Giovedì 25 Aprile 2024

La parola alla politica

STEFANO CECCANTI

QUANDO la riforma elettorale fu votata a Montecitorio tutti avevano pensato di limitarla solo alla Camera, dato che il Senato doveva trasformarsi in assemblea delle autonomie. I problemi di costituzionalità sollevati erano tre: soglia bassa del 37% per evitare il secondo turno, sbarramenti in qualche caso molto elevati, liste bloccate sia pure ridotte. Il problema della legittimità, a Costituzione invariata, di due sistemi in parte divaricanti, peraltro tradizionali sin dalla Costituente, allora non era stato sollevato. Anzi era stato posto il problema contrario, quello che avrebbero creato due leggi identiche, col rischio di due premi a schieramenti opposti. La logica dell’Italicum Camera e quella del Consultellum Senato, invece, sono diverse, ma non opposte. Quello uscito dalla Corte per il Senato è un sistema selettivo, per le soglie elevate sulla dimensione regionale (20% per le coalizioni, 3 per le liste dentro le coalizioni e 8 per quelle non coalizzate). La differenza risiederebbe nel fatto che l’Italicum Camera garantirebbe una maggioranza, mentre il Consultellum Senato la favorirebbe. Esito discutibile sul piano politico, comunque gestibile (il vincitore della Camera sarebbe lì autosufficiente e dovrebbe, caso mai, negoziare accordi ulteriori da posizioni di forza), ma su cui non sembrano esservi questioni ben motivate di costituzionalità.

AL DI LÀ pertanto della buona fede e dell’autorevolezza di singoli studiosi, la ragione per cui oggi viene sollevato il problema è di tipo politico, non costituzionale. Si sommano vari timori, a cominciare da quello per il quale il Presidente del Consiglio, appena votata la legge della Camera in via definitiva, potrebbe tentare di andare al voto anticipato, a cui tutti si sentono impreparati. Se il problema è politico, la soluzione deve essere politica, facendo andare a ritmo più accelerato la riforma costituzionale rispetto a quella elettorale, dimostrando così che si vuole la principale (il voto per la sola Camera, col Senato già riformato) e non una subordinata, senza andarsi a complicare la vita con norme che potrebbero risultare controproducenti. Se però si volesse proprio mettere una clausola per l’entrata in vigore differita sarebbe necessaria una data certa per incentivare l’approvazione della riforma costituzionale, ad esempio l’1 gennaio 2016.