Marò: rotte manipolate dagli indiani. Accorciata la distanza tra le navi. Il trucco per giustificare gli spari sul fianco destro del peschereccio.

Il disegno indiano che raffigura la “scena del crimine” ha spostato la rotta della Enrica Lexie. Dalle carte depositate ad Amburgo alla cancelleria del Tribunale internazionale del diritto del mare (in acronimo inglese Itlos) emerge un’altra manipolazione ai danni dei fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i militari del Nucleo di protezione della […]

Il disegno indiano che raffigura la “scena del crimine” ha spostato la rotta della Enrica Lexie. Dalle carte depositate ad Amburgo alla cancelleria del Tribunale internazionale del diritto del mare (in acronimo inglese Itlos) emerge un’altra manipolazione ai danni dei fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i militari del Nucleo di protezione della petroliera che l’India ostinatamente accusa, dal 15 febbraio 2012, di aver ucciso due pescatori al largo del Kerala. Girone è ancora sottoposto all’obbligo settimanale di firma in un commissariato della polizia e vive confinato nell’ambasciata italiana di Nuova Delhi. Latorre è in Italia per curarsi dopo un ictus e un intervento al cuore.

I dati dichiarati nell’immediatezza dei fatti come autentici da Nuova Delhi aprirebbero un’altra crepa nel castello delle accuse. Sulla base delle rotte (ossia 331 gradi la Lexie e 186 indicati dall’India per il Saint Antony) e delle velocità reali del cargo e del peschereccio (rispettivamente 14 e 8 nodi) i due natanti sarebbero passati a 920 metri di distanza l’uno dall’altra e non a circa 50 come sostiene la “Scena del crimine” depositata nell’allegato numero 48. La rotta della petroliera su 331 gradi risulta in maniera automatica dallo Ship Security Alarm System, il sistema di allarme attivato immediatamente a bordo della nave. Nell’allegato numero 1 delle carte consegnate all’Itlos la stessa Guardia Costiera indiana ha sostenuto nel 2012 che la direzione di navigazione della Lexie era a 340 gradi. Ma nel disegno depositato ad Amburgo, analizzato da Luigi Di Stefano già perito di parte nel processo per il Dc 9 precipitato a Ustica, la rotta viene spostata su 350 gradi. Mantenendo quella registrata dal Sistema di allarme della nave i proiettili sparati dalla Lexie avrebbero colpito il peschereccio da sinistra e non da destra, la fiancata sulla quale sono stati trovati i fori di entrata. Il rapporto di N.G. Nisha, responsabile balistico del laboratorio di medicina legale di Thiruvananthapuram, il 19 aprile 2012 conclude però senza esitazione che “ i proiettili sono stati sparati da fucili calibro 5 e 56 ad alta velocità dall’alto verso il basso e da grande distanza” (mentre in realtà le traiettorie sono quasi orizzontali). Quello che uccise il timoniere Valentine Jelestine, 45 anni, come abbiamo già scritto, era molto più grande delle pallottole calibro 5 e 56 in dotazione ai marò. Ma anche l’ogiva fatale a Ajish Pink, 25 anni, è diversa da quelle dei Beretta Ar 70/90, i fucili mitragliatori di Latorre e Girone.

Il professor Sasikala, incaricato dell’autopsia, descrive un proiettile, piegato dall’urto con le ossa, che misura in lunghezza 24 millimetri e 19 nella circonferenza. Le pallottole di Latorre e Girone erano lunghe 23 millimetri e l’impatto con il tessuto osseo le avrebbe ulteriormente accorciate. L’insieme degli accertamenti non è confortato da analisi di routine. Non risulta il ricorso a uno spettrometro di massa che rileva le molecole della polvere da sparo. Come se l’imperativo di fondo non fosse quello di capire che cosa era successo, ma alimentare una tesi precostituita: i marò italiani erano colpevoli.