A Wuhan il partito organizzerà la “gratitudine” dei cittadini

Gli alti papaveri del Partito Comunista di Wuhan, la sorgente mondiale del coronavirus nel 2019, hanno avuto un’idea arrogante. Hanno annunciato che organizzeranno per i loro cittadini “un’educazione alla gratitudine”. Vogliono che gli abitanti ringrazino adeguatamente il Partito perché è riuscito ad arginare l’epidemia. A mezzanotte di venerdì è arrivato nella capitale dello Hubei il […]

Gli alti papaveri del Partito Comunista di Wuhan, la sorgente mondiale del coronavirus nel 2019, hanno avuto un’idea arrogante. Hanno annunciato che organizzeranno per i loro cittadini “un’educazione alla gratitudine”. Vogliono che gli abitanti ringrazino adeguatamente il Partito perché è riuscito ad arginare l’epidemia. A mezzanotte di venerdì è arrivato nella capitale dello Hubei il primo treno dall’esterno. Ogni viaggiatore deve essere in possesso del Qr code, una app che certifica uno stato di salute che escluda rischi di diffusione del Covid 19. Le 17 stazioni della metropolitana hanno riaperto i battenti. Le restrizioni imposte il 23 gennaio saranno allentate l’8 aprile. Secondo la Johns Hopkins University nella capitale dello Hubei hanno perso la vita 11.399 persone e i contagiati sono stati 275.434.

La notizia sulle manifestazioni organizzate di “gratitudine” è stata pubblicata dal sito cinese in lingua inglese “Caixin”. L’articolo, un commento, è firmato da Fang Fang, lo pseudonimo di Wang Fang, una poetessa e autrice televisiva cinese ed è stato tradotto in inglese da Matthew Walsh. “Su internet – scrive Fang – un numero crescente di persone chiede la graduale revoca dei blocchi in tutta la città. Molti ospedali hanno iniziato a riprendere i normali servizi di degenza. Molte persone con altre patologie sono morte durante l’epidemia, non avendo potuto ricevere le cure delle quali avevano bisogno. Soltanto nel nostro palazzo due anziani sono deceduti così”. Il prossimo problema saranno i funerali. “Ho contattato uno psicologo – racconta Fang – per chiedere come il popolo di Wuhan dovesse gestire la sua prossima sfida… ha affermato che, poiché la malattia è contagiosa, i becchini della città hanno rinviato le cerimonie di cremazione. Solo alla fine dell’epidemia chiameranno i parenti, consentiranno loro di venire a raccogliere le ceneri e di organizzare le cerimonie funebri”. “Una parola di frequente ricorrenza – annota la poetessa – nelle conversazioni di questi giorni è “gratitudine”.

Funzionari di alto livello a Wuhan chiedono che la gente dimostri di essere grata al Partito Comunista e al Paese. Trovo questo modo di pensare molto strano. Il nostro dovrebbe essere un governo popolare; esiste solo per servire il popolo”. “L’esecutivo – conclude – dovrebbe essere molto grato ai 9 milioni di cittadini di Wuhan che sono rimasti al chiuso e non si sono mai avventurati fuori… un governo sensibile e coscienzioso che comprende il desiderio di conforto della sua gente istituirebbe rapidamente un gruppo investigativo e inizierebbe immediatamente una ricostruzione dettagliata dell’epidemia dall’inizio alla fine. Per scoprire chi ha perso le possibilità di fermarla prima, chi ha deciso di nascondere la verità al pubblico, chi l’ha coperta per salvare la propria faccia, chi ha stabilito che la vita delle persone fosse secondaria rispetto alla correttezza politica”.

L’autrice del commento non lo nomina, ma è chiaro che pensa a Li Wenliang, 34 anni, l’oftalmologo dell’ospedale di Wuhan che l’8 dicembre aveva diagnosticato una “polmonite misteriosa”. Un caso seguito da altri simili che avevano in comune la frequentazione del mercato del pesce e della carne selvatica. Il dottore e altri suoi colleghi erano convinti che fosse riaffiorata la Sars, debellata ufficialmente nel 2003, e avevano segnalato il caso. A Pechino erano stati informati solo il 30 dicembre. Uno screenshot della denuncia di Wenliang era stato intercettato dalla censura alla fine del mese. Le autorità della città mandarono la polizia a “redarguire” gli autori dell’allerta. Il medico fu interrogato e la sua chat oscurata. Il primo dell’anno la polizia si vantò di aver neutralizzato otto “diffusori di voci”. Diverse settimane dopo la Corte suprema ha dato ragione agli “allarmisti” osservando però che la loro la diagnosi era sbagliata. Wenliang in febbraio è finito in rianimazione ed è morto.

Lezione appresa dai vertici locali del Partito comunista cinese? Non pare. Il “South China Morning Post”, il quotidiano di Hong Kong, ha pubblicato una notizia singolare. Nello Hubei i pazienti dimessi che hanno una ricaduta non verranno classificati come nuovi casi. Tu Yuanchao, vice direttore della Commissione sanitaria della provincia, ha detto che saranno tenuti in isolamento per due settimane negli ospedali, ma che non verranno aggiunti al computo dei infettati.

Il “Global Times”, il tabloid in lingua inglese del Partito Comunista, pubblica un titolone su una possibile seconda esplosione del virus provocata dalle falle nel controllo delle persone arrivate dall’estero o da altre Regioni. La fonte della preoccupazione e’ il noto epidemiologo Li Lanjuan. Il tabloid cita un caso del Guangdong. Un uomo positivo al virus era stato in contatto “ravvicinato” con una donna tornata dalla Turchia il 9 marzo e sottoposta a un controllo della temperatura corporea in aeroporto. La Cina ha innalzato un muro antistranieri sospendendo la validità dei visti e dei permessi di residenza. Yang Zhanqiu, un virologo dell’Università di Wuhan, ha suggerito che tutti i cinesi che rientrano dall’estero siano sottoposti a una quarantena centralizzata. Lo scienziato osserva infatti che molti soggetti che risultano negativi al controllo degli acidi nucleici infettano altre persone dopo essere tornati nelle loro case. Anche in Cina la guerra al virus procede ancora a tentoni.