trump su Twitter, poche ore dopo la riattivazione di dure sanzioni economiche contro l’Iran. Presi di mira vari settori dell’economia iraniana, dalle auto all’oro, fino al trasporto marittimo; le sanzioni contro i settori petrolifero, energetico e bancario scatteranno invece dal 5 novembre, quando sarà impedita anche qualsiasi transazione da parte di istituzioni finanziarie straniere con la banca centrale iraniana. 

Ma il mondo è molto più complicato (e piu’ indipendente da Washington) di quanto vorrebbe Donald Trump e cosi’  la sua strategia del bastone e della carota (la disponibilità a incontrare “in qualsiasi momento” le autorità iraniane per ridiscutre l’accordo sul nucleare) rischia di avere un esito diverso rispetto a quanto visto con la Corea del Nord. E non solo perchè il presidente Rohani, pur apprezzando il segnale di dialogo, ha negato fermamente la possibiltà di accettare colloqui con la pistola delle sanzioni puntata addsso.

Il problema è che l’intera comunità internazionale, a parte il leader israeliano Benyamin Netanyahu che parla di «decisione coraggiosa» e l’asse sunnita che ruota attorno a Riad, non pare minimamente intenzionata a seguirlo, Europa in primis.

L’Alto rappresentante per la politica estera e di difesa comune dell’Unione Europea, Federica Mogherini, ha fatto sapere che l’Unione “sta (addirittura. Ndr) incoraggiando le imprese a incrementare i propri affari con l’Iran, dato che Teheran ha rispettato gli impegni presi nell’ambito dell’accordo sul nucleare“. In un’intervista rilasciata durante il suo viaggio a Wellington, in Nuova Zelanda, Mogherini ha spiegato che spetta agli europei decidere con chi vogliono commerciare. “Stiamo facendo del nostro meglio _ ha sottolineato _ per mantenere l’Iran nell’accordo e per preservare i benefici economici che questo porta al popolo iraniano perche’ crediamo che questo sia nell’interesse della sicurezza non solo della nostra regione, ma anche del mondo”. “Se c’e’ una parte di accordi internazionali sulla non proliferazione nucleare che vengono rispettati, questi devono essere mantenuti”.  “Stiamo incoraggiando le piccole e medie imprese, in particolare, ad aumentare gli affari con e in Iran _ ha sottolineato Mogherini _ come parte di qualcosa che per noi e’ una priorita’ di sicurezza”, ha affermato Mogherini. La responsabile della diplomazia europea ha spiegato inoltre che il commercio e’ parte integrante dell’accordo nucleare. Il commercio tra Iran e Bruxelles “e’ un aspetto fondamentale del diritto iraniano di avere un vantaggio economico in cambio di cio’ che hanno fatto finora, che e’ conforme a tutti i loro impegni relativi al nucleare”.

Anche la Gran Bretagna, nonstante la Brexit, si è smarcata da Trump. “Se una società teme di subire azioni legali e azioni di contrasto adottate da un’entità in risposta alle sanzioni americane, allora quella società può essere protetta per quanto riguarda la legislazione dell’Ue”. Lo ha detto il vice ministro degli Esteri britannico, Alistair Burt, intervenendo a Bbc Radio sulle sanzioni imposte dagli Stati Uniti all’Iran che impediscono alle aziende che fanno affari con Teheran di fare business negli Usa. Burt ha aggiunto che quella di lavorare o meno in Iran “è una decisione commerciale che spetta alle compagnie” e che la Gran Bretagna ritiene che l’accordo nucleare con Teheran sia importante “non solo per la sicurezza della regione, ma anche per la sicurezza mondiale”.

Netto e aperto il dissenso anche della Russia. Il ripristino delle sanzioni statunitensi contro Teheran ha lo scopo di far deragliare l’accordo sul nucleare iraniano ed e’ causa di “profonda delusione” a Mosca. Lo ha dichiarato in una nota il ministero degli Esteri russo. “Siamo profondamente delusi dai passi intrapresi dagli Usa per ripristinare le sanzioni contro l’Iran“, si legge nel comunicato. “Il varo del primo pacchetto di sanzioni americane – secondo Mosca – ha lo scopo di far saltare l’attuazione del Piano d’azione congiunto globale, da cui Washington e’ uscita unilateralmente, l’8 maggio”. “Questo – continua la nota – e’ un ottimo esempio del proseguimento da parte di Washington della pratica di violare il diritto internazionale”, soprattutto quando le sanzioni hanno “applicazione extraterritoriale e colpiscono gli interessi dei Paesi terzi”. La posizione della Cina è attesa non meno dura.

