Mercoledì 24 Aprile 2024

Investimenti Ue, pochi soldi veriJuncker incassa l'ok della Merkel

BRUXELLES IL PIANO da 300 miliardi di euro per gli investimenti di Jean-Claude Juncker può funzionare solo se i governi ci mettono i soldi: l'Ue si può permettere solo uno schema di garanzie, ed ecco che il principale investitore da attrarre diviene quello pubblico. Con una mossa a sorpresa neanche troppo in verità Juncker apre allo scorporo della spesa per gli investimenti dal patto di stabilità. Non verrà considerata, dunque, quando si tratterà di dare giudizi sullo stato delle finanze pubbliche. Era scritto nelle carte, ma in modo poco chiaro. Volutamente poco chiaro, come dimostrato da Juncker. «NON DOBBIAMO tradire le regole del patto di stabilità che abbiamo pattuito, altrimenti non saremmo credibili», premette il lussemburghese a Strasburgo per tenersi buoni i popolari, difensori del rigore. «Se gli Stati membri vogliono contribuire, il contributo al nuovo fondo per gli investimenti sarà scomputato dal conto del deficit e del debito», dice quindi per assicurarsi il sostegno dei socialisti (S&D), che proprio su questo hanno fondato il loro sostegno a Juncker. «È la flessibilità di bilancio di cui abbiamo bisogno», gongola un soddisfatto Gianni Pittella, presidente del gruppo S&D. Attenti, però: Juncker si dimostra fine politico quando dice che lo scorporo avverrà «se un Paese non rispetta il patto di stabilità quando partecipa al fondo». Che vuol dire? Può un Paese come l'Italia, già alle prese con problemi di debito, avvalersi di questa clemenza' o può chi ha i conti in ordine e si indebita solo per finanziare il piano Juncker? Non è chiaro, ed è facile capire perché. I FALCHI del rigore non mollano. La Germania, dice la cancelliera tedesca Angela Merkel, sostiene Juncker «nella verifica severa dei piani di bilancio degli Stati membri». Quanto al patto di stabilità, quello non si tocca. «L'affidabilità delle regole comuni è di grande significato per la fiducia nell'Eurozona», ammonisce Merkel. L'Italia, con il ministro dell'Economia, rassicura gli interlocutori. «Per favorire gli investimenti servono riforme», sostiene Pier Carlo Padoan, che da sempre rivendica gli sforzi tricolori in questo ambito, validi secondo il governo come carta di credito in Europa. Ma per Renzi «si può fare di più, l'Italia sarà salvata non dall'Europa ma dagli italiani». Si riaccende dunque il dibattito tra Paesi. «Non è la Commissione a chiedere il rispetto delle regole», ricorda non a caso Juncker. La Commissione propone, il Consiglio decide, e la Commissione si fa garante di quanto deciso: le regole possono cambiarle solo gli Stati, su input della Commissione. L'input c'è, su un tema che divide l'Europa. E che conferma come il piano Juncker sia tutto una scommessa. Emanuele Bonini