Mercoledì 24 Aprile 2024

Malori, il ciclista che visse due volte

Paralizzato in seguito a una caduta, sette mesi dopo torna a correre. «Voglio dare speranza a chi soffre»

Adriano Malori (AFP)

Adriano Malori (AFP)

Salsomaggiore, 31 agosto 2016 - «Quando ho iniziato la riabilitazione, un medico poco furbo mi ha detto: ritieniti fortunato se tornerai una persona normale e un giorno potrai prendere la bici per andare a comprare il pane. Gli ho risposto secco: ti sbagli. Ho avuto ragione: il 9 settembre in Canada mi rivedrete in corsa».

Tra l’Adriano Malori vicecampione del mondo della crono e quello che fra pochi giorni tornerà ad essere un ciclista di alto livello c’è un viaggio di sette mesi fatto di dolore, speranza, lacrime e sofferenza, un tunnel dal quale il ragazzo di Traversetolo non si è fatto inghiottire «perchè a 28 anni non accettavo che fosse un incidente a dirmi di buttar via non solo una carriera, ma una vita intera». Malori che torna in bici è una bella storia che supera i confini dello sport, raccontata in prima persona dal protagonista «perchè voglio esser d’aiuto ai bimbi, ai giovani e agli anziani che ho visto star male davvero, dicendo a tutti che c’è un ragazzo che in sette mesi è tornato a correre, regalando un sorriso e una speranza a chi lo merita».

Storia che inizia il 22 gennaio, sulle strade argentine di San Luis, con una caduta nel finale. Storia che Malori snocciola in dieci minuti senza mai interrompersi, nè commuoversi. «Stavo parlando con Nibali in testa al gruppo e mi sono risvegliato all’ospedale, con metà del corpo paralizzato. Mi hanno detto che, in seguito al colpo, il cervello si era totalmente disconnesso dalla parte destra: da vicecampione del mondo mi sono ritrovato su una sedia a rotelle, costretto a suonare il campanello per andare in bagno e a invidiare i vecchietti che camminavano col bastone».

Così, al centro universitario di Pamplona, in Spagna, dove lo porta la sua squadra («Non avessi avuto accanto la Movistar, non so dove sarei adesso»), il campione delle corse in bici inizia una rincorsa, anche questa a tappe, con un traguardo preciso: tornare ad essere una persona normale, «capace di tagliarsi una bistecca da solo». A febbraio inizia la riabilitazione («fino a sei ore al giorno»), a fine marzo sale sui rulli con la bici, un mese dopo un test nel magazzino della squadra gli riaccende la speranza di tornare a correre, «perchè ero già convinto di dovermi trovare un altro lavoro».

Ricade nel baratro a maggio quando la mano destra non gli consente di guidare la bici, a giugno torna a Pamplona «per farmi rimettere sulla strada giusta», a luglio trova anche il tempo di fare una sosta a casa per sposare Elisa («Ne stavamo già parlando, le è toccato pure spingermi in carrozzina...»). Quando a inizio agosto riceve il via libera dai medici comincia ad allenarsi «come una bestia», senza dire nulla ad amici e colleghi, «chiedo scusa, ma avevo promesso a me stesso di parlare solo quando sarei tornato alle gare».

Parla adessp, perchè alle gare ci torna davvero: 9 e 11 settembre, in Quebec e Montreal, prime tappe di un calendario ancora da scrivere, nel quale potrebbe persino esserci la maglia azzurra della crono promessa da Cassani fin dal giorno dell’incidente («Ma solo se sarà all’altezza: ho troppo rispetto per Adriano per esporlo a una brutta figura», precisa il ct).

«Una lacrimuccia alla partenza mi scapperà – riprende Malori – ritroverò colleghi che mai hanno smesso di informarsi sulle mie condizioni. Sono cambiato come dal giorno alla notte, ora sorrido a chi mi mostra affetto. Dal 22 gennaio ho un vuoto di almeno tre settimane, Elisa mi dice che le ho fatto gli auguri per il compleanno ma non ricordo nemmeno quello: prima pensavo che quel giorno mi avesse rovinato la vita, ora lo vedo come la data che mi ha insegnato a passare sopra tutto e a non arrendermi mai. Colpa di una buca, anche se ne hanno dette di ogni tipo, perfino un aneurisma, io so solo che non mi muovevo. Non mi sono mai chiesto perchè proprio a me, è il destino e ba- sta. Dicono che sia un caso più unico che raro, ma io non sono contento di ciò che mi è accaduto, avrei preferito non vivere una storia che non auguro al peggior nemico, anche se star due giorni in mezzo a chi soffre aiuterebbe tutti a dare il giusto valore alle cose».

Di questa storia, Malori porta ancora i segni: non è dritto («sono più bello in bici rispetto a quando cammino»), ha una mascella ricostruita col titanio («sono più leggero, vado meglio in salita...», ci scherza su), ma torna a fare il suo mestiere e questo conta. «Sono risalito in sella con voglia e non con paura, ho pure ricominciato a guardare le corse alla tv, prima mi davano la stessa sensazione di una partita di volley. Veder Cancellara vincere l’oro olimpico mi ha fatto male, dicevano che il tracciato non mi si adattasse e ha vinto uno simile a me. Cosa mi aspetto adesso? Ho mille dubbi, non so se tornerò l’Adriano di prima, anche se in bici le sensazioni sono buone: di sicuro, se mi mancherà un dieci per cento per essere al top, ci arriverò con la testa».