Portici (Napoli), 28 ottobre 2017 - Marco Minniti, ministro dell'Interno in prima fila sul fronte immigrazione, suona la carica sullo ius soli: il Pd deve assumere "l'impegno solenne" di condurre in porto la legge sulla cittadinanza "entro la fine della legislatura". E il premier Paolo Gentiloni imprime il suo sigillo all'impegno: "Abbiamo un lavoro da completare e impegni su leggi importanti come quella sulla cittadinanza su cui lavoreremo per creare le condizioni perché possano essere finalmente approvate dal Parlamento". La spinta del governo c'è: avanti con la fiducia. E Minniti invita il partito a dare la stessa spinta, perché "un grande partito si batte, decide, convince e non può rinunciare".
L'impulso è a superare il no di Ap e accogliere la sfida dei numeri in Aula al Senato. Ma tra le fila Dem risuona anche come un monito a non cedere a perplessità e timidezze, alla luce dei sondaggi che, alle soglie del voto, svelano che la legge è tutt'altro che popolare tra gli elettori. Certo, approvare lo ius soli parla a quel "popolo della sinistra" che il Pd non può permettersi di perdere. Ma tra i parlamentari c'è chi rivela dubbi sull'opportunità di accelerare ora e la speranza che Matteo Renzi cambi idea "in tempo". Anna Finocchiaro sottolinea che "l'impegno Pd è fondamentale".
"Non è una legge sull'immigrazione ma sull'integrazione, sono due cose radicalmente diverse", scandisce Minniti. Dunque, avanti con la fiducia. La finestra nel calendario di Palazzo Madama è quella che si aprirà tra fine novembre e metà dicembre, dopo il primo via libera alla legge di bilancio. Non si esclude neanche di votare il testo subito dopo il varo della manovra e prima che Mattarella sciolga le Camere, come ultimo atto della legislatura.
E i voti? I verdiniani di Ala, i bersaniani di Mdp e i sette senatori di Sinistra italiana non bastano a compensare l'assenza dei voti dei trenta di Ap. I numeri sono sul filo. E il tentativo in corso è quello di convincere alcuni dei senatori alfaniani a uscire dall'Aula, abbassando la quota dei no. Resterebbero in Aula a votare no - è il ragionamento - i senatori di Ap che puntano sull'alleanza con la destra alle prossime elezioni. C'è anche la carta di modificare il testo e ridurre la legge al solo "ius culturae" gradito ai centristi. In ogni caso, al momento l'opzione viene tenuta da parte: il testo dovrebbe poi tornare alla Camera, ma il tempo stringe, la legislatura è agli sgoccioli.