Venerdì 26 Aprile 2024

Un passo avanti

TORNA il reato del falso in bilancio. Ed è sicuramente un passo in avanti nel Paese che è ai primi posti nel mondo nella poco invidiata classifica della corruzione. La nuova norma, varata ieri dal Senato, mette fine alla lunga stagione della «depenalizzazione» inaugurata, nel 2002, da Berlusconi. Introduce pene severissime, le più dure d’Europa, per le società quotate che «truccano» i conti: da 3 a 8 anni. Sanzioni sacrosante dal momento che sui mercati si raccolgono anche i risparmi dei cittadini. Meno definito il perimetro del reato per le società non quotate. In questo caso la pena varia dai 2 ai 5 anni (oltre questo limite sarebbe scattata anche la possibilità delle intercettazioni). E può essere ridotta da sei mesi a tre anni nel caso di irregolarità lievi. Non c’è, invece, quella soglia minima di punibilità che, sia pure sottovoce, era stata suggerita dal mondo delle imprese.

Resta il fatto che sono molti i capitoli della legge lasciati alla discrezionalità e all’interpretazione dei giudici. Vuoti che riflettono i punti politicamente più deboli della nuova norma: è nata sull’onda lunga delle inchieste sulla corruzione e si è retta, nel suo cammino parlamentare, sui complessi e delicati equilibri del governo Renzi.

TANTO che, ieri, il testo ha superato l’esame solo per una manciati di voti: a Palazzo Madama, l’astensione di Sel e M5s ha avuto lo stesso valore dei no di Forza Italia. Ancora una volta, insomma, la politica non è riuscita a svolgere in pieno il suo ruolo. Eppure, la nuova legge, ha anche una forte valenza economica. La norma proietta lo sguardo dei magistrati su uno dei momenti più delicati della vita di un’impresa. E, come è ben scritto sui manuali di diritto commerciale, il bilancio è di per sé un documento infedele perché fotografa una realtà in movimento. IN UN MONDO dove la competizione si gioca anche sulla certezza del diritto, forse i margini di discrezionalità della legge potrebbero creare qualche problema, soprattutto alle piccole e medie imprese non quotate. Anche se bisogna sempre ricordare che la vecchia normativa, con le sue maglie troppo larghe, era incapace di porre un argine al dilagare di mazzette e tangenti. E, la corruzione, non solo brucia quote rilevanti dell’economia ma scoraggia i nuovi investimenti, soprattutto quelli stranieri. Da questo punto di vista, le nuove regole, dovrebbero per lo meno farci recuperare punti di credibilità: quello che forse, in questo momento, sta più a cuore a Renzi.