Ancora sulla flat tax: meno tasse, più consumi, più ricchezza. E meno evasione.

Egregio Dottor De Carlo, ho letto con molto interesse il suo articolo di lunedì 7 gennaio sulla flat tax, non capisco perchè non se ne parli di più e nessuno dei nostri al governo ne abbia apparentamente conoscenza e siano così antiquati. Mi stupisco sempre quando chi ci governa non sa o finge di non […]

Egregio Dottor De Carlo,

ho letto con molto interesse il suo articolo di lunedì 7 gennaio sulla flat tax, non capisco perchè non se ne parli di più e nessuno dei nostri al governo ne abbia apparentamente conoscenza e siano così antiquati.

Mi stupisco sempre quando chi ci governa non sa o finge di non sapere come funziona in altri paesi del mondo, in materia tasse. Sembra sempre che vivano isolati , disinformati, disinteressati.

Il suo articolo ha stimolato molte idee e un po’ di ottimismo perché da qualche parte almeno le tasse funzionano.

Mi piacerebbe molto come dice lei che ne nascesse un dibattito più estoso, come si fa?

Grazie, saluti

Silvana Lugaresi

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Si fa così. Parlarne e parlarne. Un giorno chissà, fra una decina d’anni o forse più, una nuova generazione di politici potrebbe svegliarsi e tentare una riforma radicale del sistema fiscale con l’introduzione della flat tax.

Oggi l’ostacolo principale è ideologico. La progressività delle imposte piace tanto alla sinistra, sull’una e sull’altra sponda dell’Atlantico. E’ considerata uno strumento di giustizia sociale. E in secondo luogo favorisce il controllo sulla società civile: limita e condiziona la sfera privata del cittadino, ne restringe la libertà di scelta, ne accentua la dipendenza dalla mano pubblica.

La relazione è: più tasse, meno libertà. E viceversa meno tasse, più libertà. Questo è anche lo slogan dei Tea Party in America e in Europa.

La sinistra nega una tale relazione.

La nega Obama, che infatti si scontra col Congresso repubblicano nella sua propensione ad aumentare le tasse e non a tagliare le spese, come imporrebbe il rientro dall’astronomico debito pubblico.

La negano con ancora maggiore convinzione Bersani e Vendola che sono certi di insediarsi a Palazzo Chigi, fra poche settimane.

Ma contrari o almeno scettici sono anche tanti leaders di opposta tendenza. Pensiamo a Tremonti e a Berlusconi. Quest’ultimo ha avuto la possibilità storica di fare come il suo amico Putin. Non ne ha avuto il coraggio e la lucidità quando era al governo.

Ed è paradossale che ad adottare l’idea di Milton Friedman sia stato il presidente della Russia postcomunista e non un uomo come Berlusconi che al mercato libero deve la sua fortuna. Putin poi – paradosso nel paradosso – ha inventato la formula che cala un metodo di stampo liberistico in un sistema politico dirigistico e autoritario.

In fatto di paradossi l’Asia non finisce di stupire. Pensiamo alla Cina.

L’idea della flat tax non è stata nemmeno presa in considerazione nel Paese in cui è nata 25 anni fa, gli Stati Uniti appunto. In quei 25 anni si sono avvicendati alla Casa Bianca, prima di Obama, Clinton e Bush. Anche loro l’hanno ignorata.

Eppure – Putin lo dimostra – sembra l’uovo di Colombo: aumenta le entrate fiscali, lascia più soldi nelle tasche dei consumatori. E dunque aumenta consumi, produzione, occupazione. Diminuisce l’evasione.

Il che non vuol dire che sia un modello fiscale perfetto. Di perfetto non c’è nulla in politica e in economia. Appare però più funzionale rispetto all’alternativa progressiva. E non urta la giustizia sociale, una volta protette le fasce a reddito basso.