Giovedì 25 Aprile 2024

Elezioni Francia, Parigi rischia un presidente senza governo

Macron raccoglie consensi al centro, a destra e a sinistra. Ma soffrirà alle politiche

Manuel Valls (a sinistra) con Emmanuel Macron (destra) (Ansa)

Manuel Valls (a sinistra) con Emmanuel Macron (destra) (Ansa)

Roma, 30 marzo 2017 - Manuel Valls, ex primo ministro socialista di Hollande, sconfitto alle primarie del Ps da Benoît Hamon, della sinistra del partito, ha annunciato ieri di voler sostenere il candidato indipendente Emmanuel Macron, dal 2014 al 2016 ministro dell’economia.

È l’ennesimo smottamento nella politica francese prodotto dalla corsa verso le elezioni presidenziali del 23 aprile e del 7 maggio. I candidati che secondo i sondaggi si confronteranno al secondo turno sono estranei ai due partiti che hanno retto il sistema politico-istituzionale della V Repubblica: la leader del Fronte nazionale Marine Le Pen e, appunto, Macron. Come Le Pen, anche Macron è un candidato ‘contro i partiti’, che ritiene responsabili della crisi francese.

Europeista, espressione di una sinistra liberale, ma dal discorso piuttosto ambiguo, Macron ha conquistato una parte dell’opinione pubblica, molti media, quadri e imprenditori, il mondo della finanza (compreso il discusso Bolloré). Senza partito, enarca, protagonista di una fulminea carriera alla Banca Rothschild prima di entrare nell’entourage di Hollande, è considerato, oltre che uomo colto e brillante, grande seduttore.

Nell’ultimo anno ha costruito un movimento, En Marche, forse l’embrione di un partito personale (EM, come Emmanuel Macron), una sorta di start-up, con l’utilizzo intensivo degli strumenti del marketing politico, strumenti che, stando – per esempio – al modo in cui sono orchestrati i suoi meeting, paiono funzionali anche alla costruzione del suo stesso personaggio.

RACCOGLIE consensi al centro, a sinistra, a destra e, nelle ultime settimane, si sono moltiplicati gli endorsement della politica, tanto che lui stesso, per non fornire l’immagine di un movimento omnibus, ha precisato che i «sostegni valgono un voto, non un’investitura».

Macron ha accelerato la crisi del Ps, che non ha mai metabolizzato la natura presidenziale del sistema e non è riuscito a uscire dalla contrapposizione tra le due anime anticapitalista e riformista e oggi (secondo i sondaggi) con Hamon si posiziona dietro alla sinistra estrema di Mélenchon. Ma mette in difficoltà anche i gollisti, azzoppati dalle inchieste che hanno colpito François Fillon, che non ha voluto rinunciare alla candidatura a favore di Juppé, più liberale e che facilmente avrebbe conquistato la presidenza.

Ma un Macron all’Eliseo, per essere un presidente ‘governante’ necessita della maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale.

I SUOI candidati alle legislative di giugno (che saranno scelti tra politici e soprattutto ‘società civile’, come si conviene a una forza che ha fatto dell’antipolitica la sua cifra) godrebbero del trascinamento del voto presidenziale. Ma nella Francia dei collegi uninominali il radicamento territoriale è importante ed è altrettanto ipotizzabile che socialisti, gollisti e frontisti riuscirebbero comunque a conquistare numerosi seggi. Senza quella maggioranza, un Macron presidente potrebbe così diventare il magnete di un sistema trasformistico che governa dal centro contro diverse opposizioni. Una situazione che può convivere con istituzioni deboli, non con il forte assetto semi-presidenziale, che si regge sulla potenziale alternanza di grandi partiti.

La Francia ha forse di fronte la più grande crisi istituzionale degli ultimi sessant’anni. Ma aspettiamo l’esito delle elezioni.