Domenica 19 Maggio 2024

Milano, effettuato il primo trapianto da donatore 'samaritano'

Una persona ha donato un organo gratuitamente e senza sapere a chi sarà trapiantato. La donatrice ha ceduto un rene

Trapianti, un'equipe medica al lavoro (Ansa)

Trapianti, un'equipe medica al lavoro (Ansa)

Roma, 9 aprile 2015 - È stato effettuato in Italia, a Milano, il primo trapianto d'organo, in questo caso di rene, da donatore samaritano, ovvero da una persona che gratuitamente è disposta a donare in vita un organo senza sapere a chi sarà trapiantato. La donatrice è una donna.

In Italia questo tipo di intervento è possibile dal 2010, ma solo ora è stato effettuato un primo trapianto samaritano. Una modalità, quella della donazione samaritana, che ha suscitato non poche polemiche e che è possibile solo per i reni. Nel primo caso italiano, la donazione ha anche innescato un effetto cross over rendendo possibili altri trapianti a catena: sono stati così trapiantati 5 reni a coppie incompatibili, e domani il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e il direttore del Centro Nazionale Trapianti (Cnt), Alessandro Nanni Costa, presenteranno i risultati di questo intervento in una conferenza stampa.

È dunque dal 2010 che tale pratica - ammessa negli Stati Uniti, in Olanda e in alcuni paesi scandinavi - è possibile anche in Italia: in quell'anno, infatti, la contemporanea offerta di 3 samaritani senza alcuna relazione fra loro in punti diversi della rete trapiantologica pose il tema in modo rilevante. Sulla delicata questione si pronunciarono, in senso positivo, sia il Consiglio superiore di sanità sia il Comitato nazionale di bioetica, sottolineando però la necessità di alcuni 'paletti', a partire dalla garanzia dell'anonimato, l'istituzione di un registro dei potenziali ed effettivi donatori e la valutazione psicologica del donatore. La questione resta però dibattuta e già nel 2010 un parere contrario alla donazione samaritana - la cui definizione deriva da un riferimento al Vangelo - venne espresso dal direttore del Centro di Ateneo di Bioetica dell'Università Cattolica, Adriano Pessina, secondo cui "la via ordinaria della medicina deve passare attraverso il prelievo degli organi da cadavere e non può aprirsi all'idea che si possano creare mutilazioni e situazioni patologiche per rispondere alle esigenze di salute dei pazienti, creando un circolo vizioso e improprio".