Domenica 28 Aprile 2024

Trump e il decreto anti-immigrati, dilaga la protesta negli Usa

Manifestazione davanti alla Casa Bianca e a NY. Caos negli aeroporti, dove sono stati fermati centinaia di stranieri. Il tycoon: "Confini forti, non come in Europa"

Proteste contro il decreto Trump all'aeroporto Jfk di New York (Olycom)

Proteste contro il decreto Trump all'aeroporto Jfk di New York (Olycom)

Washington, 29 gennaio 2017 - Tutti contro Donald Trump e la sua decisione di chiudere le frontiere. Dalla premier britannica Theresa May al primo ministro canadese Justin Trudeau, dal fondatore di Facebook Mark Zuckerberg al premio Nobel per la pace Malala Yousafzai, tutti a contestare il blocco per 4 mesi dell'immigrazione in Usa e la black list di 7 paesi islamici. Trump non si lascia scomporre dalle critiche, e twitta: "Servono confini, non come in Europa...".

Trump, veterinaria italo-iraniana bloccata in aeroporto. "Salvata" con internet

PROTESTE ALLA CASA BIANCA - Negli Stati Uniti dilaga la protesta: a Washington migliaia di persone si sono ritrovate davanti alla Casa Bianca per la manifestazione "No Muslim ban" (no al bando per i musulmani), promossa sui social con il motto "Non staremo in silenzio. Combattiamo", mentre a New York una folla coloratissima e multietnica si è radunata a Battery Park e scandisce gli slogan 'No Ban No Wall', 'Dump Trump', 'We are all american'. Contro la decisione di Trump sono scesi in campo anche i tassisti dI NY, che hanno scioperato per un'ora lasciando vuoti i parcheggi dell'aeroporto Jfk.

CAOS AEROPORTI - Ed è caos negli aeroporti statunitensi proprio a causa del divieto temporale all'entrata negli Stati Uniti per i cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana con migliaia di persone che manifestano, mentre avvocati e associazioni dei diritti umani si mobilitano per offrire assistenza legale agli stranieri fermati o detenuti nei terminal di New York, Chicago, Los Angeles, Boston, Atlanta e in altri scali.

LOTTA LEGALE - Intanto un giudice federale ha bloccato parte del contestato divieto: Ann M. Donnelly, del tribunale del distretto federale di Brooklyn, a New York, ha stabilito che i rifugiati o altre persone interessate dalla misura e che sono arrivati negli aeroporti statunitensi, non possano essere espulsi. Contemporaneamente i procuratori generali di 15 stati e della capitale hanno emesso una dichiarazione congiunta con cui condannano come incostituzionale il bando. 

La Casa Bianca minimizza: "Non è il caos. Solo due dozzine di viaggiatori sono stati bloccati negli aeroporti", dichiara il capo staff Reince Priebus, sottolineando che circa 325mila viaggiatori sono entrati ieri negli Stati Uniti e 109 sono stati fermati. "La maggior parte di questi è stata poi lasciata passare", ha precisato. Ma secondo il New York Times, Trump avrebbe già depotenziato l'ordine esecutivo, esentando dal divieto di ingresso i possessori della carta verde, quella che garantisce il soggiorno su territorio americano. 

image

IL TWEET DI TRUMP - Donald Trump torna a ribadire le ragioni che lo hanno condotto a emanare il bando: "Il nostro Paese ha bisogno di confini robusti e severamente controllati, ORA", scrive il presidente americano su Twitter. "Andate a vedere ciò che accade in tutta Europa e nel mondo, una orrenda confusine!".

CRISTIANI RESPINTI - Le storie di disperazione non si contano, raccontiamo quella di due famiglie di profughi cristiani della Siria, che erano arrivate in aereo a Filadelfia e sono state costrette a ripartire, vedendo così sfumare 15 anni di sforzi per raggiungere i parenti americani.  Il gruppo - due fratelli con le mogli e i figli - aveva lasciato la Siria con 16 valigie e aveva raggiunto il Libano. Da Beirut aveva preso un volo per Doha, in Qatar, e da lì, con i visti in regola per gli Stati Uniti, era partito per Filadelfia, dove è giunto ieri ignaro delle nuove restrizioni. Alle due famiglie, in cui nessuno parlava bene l'inglese, è stato comunicato che sarebbero state detenute e private del visto se non fossero ripartite per Doha. Inoltre è stato proibito loro di fare telefonate o usare Internet. 

Le due famiglie espulse sono cristiane-ortodosse e quindi appartengono a quelle minoranze religiose perseguitate che Trump ha detto di voler privilegiare in futuro per l'accoglienza dei profughi. I parenti 'americani' gli avevano anche comprato una casa in cui si sarebbero dovuti sistemare e ricominciare le loro vite, lontano dagli orrori della guerra.

CANADA - E, pendendo le distanze della Casa Bianca, il premier canadese Justin Trudeau ha affermato la volontà del suo Paese di accogliere i rifugiati "indipendentemente dalla loro fede". "A coloro che fuggono da persecuzione, terrore e guerra, il Canada vi accoglierà, indipendentemente dalla vostra fede. La diversità è la nostra forza. Benvenuti in Canada", ha scritto il premier, su Twitter. 

GERMANIA - Gli fa eco dalla Germania Angela Merkel, per la quale lo stop agli ingressi in Usa dei rifugiati provenienti da alcuni paesi "non è giustificato". La cancelliera tedesca, ha spiegato il portavoce Steffen Seibert, "è convinta che anche la necessaria lotta al terrorismo non giustifica" una misura del genere "solo in base all'origine o al credo" delle persone.

ITALIA - Dall'Italia il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, twitta:

E in Europa crescono le fila di coloro che criticano Trump, tra loro anche la leader dei conservatori scozzesi Ruth Davidson.  

GRAN BRETAGNA - Anche il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson si schiera contro il bando imposto da Donald Trump agli arrivi da sette Paesi a maggioranza islamica. "Proteggeremo i diritti e le libertà dei cittadini del Regno Unito in patria e all'estero. È divisivo e sbagliato stigmatizzare in base alla nazionalità", ha twittato Johnson, alfiere di quella Brexit lodata apertamente da Trump. Anche la premier Theresa May d'altra parte si è detta in disaccordo con il decreto firmato dal presidente Usa.

E intanto nel Regno Unito gira una petizione - 80 mila forme in poche ore, tra cui quella del leader laburista Jeremy Corbyn - in cui si chiede venga impedita la visita ufficiale nel Regno Unito del presidente americano Donald Trump.

LEGA ARABA PREOCCUPATA - Il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, si è detto "profondamente preoccupato" per le "restrizioni ingiustificate" adottate dal presidente americano Donald Trump nei confronti dei cittadini di 7 Paesi islamici. Lo scrive l'agenzia egiziana Mena.