La storia di Natale/Betlemme, Adam il bambino che non esiste

  LA LUCE del grande albero di Natale che sovrasta la piazza della Mangiatoia non illumina il futuro di Adam. Scriviamo solo il nome, non per vezzo e neppure per scelta. Adam non ha cognome. “E come se non esistesse”, sintetizza crudamente padre Ibrahim Faltas, il parroco latino-cattolico di Gerusalemme, noto al mondo per i […]

 

LA LUCE del grande albero di Natale che sovrasta la piazza della Mangiatoia non illumina il futuro di Adam. Scriviamo solo il nome, non per vezzo e neppure per scelta. Adam non ha cognome. “E come se non esistesse”, sintetizza crudamente padre Ibrahim Faltas, il parroco latino-cattolico di Gerusalemme, noto al mondo per i 39 giorni di assedio israeliano alla Basilica della Natività nella quale nel 2002 si erano rifugiati 242 miliziani palestinesi, un frangente che si concluse senza spargimento di sangue grazie alle sue doti di acuto negoziatore.

Il 15 settembre 1999 i genitori hanno lasciato Adam vicino all’orfanotrofio di Betlemme, la  “Crèche” delle Figlie della Carità di San Vincenzo De’ Paoli. Purtroppo succede spesso che madri e padri disperati depositino i neonati vicino alla porta, avvolti in coperte o adagiati in una scatola di cartone con un  biberon vicino. Nessuno lo ha più cercato. 

 

 NELL’ORFANOTROFIO sono ospitati una sessantina di piccoli. La struttura di accoglienza è all’interno dell’ospedale fondato nel 1895. Per volere della superiora Sophie Bouery, di origini libanesi, avvicendata in gennaio dalla francese Elizabeth Noiret, gli ospiti frequentano un asilo esterno, assieme  ai coetanei di Betlemme. Sophie voleva giustamente creare ponti e occasioni  di “normalita” ai suoi senza famiglia.

Le suore che lo hanno conosciuto descrivono Adam come “un piccoletto sempre triste, che però ha sempre mangiato con impeto”. Molti ospiti sono assistiti da progetti di adozione a distanza. Fra i più importanti quelli di “Impegno Medio Oriente” e il

 “Progetto sorriso” di San Marino.

 All’età di sei anni Adam viene spostato  nel vicino “Villaggio Sos”, una dozzina di casette a circa dieci minuti di

 cammino dalla “Créche”, al massimo otto bambini per appartamento seguiti da una “mamma”, un’assistente sociale palestinese. Il passaggio per il piccino senza nome di famiglia non è semplice. Si chiude in se stesso, a volte è aggressivo. Sorride solo quando gioca a calcio. 

 

NEL FRATTEMPO il vulcanico padre Faltas si è inventato il progetto “bimbi senza confini”, un torneo fra le squadre della zona, anche quelle israeliane. E’ un modo per allontanare i bimbi dalle strade, per sottrarli ai tentacoli della droga e dell’alcool, per insegnargli che nella vita esistono regole che debbono essere rispettate. Ma è anche un sistema per bucare la claustrofobia del muro di separazione da Israele, la barriera che circonda Betlemme su tre lati.

Adam incontra la sua passione. “Si allena per ore – si  intenerisce il parroco di Gerusalemme – sogna di fare il calciatore, Messi (ndr. l’asso del Barcelona) è il suo idolo”. Ogni estate i giocatori in erba di Betlemme vengono portati in Italia per uno stage estivo. Nel luglio del  2011 toccherebbe anche al piccolo appassionato del football che vive nel  “Villaggio Sos”. Un cronista gli ha già dedicato un reportage dal titolo  altisonante, “il sinistro di Adam”. Ma le porte del muro per lui non si aprono. Non ha un cognome e neppure un’identità. Gli mancano i requisiti minimi per avere, come gli altri palestinesi, una sorta di carta di

 identità, il “documento di viaggio” indispensabile per andare all’estero.

Il  bimbetto, che ora ha tredici anni, è un signor nessuno. Non può neppure essere adottato, a meno che qualcuno dei suoi protettori non abbia un  fantastico e ardito colpo di fantasia per mandare in frantumi il limbo  burocratico nel quale è rinchiuso.

 

 NELLA SUA stanzetta le luci del Natale, il grande cipresso alto dieci metri illuminato da festoni di lampadine rosse e gialle dal 15 dicembre, non  portano un riflesso di speranza. A Betlemme, dopo gli otto giorni  dell’operazione “Colonna di nuvole” contro Hamas a Gaza e i lanci di razzi  arrivati fino alla periferia sud di Gerusalemme, si preannuncia un Natale

 sotto tono. L’anno scorso arrivarono 140 mila turisti, un flusso provvidenziale di denari. “Purtroppo – ammette Carmen Ghattas, portavoce della municipalità – sono state cancellate molte prenotazioni. Questo inciderà sulla situazione economica di tutti i concittadini”. E Adam deve aggrapparsi solo a un esile filo di speranza e al culto del suo Leo.