Archiviato il procedimento contro i marò accusati di aver sparato a due pescatori indiani

Di Lorenzo Bianchi Archiviazione. Con questa pietra tombale si chiudono i dodici anni passati dal 15 febbraio del 2012, il giorno nel quale i fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (nella foto) furono accusati dagli indiani di aver ucciso due pescatori del Kerala che a bordo di un piccolo scafo, il Saint Antony, […]

Di Lorenzo Bianchi

Archiviazione. Con questa pietra tombale si chiudono i dodici anni passati dal 15 febbraio del 2012, il giorno nel quale i fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (nella foto) furono accusati dagli indiani di aver ucciso due pescatori del Kerala che a bordo di un piccolo scafo, il Saint Antony, si erano avvicinati troppo alla petroliera Enrica Lexie sulla quale erano imbarcati come membri del Nucleo Militare di Protezione. Il Gip di Roma Alfonso Sabella ha accolto la richiesta della Procura e ha archiviato il procedimento per omicidio volontario. Michele Prestipino, il Procuratore in carica il 9 dicembre, e il sostituto Erminio Amelio avevano eccepito la “non utilizzabilità degli accertamenti eseguiti in India, primi fra tutti le autopsie delle vittime, i cui corpi sono stati cremati, e gli esami balistici svolti con regole diverse da quelle italiane. Lo stesso discorso vale per le testimonianze. Alla luce di una serie di accertamenti tecnici i due magistrati affermano però che i marò rispettarono le regole di ingaggio. Videro un piccolo natante e quando si trovava ad una distanza di 90 – 100 metri spararono in  acqua per fermarlo.

 

La perizia balistica, del 12 aprile 2012, fu sottoposta a una manipolazione clamorosa. Gli ingrandimenti dei fotogrammi dei filmati trasmessi dal Tg 1 e dal Tg 2 rivelano che i due passaggi della perizia balistica che indicano il mese dell’accertamento e  che associano i proiettili repertati ai nomi delle due vittime, Ajish Pink, 25 anni, colpito alla milza, e Valentine Jelestine, 45 anni, fulminato con un colpo alla testa, sono stati redatti con una seconda macchina per scrivere dopo aver cancellato il testo originale. Nel passaggio che cita Pink si vedono addirittura due residui dello scritto precedente. L’indicazione del mese e il nome sono sulla destra, mentre tutto il resto del documento è ordinatamente allineato a sinistra.  La stessa anomalia si ripete quando viene citato il reperto estratto dal cervello di Jalastine. L’ingrandimento documenta le sbavature di una macchina per scrivere diversa e imprecisa. Perfino il modo di indicare il mese si trasforma. Nell’originale è Cr No, PUNTO, 02/12. Nella versione manipolata è Cr. No, DUE PUNTI, 02/12.

 

Non risulta poi che qualcuno abbia cercato tracce di ossido di carbonio sulla canna delle armi e sugli otturatori. E’ la prova più banale per capire subito quali fucili hanno esploso colpi. I due “osservatori” italiani ammessi alle prove di sparo con le armi dei marò non furono autorizzati a chiedere ulteriori accertamenti. Sono i maggiori del Racis dei carabinieri  Luca Flebus e Paolo Fratini i quali hanno successivamente dichiarato che hanno potuto assistere solo alle prove di sparo e all’apertura dei plichi. In pratica non sono stati messi nelle condizioni di accertare se i proiettili che in seguito e comunque non in loro presenza avrebbero dovuto essere esaminati dagli indiani al microscopio comparatore (per rilevare le rigature, la firma individuale di ogni arma) erano davvero quelli estratti dai corpi delle vittime. Il perito balistico N.G. Nisha concluse che le pallottole mortali erano state sparate “da fucili calibro 5 e 56 ad alta velocità, dall’alto verso il basso e da grande distanza”. La sua perizia è del 19 aprile 2012. I sequestri a bordo della petroliera Enrica Lexie si sono conclusi il 25 febbraio, si legge nelle carte depositate dall’India. C’è stato quindi tutto il tempo per sparare con i mitra dei marò e per recuperare diversi proiettili. Così le pallottole mortali sono passate dal calibro 7 e 62 descritto con le dimensioni delle ogive dall’autore dell’autopsia, il professor Sasikala, al calibro 5,56 individuato dalla perizia balistica, la misura standard dei proiettili Nato e quindi anche di quelli italiani. Avendo sparato subito con tutti e sei i fucili e con i due mitra del Nucleo Militare di Protezione della petroliera gli indiani avevano abbondanza di ogive e di bossoli italiani. Sostituire i proiettili originali con altri era fattibile e facile.

 

La manipolazione si è riversata perfino nel rapporto dell’ammiraglio di divisione Alessandro Piroli della Marina militare italiana che fu redatto sulla base della perizia indiana. Associando i fucili che avrebbero esploso i proiettili fatali ai numeri di matricola, Piroli, vittima a sua volta della manipolazione indiana,  concluse che avevano sparato i fucili dei marò Massimo Andronico e Renato Voglino e non quelli di Latorre e Girone, come hanno testimoniato lo stesso Latorre il comandante della Lexie Umberto Vitelli e il secondo ufficiale Sahil Gupta. La polizia del Kerala ignorava la circostanza che nella marina italiana ogni arma è individuale (e nei corpi speciali viene adattata alle caratteristiche fisiche, per esempio le capacità visive, del singolo militare). Nel “costruire” la perizia balistica con proiettili presi a caso dal gran mucchio dei residui delle prove di sparo i detective indiani avevano pescato le ogive “sbagliate”?

 

Il problema degli investigatori del Kerala era che a bordo della Enrica Lexie non sono stati trovati i bossoli dei proiettili esplosi dai marò verso lo skiff e che, facendo sparire i proiettili dell’autopsia, si doveva costruire comunque una prova a carico dei fucilieri di marina. Il calibro 7 e 62 è anche quello del mitra sovietico Pk montato sugli Arrow Boat della marina dello Sri  Lanka. Il Saint Antony era registrato nello stato indiano del Tamil Nadu, che si affaccia sul braccio di mare che divide l’India dallo Sri Lanka. Freddy Bosco, il comandante, abita nel  Tamil Nadu. Molti pescatori indiani di tonni sono stati uccisi da motovedette cingalesi. Esiste un sito intitolato “Save Tamil Nadu Fishermen” che nel 2011 aveva già censito 500 uccisi dalla Guardia Costiera dello Sri Lanka e che accusava di inerzia il governo di Nuova Delhi. Il problema era molto caldo e citato spesso nella campagna elettorale per le elezioni suppletive del Kerala alla vigilia delle quali i marò italiani furono catturati dagli indiani. Il deputato morto da sostituire era del Partito del Congresso di Sonia Gandhi per il quale si stava profilando una bruciante sconfitta. Mostrare il pugno duro con i militari italiani poteva essere una mossa elettoralmente pagante.