Sabato 4 Maggio 2024

Milano, non vuole togliere il velo. La sentenza: "Illegittimo non assumerla"

La Corte d'appello di Milano condanna al risarcimento un'azienda che si è rifiutata di selezionare una ragazza musulmana in ragione del suo velo

Donna con velo (Olycom)

Donna con velo (Olycom)

Milano, 5 maggio 2016 - Una sentenza destinata a far discutere quella con cui la Corte d'appello di Milano oggi ha condannato una società di ricerca del personale a risarcire una ragazza italiana di origine egiziane. Nel marzo 2013 l'allora 21enne Sara non era stata selezionata come hostess per una fiera di due giorni per via della sua decisione di non togliere il velo islamico. 

La Corte ha accolto la tesi della della giovane e dichiarato il comportamento dell'azienda come discriminatorio e quindi illegittimo, ribaltando la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Lodi. Ora la società deve alla ragazza 500 euro. 

"E' una sentenza molto importante" dichiara l'avvocato Alberto Guariso dell'Asgi, Associazione per gli studi giuridici sulla immigrazione, che ha assistito la lavoratrice, "perché riconosce che il diritto all'identità religiosa è un elemento essenziale delle società democratiche e deve sempre essere garantito anche quando comporta un sacrificio di altre esigenze del datore di lavoro non altrettanto rilevanti, come quelle estetiche". 

L'azienda rivendicava invece il diritto di selezionare le lavoratrici sulla base di esigenze di immagine, affermando che "i clienti non sarebbero mai stati così flessibili". 

LA VICENDA - Sara, nata in Italia da genitori egiziani, circa tre anni fa si vide negare un lavoretto di due giorni perchè aveva capelli, orecchi e collo coperti, secondo i precetti dell'Islam. L'attività per cui la ragazza di Melegnano, all'epoca studentessa universitaria, si candidava era quella di volantinaggio per il Micam, evento in calendario alla Fiera di Rho. Sara inviò una sua foto nella quale indossava l'hijab, cioè il velo che incornicia il volto senza coprirlo. Poi uno scambio di mail, con la società che le chiese se era disposta a scoprire il capo lasciando vedere i capelli. 

Sara spiegò di portare il velo per motivi religiosi e aggiunse che al massimo avrebbe potuto abbinarlo alla divisa. Da qui il rifiuto dell'agenzia di offrirle il lavoro occasionale e il successivo ricorso al Tribunale di Lodi.

Il giudice lodigiano più di un anno dopo respinse la richiesta della 21enne sottolineando che requisiti richiesti per ottenere quel lavoro c'era quello dei "capelli lunghi e vaporosi". Poi la sentenza della Corte d'Appello che ha dato invece ragione a Sara. Nel frattempo lei si è trasferita a Londra, dove avrà meno difficoltà a trovare lavoro con il velo.