Giovedì 2 Maggio 2024

Il papa di House of Cards' «Il premier non tema i nemici»

Stefano Grassi ROMA LA DOMANDA è d'obbligo: come lo vede il nostro premier Renzi? Michael Dobbs, classe 1948, ex consigliere di Margaret Thatcher, da cui si separò bruscamente per insanabili divergenze di vedute, più che per la sua innegabie esperienza politica è tirato in ballo per i suoi successi letterari e poi televisivi. È infatti lui che, depresso e arrabbiato, dopo la rottura con la Lady di ferro, si diede nel 1989 alla scrittura pubblicando il romanzo House of Cards, diventato poi un seguitissimo serial televisivo, prima in Gran Bretagna e poi in Usa con quella che ora giunge alla terza serie voluta da Kevin Spacey, ormai fenomeno globale. «C'è una cosa che bisogna sapere di Frank Underwood, il perfido uomo di potere interpretato da Spacey, che non si ferma di fronte a nulla pur di raggiungere il suo obiettivo, la conquista del potere supremo», dice Dobbs, di passaggio per Roma per incontrare alla libreria Fandango i suoi fans. Cosa? «Nonostante la sua malvagità, Underwood usa un'efficacissima tecnica retorica: si rivolge direttamente al pubblico spiegando nei dettagli le ragioni e gli obiettivi di ogni suo gesto. Rendendolo così complice e affine. Ragion per cui lo spettatore tenderà a simpatizzare con il protagionista a dispetto della sua perturbante negatività». E Renzi che cosa c'entra? «Quello che vedo in Renzi e che fa di lui un politico vincente sta secondo me proprio in questa risorsa: lui si rivolge sempre al pubblico. Per lui gli elettori sono un pubblico che intende rendere partecipe e ci riesce benissimo facendo poca comunella con gli altri politici, ma puntando sempre il suo sguardo nella telecamera e bucando lo schermo. Un politico non dev'essere amato, ma rispettato. Al vostro premier consiglio di tenere nell' armadio un paio di stivali chiodati, come faceva la Thatcher». Tornando alla fortunata serie tv, come è possibile che la gente simpatizzi con un personaggio tanto malvagio? «Prendiamo Macbeth. Il pubblico di Shakespeare non poteva sopportare una realtà troppo complessa e Macbeth non può lavare via la macchia di sangue dalle sue mani. Frank Underwood no. Dopo l'assassinio non si lascia sopraffare dai suoi fantasmi. Quando il rubinetto gocciola ricordandoci il dramma di Macbeth che si lava e rilava, Spacey con un martello interviene brutalmente e spaccare il rubinetto. Risolve il problema alla radice». E questo è comprensibile per lo spettatore moderno? «Sì, noi tutti oggi siamo perfettamente consapevoli della complessità del potere. Sappiamo che il potere richiede spietatezza, ma è necessario che qualcuno se ne assuma onori ed oneri. Per la salvaguardia di noi tutti».