Tutto sta andando come previsto dagli analisti.

Trump dovra affrontare complesse legali e normative per reintrodurre sanzioni all’Iran, “ma per quanto significative _ scriveva lo scorso maggio Peter Harrell su Foreign Affairs _ saranno pallide rispetto alle sfide diplomatiche che Trump potrebbe affrontare per convincere i governi e le aziende straniere a tagliare effettivamente i ponti con Teheran. Tra il 2006 e il 2015, le amministrazioni Bush e Obama hanno intrapreso una sofisticata e multipartitica campagna diplomatica per convincere i governi e le aziende straniere ad unirsi agli Stati Uniti nell’imporre sanzioni all’Iran. Decine di paesi in tutto il mondo hanno emanato le proprie sanzioni, rafforzando la pressione degli Stati Uniti, limitando le attività che le loro aziende e cittadini potrebbero fare in Iran. Anche nei casi in cui i governi non hanno formalmente emanato le proprie sanzioni, i funzionari governativi stranieri sono stati spesso disposti a esercitare discretamente pressione sulle imprese dei loro paesi per conformarsi alle sanzioni degli Stati Uniti, perché condividevano la preoccupazione del governo statunitense per il programma nucleare iraniano. L’amministrazione Trump non troverebbe un simile spirito di cooperazione da parte dei governi alienati dal ritiro degli Stati Uniti dal JCPOA”.

“Forse la più grande sfida diplomatica che Trump dovrà affrontare per imporre sanzioni all’Iran _ continuava Foreign Affairs _ è convincere gli acquirenti di petrolio iraniano a ridurre i propri acquisti. Tra il 2012 e il 2013, l’amministrazione Obama ha convinto gli acquirenti a tagliare le loro importazioni di greggio iraniano di circa il 50 per cento, danneggiando drasticamente le entrate del governo iraniano. L’Europa ha effettivamente eliminato le sue importazioni di petrolio iraniano, mentre altri grandi acquirenti come Cina, India, Giappone e Corea del Sud hanno ridotto i loro acquisti di centinaia di migliaia di barili al giorno. I paesi che hanno continuato ad importare petrolio hanno accettato di tenere pagamenti su conti fiduciari, limitando l’accesso dell’Iran ai proventi delle rimanenti vendite di petrolio”.

“Dalla sospensione delle sanzioni all’inizio del 2016, tuttavia _ prosegue Peter Harrell _ le esportazioni di petrolio iraniano hanno registrato una ripresa, raggiungendo circa due milioni di barili al giorno nel 2017. La Cina e l’India sono i maggiori importatori, con la Corea del Sud, il Giappone e diversi Stati europei che acquistano anche quantità significative di greggio iraniano. La Cina sembra particolarmente improbabile che riduca i suoi acquisti di greggio iraniano, date le accresciute tensioni tra Pechino e Washington per quanto riguarda gli scambi bilaterali e le questioni relative agli investimenti”.

Trump _ sottolieava poi Foreig Affairs _ dovrà inoltre affrontare notevoli ostacoli diplomatici in Europa, dove gli scambi con l’Iran sono aumentati dall’entrata in vigore del JCPOA. Dal 2015 al 2017, le importazioni europee dall’Iran sono aumentate di quasi l’800 per cento (principalmente grazie alle nuove importazioni europee di petrolio iraniano), mentre le esportazioni europee verso l’Iran sono aumentate di oltre quattro miliardi di euro (5 miliardi di dollari) all’anno nello stesso periodo. Anche le grandi imprese europee hanno ripreso ad investire in Iran: Il totale francese, ad esempio, ha annunciato l’intenzione di investire 1 miliardo di dollari in uno dei più grandi giacimenti di gas offshore dell’Iran. Anche se i governi europei hanno ampiamente sostenuto le sanzioni contro l’Iran tra il 2010 e il 2016, oggi i governi resisterebbero alle pressioni per limitare le importazioni di petrolio e il commercio con l’Iran hanno espresso rabbia per il ritiro dalla JCPOA e per le tensioni in corso tra Stati Uniti e Unione europea sulla politica commerciale. Un’Europa determinata potrebbe adottare misure per minare l’impatto delle sanzioni unilaterali degli Stati Uniti, come l’inoltro delle transazioni finanziarie relative all’Iran attraverso la Banca centrale europea”.

Strada in salita quindi per Trump che come un elefante in una cristalleria va allo scontro accompagnato solo da Israele e dall’asse sunnita incentrato sull’Arabia Saudita. Convinto di essere nel giusto e di portare a casa il risultato facendo la faccia cattiva. Una scommessa dura da vincere.