Mercoledì 24 Aprile 2024

Pensioni, inizia l’era dell’Ape. Via in anticipo ma con penalità

‘Scontati’ tre anni e sette mesi. Le uscite a partire dal primo maggio. L'importo non potrà superare un valore del 95%

Nuove norme sulle pensioni

Nuove norme sulle pensioni

Roma, 3 gennaio 2017 - Il 2017 sarà l’anno dell’Ape. Il nuovo anticipo pensionistico debutterà nei prossimi mesi e, non appena il governo darà il via libera al decreto attuativo entro poche settimane, sarà possibile cominciare a mettersi in fila per presentare la domanda per ottenere l’anticipo dal primo maggio prossimo.

L’impianto del meccanismo, nella sua versione volontaria e aziendale, è quello del prestito corrisposto a quote mensili «a un assicurato in possesso dei requisiti» di almeno 63 anni di età e che conquisti le condizioni per la pensione di vecchiaia (in linea generale 66 anni e 7 mesi) entro tre anni e 7 mesi. E proprio da quel momento partirà la restituzione di quanto ottenuto «con rate di ammortamento mensili per una durata di venti anni». L’anticipo, dunque, potrà essere al massimo di 3 anni e 7 mesi, mentre la durata minima è fissata in sei mesi.

Il costo sarà del 4,6%-4,7% per ogni anno anticipato rispetto all’età di vecchiaia. A questo risultato, però, si arriva perché gli interessati potranno contare anche su uno sconto fiscale. «A fronte degli interessi sul finanziamento - come prevede la legge - e dei premi assicurativi per la copertura del rischio di premorienza, è riconosciuto un credito di imposta annuo nella misura del 50 per cento dell’importo pari a un ventesimo degli interessi e dei premi assicurativi complessivamente pattuiti».

Il credito è riconosciuto mensilmente e non in sede di dichiarazione dei redditi: il che vuol dire che il lavoratore pagherà una rata mensile più bassa. Con il dimezzamento di interessi e premi. In ogni caso, a fissare le coordinate del costo del finanziamento sarà la convenzione che ministero dell’Economia e del Lavoro dovranno firmare entro poche settimane con Abi e Ania.

A richiedere l’Ape, introdotta in via sperimentale fino al 31 dicembre 2018, possono essere tutti i lavoratori (iscritti alle varie gestioni, compresa la gestione separata Inps) che raggiungano l’età minima indicata. Ma «non potranno ottenere l’Ape gli assicurati il cui importo della pensione sia inferiore, al momento dell’accesso alla prestazione, a 1,4 volte» il trattamento minimo Inps (pari per il 2017 a 702,65 euro).

Quanto all’ammontare, l’Ape non potrà superare un valore pari al 95 per cento dell’importo della pensione «spettante all’assicurato al momento della richiesta dell’Ape stessa, come calcolata dall’Inps». Le somme erogate sotto forma di Ape «non concorrono a formare il reddito» ai fini dell’Irpef. In pratica, il prestito è esentasse.

Fin qui l’Ape volontaria. Con l’Ape agevolato o social, invece, le persone in situazione di difficoltà come disoccupati, disabili (con invalidità civile non inferiore al 74 per cento) e lavoratori con parenti di primo grado conviventi disabili ma anche coloro che sono impegnati in attività gravose con almeno 63 anni di età potranno contare su un reddito ponte interamente a carico dello Stato per gli anni che mancano per raggiungere la pensione di vecchiaia. Bisognerà avere però almeno 30 anni di contributi se disoccupati o disabili o con parenti disabili e 36 se si è impegnati in attività faticose come individuate dalla stessa legge. L’Ape gratuito potrà essere erogato fino a un tetto massimo mensile di 1.500 euro.

Quanto all’Ape aziendale, questo è simile a quello volontario nelle condizioni e nei costi. Ma si rivela uno strumento utile per gestire crisi di impresa e ristrutturazioni. Con il datore di lavoro che partecipa all’operazione versando i contributi che il lavoratore perde per effetto dell’anticipo.

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