IDEE / Quella passione a cui nessuno dà credito

“Voi ragazzi sempre a parlare di contratti: ci vuole passione!” La battuta viene da Boris, indimenticabile serie tv sui malanni dell’Italia. La pronuncia Sergio, il direttore di produzione della fiction ‘Gli occhi del cuore’, allo stagista che dopo mesi di lavoro gratuito aveva osato chiedere due lire. Come non ripensarci tutte le volte che spuntano […]

“Voi ragazzi sempre a parlare di contratti: ci vuole passione!” La battuta viene da Boris, indimenticabile serie tv sui malanni dell’Italia. La pronuncia Sergio, il direttore di produzione della fiction ‘Gli occhi del cuore’, allo stagista che dopo mesi di lavoro gratuito aveva osato chiedere due lire. Come non ripensarci tutte le volte che spuntano statistiche sulle difficoltà di fare impresa per gli under 35?

Gli ultimi dati a Forlì-Cesena parlano chiaro: in 5 anni le imprese giovanili sono calate del 19,6%. È un’enormità. Ma un altro numero ci dice che l’unico settore giovanile che cresce (e del 13,5%) riguarda le imprese dedicate alle attività scientifiche e tecniche. Dunque idee e passione ci sono. Ma continuano a mancare i soldi, ed è questa la vera differenza tra le startup italiane e quelle inglesi o americane. Con un elemento in più: il mercato americano, ai suoi aspiranti imprenditori, le idee sono l’ultima cosa che chiede.

«Noi ci affannavamo tutti a raccontare la nostra intuizione – mi raccontò uno startupper di ritorno con un gruppo di colleghi romagnoli da un viaggio in Silicon Valley –, ma gli investitori continuavano a chiederci che budget avevamo». Perciò: a chi avvia un’impresa non servono pacche sulle spalle ma finanziamenti, fidi bancari, liquidità. Soldi non a pioggia, certo. Ma fiducia nelle buone idee sì. O i nostri giovani continueranno ad avere cassetti pieni, mentre i loro coetanei americani o asiatici con poche idee e molti mezzi diventeranno ricchi, magari producendo banali cassetti.