Lunedì 29 Aprile 2024

Archistar rivoluzionaria e sognatrice. Morta Zaha Hadid, la signora delle curve

L’architetto anglo-irachena si è spenta a 65 anni. A Roma c’è il suo Maxxi

L’architetto anglo-irachena, 66 anni a ottobre, davanti al Maxxi di Roma (Ansa)

L’architetto anglo-irachena, 66 anni a ottobre, davanti al Maxxi di Roma (Ansa)

Miami, 1 aprile 2016 - Nel maggio 2010 tenne a battesimo il Maxxi. Ora quello straordinario museo del terzo millennio continuerà a parlarci di lei, delle sue forme impetuose. Zaha Hadid, geniale progettista del Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma e di CityLife (progetto di riqualificazione della Fiera Campionaria di Milano), per citare sue tracce visibili nel nostro Paese, è morta a Miami. Avrebbe compiuto 66 anni in ottobre ed era ricoverata in ospedale per una banale bronchite: un attacco cardiaco se l’è portata via.

L’architetto britannico di origine irachena, famosa in tutto il mondo e soprannominata “La regina delle curve”, era a Roma quando, dopo dieci anni di lavori e sei ministri diversi, aprì il tempio della creatività contemporanea. Quel contenitore di idee che era stato affidato a una donna anglo-irachena vincitrice, nel febbraio 1999, del concorso internazionale bandito l’anno precedente. Entusiasta, Zaha Hadid progettò il primo museo pubblico italiano dedicato alla creatività nel quartiere Flaminio, non lontano dall’Auditorium uscito dalla mente di un altro illustre collega: Renzo Piano.   «È un'opera simbolica a cavallo tra due fasi, l’astrattismo e lo studio sugli spazi fluidi - le parole della progettista durante l’inaugurazione del Maxxi - . Ho pensato dovesse avere una sua identità e novità, e ho cercato di contestualizzarla nell’urbanistica di Roma». «Per me è un progetto ancora incompiuto», buttò lì davanti all’allora ministro Rutelli, riferendosi alla riduzione degli spazi dovuta a problemi economici.   Apprezzata per le sue creazioni futuristiche, come lo stadio del nuoto dei Giochi di Londra terminato nel 2012, l’archistar dai capelli scuri e dall’inconfondibile profilo mediorientale era nata a Baghdad e aveva studiato tra Beirut e Londra: resterà lei la prima donna ad aver vinto, nel 2004, il prestigioso Premio Pritzker, considerato il Nobel dell’architettura. Nel Regno Unito si guadagnò la Medaglia d’Oro del Royal Institute of British Architects e, nel 2010, il “Time” la annoverò fra le 100 personalità più influenti del mondo.

Tutt’ora nel pieno della sua attività, la First Lady dell’architettura contemporanea aveva in corso progetti in tutto il mondo, dagli Stati Uniti a Hong Kong, Dubai, Giappone, all’Azerbaijan, e ancora in Italia. A Salerno resterà infatti uno dei suoi ultimi lavori: la Stazione marittima affidatale dall’amministrazione comunale al termine di un concorso internazionale d’idee, che sarà inaugurata a fine aprile. Il suo approccio rivoluzionario all’architettura e la particolare complessità dei suoi progetti, le hanno fatto sospirare il successo in Gran Bretagna, e per molti anni le commissioni stentarono ad arrivare: negli anni Novanta il suo disegno per l’Opera House di Cardiff venne clamorosamente bocciato e lei non riuscì a tradurre un progetto in realtà fino a quando non arrivò la commessa per il Museo dei trasporti di Glasgow, ultimato nel 2011. L’estate scorsa anche il disegno dello stadio per i giochi di Tokyo 2020 finì su un binario morto tra polemiche sui costi: sarebbe stato il più caro della storia, con un cartellino da 2,5 miliardi di dollari. Ma sono i successi a fare la parte del leone nella carriera di Zaha Hadid: caratteristica inconfondibile dei suoi iconici edifici dagli anni Novanta, l’alternarsi di lastre bianche e lastre vetrate, per far penetrare la luce. E poi zigzag, pareti oblique, spigoli acuti; come nella Stazione dei pompieri alla Vitra di Weil am Rhein del 1993, che la rese famosa o il Museo della Scienza a Phaeno, a Wolfsburg, progetto del 2005. Prospettive multiple a evocare, secondo alcuni, il caos della contemporaneità, ma anche linee più morbide, dai tratti neo-futuristici, caratterizzate da potenti forme curve e strutture allungate, culminate proprio nel London Olympic Aquatic Centre.   Improvviso, l’annuncio della sua morte. Messaggi di commozione sono arrivati dai suoi colleghi più noti: «Nessuno, tra gli architetti degli ultimi decenni, ha avuto più influenza di lei», il saluto di Lord Richard Rogers, collega che ha firmato il Centre Pompidou di Parigi e il Millennium Dome di Londra. Nel museo romano progettato da Zaha Hadi, la notizia è arrivata come una bomba ieri pomeriggio: «Ci mancheranno molto il suo estro e il suo genio - il cordoglio di Giovanna Melandri, presidente del Museo - . Una grande donna, creativa e innovativa».

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