Venerdì 3 Maggio 2024

Joe, straordinario interprete

MITO dell’Inghilterra industriale, John Robert Cocker, classe 1944, è l’anima ruvida, di catrame, del blues rock bianco. L’eroe imprevisto di Woodstock con «With a Little Help from My Friends» nel 1969, non la sua prima cover beatlesiana. Diventa erotico e pop negli anni ’80 con «You Can Leave Your Hat On» di Randy Newman, nella colonna sonora di «Nove settimane e 1/2». Joe è stato semplicemente unico. Nato e cresciuto fino a 20 anni a Sheffield, deve a un’altra band del proletariato britannico, i Beatles, le canzoni sui cui costruire un leggenda. Per sottrazione ed enfatizzazione. Una voce scolpita nel silenzio e nelle declinazioni sentimentali ed esistenziali del dolore, quella di Joe, che ebbe problemi di alcol, come la classe operaia britannica, e di droga, come molti della sua generazione. Ma è anche il primo rocker che reinventa il blues bianco, non più filologico, come quello di John Mayall, o «blue velvet» alla Eric Clapton. Ma mitologico, chiave titanica di un piccolo uomo per raccontare la vita. Degli altri. E qui sta la sua vera grandezza: Cocker è più che autore interprete straordinario del songbook inglese e americano della nuova musica, lo fa da crooner disperato («Cry Me a River»), che può solo grattugiare gli spartiti fino a mostrarci il cuore. Joe ricanta anche Bob Dylan («Girl from North Country») e Leonard Cohen, gli Stones («Honky Tonk Woman»), i Box Tops («The Letter»), i Traffic («Feelin’ Alright»). E Stevie Winwood, con Jimmy Page, nobilita idee e sound delle sue prime band.  

IL REPERTORIO perfetto è un ellittico ritorno a Lennon-McCartney in «She Came In Through the Bathroom Window», passa per Marvin Gaye («I Heard It Through The Grapevine»), «You Are So Beautiful» e «Unchain My Heart». «Delta lady» di Leon Russell. Van Morrison, Stevie Wonder, Lovin’ Spoonful («Summer in the City»), Robbie Robertson, sono altri autori al suo servizio. Senza dimenticare che «Mad Dogs & Englishmen» (1970) è uno dei live più potenti della storia del rock, anche se la sua musica è la versione bianca di un soul totale, che attraversa i generi conosciuti. Cocker conosce il valore di chi suona, arrangia e produce la musica, chiama per i suoi album Allen Toussaint e Don Was; in «Sheffield Steel», amarcord d’acciaio della sua adolescenza, i giamaicani Sly and Robbie e Jimmy Cliff, il chitarrista Adrian Belew. Prova anche la fusion con i Crusaders. Vederlo muoversi, fragile, scattoso e posseduto, sul palco, smuoveva emozioni profonde. Scendeva come un minatore dall’inferno al paradiso possibile di chi ha molto peccato. Forse per questo è stato credibile nello strip erotico di «Nove settimane e 1/2)». Le canzoni dei neri hanno sempre parlato di esplicito sesso, con o senza cappello.