Primo stop alla demolizione del Ponte Morandi con l’esplosivo. Si profilano tempi più lunghi e costi maggiori

La marcia trionfale verso la ricostruzione del ponte Morandi di Genova si è inceppata. Il primo stop ha rivoluzionato la procedura per la demolizione della pila 8. Verrà smontata e non abbattuta con gli esplosivi. Lo ha deciso in Prefettura un gruppo ristretto della commissione competente. Ha fatto breccia la preoccupazione di ridurre al minimo […]

La marcia trionfale verso la ricostruzione del ponte Morandi di Genova si è inceppata. Il primo stop ha rivoluzionato la procedura per la demolizione della pila 8. Verrà smontata e non abbattuta con gli esplosivi. Lo ha deciso in Prefettura un gruppo ristretto della commissione competente. Ha fatto breccia la preoccupazione di ridurre al minimo i rischi connessi alla presenza di amianto nel calcestruzzo dell’opera. I carotaggi dell’Arpal, l’agenzia per la protezione ambientale della Liguria, in 6 rilevamenti su 24 effettuati fra il 25 febbraio e il primo marzo hanno rilevato una presenza di amianto naturale, il crisotilo, in una quantità inferiore a 120 milligrammi per chilo, la soglia più bassa che può essere rilevata dagli strumenti di misura. Un’inezia rispetto alle concentrazioni che si trovano in natura. Nel fiume Polcevera che scorre sotto il ponte Morandi sono stati trovati 16.000 milligrammi di amianto per litro, ossia 133 volte di più. Un affluente del corso d’acqua, il Rio Verde, scorre in rocce di serpentinite che contengono asbesto. Dal colore del minerale deriva il nome del torrente.

Secondo la commissione prefettizia lo smontaggio sarà più veloce. Il sindaco e commissario alla ricostruzione Marco Bucci assicura che per le altre due pile da demolire, la 10 e la 11, si userà invece l’esplosivo. Ma in realtà la demolizione della pila 8, alta 45 metri, metà delle pile 10 e 11, avrebbe dovuto essere la prova generale per la distruzione delle altre due. In ogni caso sono stati spesi inutilmente centocinquantamila mila euro (e un mese di tempo) per le opere preparatorie della deflagrazione che si è deciso di non fare. Secondo Bucci lo smontaggio meccanico sarebbe “più semplice”. “Per le pile 10 e 11 – ha però anticipato – il programma rimane invariato. Ora come ora, l’unica ipotesi probabile è l’esplosivo, a meno che in queste settimane non se ne trovi un’altra, ma a me è stata data solo questa opzione”. Per la demolizione della pila 8 era stato messo a punto un complesso sistema di diffusione di acqua nebulizzata prelevata dall’ acquedotto per abbattere le polveri, un liquido che avrebbe dovuto essere filtrato prima di finire nel Polcevera.

Il dietro front sulla demolizione della pila  8 cambia inevitabilmente le prospettive dell’intera operazione. Si era previsto infatti che parte delle macerie avrebbe potuto essere riutilizzata per la ricostruzione. La presenza dell’amianto, che ha fatto prevalere la soluzione dello smontaggio, rischia di trasformare i residui del vecchio ponte Morandi in un “rifiuto speciale” che dovrà essere smaltito secondo procedure complesse e costose (e in tempi inevitabilmente più lunghi ). La previsione di spesa di 19 miliardi, indicata dal piano approvato da Bucci, ora sembra terribilmente sottodimensionata.  Così come pare decisamente ottimistica la previsione che il nuovo ponte possa essere consegnato entro la fine del 2019 o al massimo nella primavera del 2020.

In apparenza però tutto sembra procedere secondo le previsioni. Venerdì è stata messa a terra la trave tampone numero 5, tagliata con una fune diamantata e calata a terra in sei ore. Era lunga 36 metri e larga 18. Pesava 916 tonnellate. Sullo sfondo si agitano intricate questioni legali.  Il presidente del Tar della Liguria Giuseppe Daniele, commentando i ricorsi presentati dalla Società Autostrade esclusa dai lavori per la ricostruzione del viadotto sul Polcevera, ha dichiarato all’emittente genovese Telenord che la concessionaria messa fuori gioco “potrebbe chiedere  un risarcimento dei danni e risultare vittoriosa”. Tanto per cambiare prima della decisione finale, secondo il magistrato, passeranno “mesi”. La pratica, già soggetta a un primo rinvio, potrebbe essere esaminata prima dalla Corte Costituzionale e in seguito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea.