MUSICA / Musica per quarantena, il ritorno di Michael Stipe

“Non c’è tempo per amarci ora, non c’è tempo per litigare”.  Non c’è tempo per niente, e non resta che aspettare. Ma “come è iniziato a cambiare tutto questo?”. Ammesso che ci torni in mente. “I ricordi del ‘lockdown’ – canta infatti Michael Stipe – non li posso sostenere”. Canta, sì. L’ex Rem d’altronde era già […]


“Non c’è tempo per amarci ora, non c’è tempo per litigare”.  Non c’è tempo per niente, e non resta che aspettare. Ma “come è iniziato a cambiare tutto questo?”. Ammesso che ci torni in mente. “I ricordi del ‘lockdown’ – canta infatti Michael Stipe – non li posso sostenere”. Canta, sì. L’ex Rem d’altronde era già riapparso a fine gennaio dopo anni di silenzio, e prima ancora lo avevamo visto esibirsi in un programma tv americano, la barba lunga da profeta e la stessa voce di sempre.

Stavolta è diverso. “No time for love like now“, il video che Stipe ci ha regalato ieri, postandolo sui suoi social, è qualcosa di diverso. Sarà per lo scenario artigiano: è un demo. C’è lui con due occhialoni da vista in primo piano, che preme play e canta su una base preregistrata.  E’ di Aaron Dessner, il chitarrista di National. Un incontro tra giganti, ovvio. E poi c’è quella voce. Uguale a sempre, riconoscibile tra mille. Capace, riascoltandola, di pescare dai ricordi in un secondo vent’anni e più di storia del rock americano, di Everybody hurts e Loosing my religion, di Shiny happy people o forse, meglio, in questo periodo sarebbe più profetica ‘It’s the end of the world as we know it (and I fell fine).

C’è tutto questo e molto altro nella poesia di un brano inedito che l’ex Rem ha deciso di regalare a un mondo isolato in casa, ormai in qualunque latitudine. C’è la bellezza dei ricordi, e di un’arte che non è mai sparita, anche se ci è stata negata così a lungo. E c’è lo stile intatto di uno che di stile, parliamoci chiaro, in quest’epoca di furbi e faine ne ha avuto da vendere. I Rem nella loro lunghissima carriera lo hanno dimostrato più e più volte, e a me piace ricordare il 1997. Quando, dopo la bellezza di un disco come New adventures in hi-fi, di sicuro l’olimpo della band di Athens, e dopo un tour mondiale particolarmente faticoso, Bill Berry si sente male e decide che il tempo si è compiuto. Lascia la band al suo apice. Loro non si sciolgono, ma – colpo di scena – neppure lo rimpiazzano, perché loro quattro sono amici, e gli amici non li puoi sostituire. Così, nel disorientamento generale, il disco successivo, ‘Up’, esce senza batteria. Senza batteria, non so se rendo l’idea: per una band rock è una sorta di abominio. E invece ‘Up’ è un disco bellissimo.

Una band così non poteva litigare, né finire in tribunale. Così quando nel 2011 Stipe, Mick Mills e Peter Buck hanno deciso che poteva bastare, lo hanno detto come avrebbe potuto fare un vecchio artigiano del legno, stanco del trascorso e dei tanti bei tavolini intarsiati negli anni: “Ci siamo stancati, tiriamo giù la serranda, ci godiamo la pensione, ma ci vogliamo bene”. E bene si sono voluti, rivedendosi in questi ultimi dieci anni per promuovere le riedizioni dei loro successi, per rilasciare interviste, per parlare insieme dei Rem. Dei giganti.

Ora: Michael Stipe, è evidente, ha voglia di tornare. O magari no, magari ha solo ricaricato a sufficienza le batterie per regalarci, di tanto in tanto, qualche preziosa perla. Ecco allora, inutile dire altro. Ascoltatevi “No time for love like now”. La quarantena peserà meno.