LIBRI / Mari del sud. Un classico

Cosa fa di un libro un classico? Me lo chiedo da tempo, e ho collezionato negli anni un mio bagaglio di indizi. La domanda è ritornata attuale con ‘Mari del Sud’ (Feltrinelli Editore) di Manuel Vàzquez Montalbàn. Ed è un quesito che qui si complica di un ulteriore aspetto: può il romanzo di una saga […]

Cosa fa di un libro un classico? Me lo chiedo da tempo, e ho collezionato negli anni un mio bagaglio di indizi. La domanda è ritornata attuale con ‘Mari del Sud’ (Feltrinelli Editore) di Manuel Vàzquez Montalbàn. Ed è un quesito che qui si complica di un ulteriore aspetto: può il romanzo di una saga poliziesca essere considerato un classico?

Lo streaming ci ha sempre più abituati al consumo veloce, e a puntate, delle storie. Un meccanismo arcinoto – e non ha senso discuterne qui – che ha stirato ogni trama e intarsiato ogni intreccio, portandoli il più delle volte fino allo stremo. Diremmo oggi che una tal puntata de La Casa di Carta, di Homeland o di The Walking dead è, di per sé, un capolavoro? Forse sì, ma a patto di essere (e ce ne sono) degli esegeti di quella specifica serie. Così accade, d’altronde, albo dopo albo, nei blog dedicati a certi fumetti eterni e seriali come Tex o Zagor. Ma va bene il capolavoro: diremmo anche che la puntata proprio è un classico, dunque anche al di fuori della sua serialità? Immagino non lo diremmo neppure di una serie intera, o perlomeno non con la stessa facilità con cui applichiamo la categoria del ‘classico’ nella letteratura. Che differenza c’è, infine, tra la puntata di una serie tv e il capitolo di una saga letteraria?

Non molto, eppure sarà che c’è di mezzo la letteratura, ma nel secondo caso siamo più propensi a immaginare delle eccezioni. E’ successo, per me, ad esempio, con ‘Mari del sud’. Un poliziesco, appartenente a una saga – quella dell’investigatore privato Pepe Carvalho – capace di stupire per il suo stile e la sua fattura ancora oggi, ben quarant’anni dopo la sua uscita. Siamo coevi, quel libro ed io, perlomeno in Italia: entrambi classe 1982. L’originale spagnolo è di tre anni prima, e racconta per questo di un mondo quotidiano in cui oggi facciamo inevitabilmente fatica a immedesimarci anche noi che l’abbiamo visto. Niente computer, niente Internet, nessun telefonino. E nelle indagini niente esame del Dna oppure immagini delle telecamere di sorveglianza. Restano però i ragionamenti e la caratterizzazione dei tipi umani.

Il punto è che in quelli, 40 anni dopo, si possono davvero trovare le tracce concrete del capolavoro. Si dice che Pepe Carvalho abbia preso per mano e accompagnato, nel corso degli anni ’80, il popolo spagnolo lungo la presa di coscienza del franchismo, aprendo loro gli occhi sugli anni finali di una tirannia che si era col tempo subdolamente normalizzata. Un compito leggibile ancora oggi nei suoi romanzi con chiarezza, basti una frase sul carcere, un riferimento alla polizia politica, una certo cauto disvelamento nell’affrontare alcuni argomenti, o le tante concrete verità tabù messe tra le righe o tra parentesi.

Basterebbe questo a proiettare Montalbàn e il suo Carvalho ben oltre la tranquilla ordinarietà di un poliziesco seriale. Eppure è il minimo, perché la grandezza del disegno montalbaniano, 40 anni dopo, è ben visibile anche in altri due fattori. La complessa descrizione della società occidentale, ad esempio. Con i suoi stereotipi, le sue rigidità che l’investigatore smarchera con straordinaria e cinica. Il secondo fattore è una solida capacità di guardare al futuro, che rende così longevi i ragionamenti politici e sociologici di Montalbàn da farli arrivare intatti e ancora utili fino a qui. Anziani e patinati quanto si vuole, ma perfettamente calzanti, lucidi, arzilli.

Il tocco di classe? La storia poliziesca e tutto finzionale. Che dovrebbe stare al centro e invece, parallelamente alla descrizione dell’universo sociale spagnolo e occidentale, corre sottotraccia, pagina dopo pagina, spuntando in superficie solo sul finale, pure perfettamente godibile e promotrice di suspense, con un baffo a Csi, alla scientifica e ai caratteri del thriller tecnologico di oggi. Ce la si dimentica, la trama gialla in Montalban, così presi dalle analisi di Carvalho, dalle ciarle dei suoi interlocutori, dalla caratterizzazione degli stereotipi e dallo spietato giudizio sociale di Carvalho. E poi c’è Pepe Carvalho. La sua fame, le sue ricette, la sua smaccata sisillusione, e quel bruciare libri come fossero ciocchi di legno, bevendo vino e grappe gelate fino a svenire. Ci ha fatto un gran regalo Gabriel Vàzquez Montalban con il suo Pepe, che a sua volta poi ha dato il là al Montalbano nostrano, che a partire dal nome è amorevole e indegno figlio. Possiamo dire, oltre a tutto ciò, o forse in sua funzione, che ‘Mari del Sud’ è anche un classico? Possiamo, forse, sì. Consapevoli che subito dopo Pepe stesso, e proprio in funzione di questa etichetta, avrebbe preso il suo tomo e, dopo averne accarezzato un’ultima volta la copertina, lo avrebbe buttato con gusto nel fuoco.