Campione d’Italia, 30 novembre 2014 - A quindici anni dalla scomparsa c’è ancora tanto bisogno di Fabrizio De André, delle sue canzoni mai banali e della sua poesia mai consolatoria su quest’Italia sempre più alla deriva. Un messaggio il suo che si è caricato sulle spalle il figlio Cristiano, sempre più uguale a Faber anche nell’aspetto fisico, l’altra sera protagonista di un concerto memorabile al Casinò dell’ex-clave italiana. Emozionato e particolarmente ispirato Cristiano ha saputo approfittare dell’ambiente raccolto per regalare un’ora e mezza di grande musica, prendendo a prestito molte delle ballate del padre, rivisitate e riattualizzate con nuovi arrangiamenti.
Una ventina di brani per un sali e scendi di emozioni che Cristiano ha definito “condivisioni”, perché l'obiettivo del suo tour è proprio quello di portare sul palco sensazioni da condividere con il pubblico, anche ricordando e, in molti casi, attualizzando i successi del padre con ritmi e sonorità più potenti e, perché no, più rock, fino a sfiorare il punk come in “Il pescatore”, brano che ha chiuso il concerto dopo un acclamato bis. Ad accompagnarlo tre musicisti di eccezione: Osvaldo Di Dio alle chitarre, Massimo Ciaccio al basso e Davide Devito alla batteria, ma è Cristiano che ammalia, seduce e sconvolge quando dopo avere lasciato la chitarra o la tastiera imbraccia il violino che suona con lucida e matura dolcezza in “Il mio essere buono” ma diventa psichedelico in “Smisurata preghiera”, per poi essere grezzo, distorto, a tratti disturbato, in “Vivere”. Tra le perle della serata classici come “Creuza de ma”, “Quello che non ho” e “Fiume Sand Creek”.