Via all’offensiva turca contro i curdi e torna l’Isis

Si contano i primi morti dell’operazione “Ponte di pace” a est dell’Eufrate nella Siria settentrionale controllata dai  curdi. Sono caduti otto civili, fra i quali due bambini, e sette uomini in armi secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani. Alle 16 le truppe di terra turche hanno passato il confine e si sono dirette verso […]

 

Si contano i primi morti dell’operazione “Ponte di pace” a est dell’Eufrate nella Siria settentrionale controllata dai  curdi. Sono caduti otto civili, fra i quali due bambini, e sette uomini in armi secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani. Alle 16 le truppe di terra turche hanno passato il confine e si sono dirette verso la città di Tal Abyad difesa dai curdi delle unità maschili e femminili di protezione del popolo, gli uomini dei reparti Ypg e le donne dell’unità Ypaj. Gli alleati di Ankara inquadrati nell’esercito siriano libero, forte di 14mila miliziani, si sono concentrati a Urfa una città turca sul confine con la Siria.

Gli F 16 turchi decollati dalla base di Diyarbakir, la città più popolata del Kurdistan turco, hanno colpito Ras al-Ayn, la località dalla quale si erano ritirati 50 americani delle forze speciali lunedì scorso. Sono state segnalate almeno 4 grosse esplosioni. Ankara comunica di aver colpito 181 postazioni di “terroristi”.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato con un tweet che l’operazione consentirà di neutralizzare “le minacce del terrore contro la Turchia” e di creare “una zona sicura per facilitare il ritorno dei siriani nelle loro case”, garantendo “l’integrità territoriale della Siria”. Il suo intento è di occupare una fascia di territorio siriano larga 32 chilometri e lunga 480, fino al confine con l’Iraq. In questa zona vorrebbe reinsediare circa due milioni di siriani sui 3,6 che si sono rifugiati in Turchia. Molti vengono dalle zone occupate a lungo dai jihadisti ad Aleppo est e nella Ghouta orientale, l’interland di Damasco.

Da Tal Abyad i civili stanno fuggendo. A Qamishli, la città più importante della porzione di Siria settentrionale in mano curda, le autorità hanno indetto “una mobilitazione generale di tre giorni”.

Immediatamente l’Isis ha rialzato la testa, come temeva il governo di Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno. Secondo l’agenzia curda “Rudaw” appena due ore dopo che il presidente americano Donald Trump aveva annunciato con un tweet che i miliziani in nero erano stati sconfitti “al 100 per cento” sono ripresi i bollettini della “Radio Al Bayan”, l’emittente del sedicente Califfato Islamico durante la guerra lampo che nel 2014 portò all’occupazione di Mosul. L’Osservatorio Siriano per i diritti umani riferisce che a Raqqa, l’ex capitale siriana del sedicente Califfato di al Baghdadi ora controllata dai curdi e dai loro alleati arabi, poco dopo la mezzanotte di martedì due uomini dell’Isis hanno cercato di attaccare la sede del Consiglio militare lanciando diverse bombe a mano. Alla rotonda al Basel sono stati circondati e si sono fatti esplodere attivando l’innesco di due cinture imbottite di esplosivo. “Abbiamo – annuncia il generale delle Forze Democratiche siriane guidate dai curdi Mazloum Kobani Abdi –  un grandissimo problema: nelle nostre prigioni sono detenuti circa 12 mila terroristi, 2000 stranieri (fra i quali centinaia di europei) e 10 mila iracheni e siriani. Abbiamo avvertito che in caso di un attacco turco potranno sfuggirci”.

“Rudaw” spiega che i curdi sono in cerca di nuovi alleati.  Badran Jia Kurd, un consigliere dell’Amministrazione autonoma del nord e del sud della Siria (in sigla Nes) ha detto alla agenzia Reuters che sono possibili colloqui con Damasco e con i russi. Gli ha fatto eco immediatamente Faisal Mekdad, il ministro degli esteri di Assad. Ha invitato la Nes e le Forze Democratiche siriane a far ritorno nella “madrepatria”. L’Iran chiede a Damasco di inviare le sue truppe nel nord del Paese.

Per il presidente Hassan Rouhani l’offensiva militare turca è “inappropriata”. Le truppe di Teheran hanno avviato un’esercitazione militare del tutto inattesa nell’Azerbaigian occidentale, 620 chilometri a ovest della capitale. Il ministro degli esteri russo Serghej Lavrov ha ribadito all’agenzia “Sputnik” che è necessario “un dialogo fra il governo centrale di Damasco e i rappresentanti delle comunità curde che storicamente risiedono nel territorio”. I turchi hanno dato una brusca scossa alla macelleria siriana. Il presidente americano Donald Trump tenta di giustificarsi: “I curdi non ci hanno aiutato durante la seconda guerra mondiale”