Lunedì 29 Aprile 2024

Il senso di colpa

Mancare un appuntamento, gettare le chiavi nella spazzatura, dimenticare un figlio in auto. È la caduta verticale del libero arbitrio. Un problema neurologico, non morale. Nessuno giudica una spina staccata, non è opportuno farlo se a staccarsi sono i circuiti della memoria. Si soffre e basta. Ed è dolore essenziale che riguarda tutti. L’amnesia dissociativa negli Stati Uniti provoca decine di morti all’anno. Tutti bimbi di genitori ‘normali’. E tutte morti doppie. Con il piccolo se ne vanno per forza anche il padre e la madre così attenti ai seggiolini e alle cinture, ai refoli dal finestrino. Basta il pensiero per vacillare. Verrà la lotta con il senso di colpa e non sarà più vita. La distrazione cancellerà ruolo e identità. Come si fa a dimenticare un figlio in macchina? Domandalo al dottore. Risponderà che non è necessario essere cattivi genitori. Non si tratta di un incidente per colpa della velocità o per una sbronza. È la coscienza che si spegne. Pensi che vada tutto bene, sei felice. Ma in quel momento non ci sei più. O sei da un’altra parte, alla macchinetta del caffè a parlare con i colleghi del tuo bambino che ha imparato a camminare. Un dottore bravo ti darà l’assoluzione pregandoti però di contare le tue vite. E dirà che la malattia è conclamata, ce ne portiamo dietro troppe. Inconsapevoli. Per inerzia e insoddisfazione. Per gestirle tutte ci vuole il pilota automatico, l’abitudine, un veleno distillato tutti i giorni su percorsi e facce indistinguibili. Lì ci adagiamo. Ed è una falsa sicurezza che uccide. Scegliamo il default perché il presente ci annoia, per potere scartare su un altro binario dove contano solo l’urgenza di fare e il rimpianto di avere fatto male. Siamo ostaggi dell’impazienza, di quella parte di cervello alleata degli artisti che a volte porta al capolavoro ma anche al gatto nel forno. Distrazione è allontanamento del pensiero dalla realtà. In macchina si guida, si fuma, si telefona, si mangia la pizza e si passa il mascara. Un antico precetto zen raccomanda: quando peli una carota, pela la carota. Non siamo capaci. Ci tagliamo e poi non smettiamo più di piangere.