Lunedì 6 Maggio 2024

Conti, pronta la lettera per Bruxelles. Il governo vuole dimezzare i tagli

Misure per 1,7 miliardi invece dei 3,4 richiesti. Ma i toni saranno soft L'economista: "Regole folli, l'Italia dica no"

Pierre Moscovici e Pier Carlo Padoan (Ansa)

Pierre Moscovici e Pier Carlo Padoan (Ansa)

Roma, 1 febbraio 2017 - Obiettivo, evitare la procedura di infrazione. I toni della lettera che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, invierà oggi a Bruxelles, saranno più rassicuranti possibile nel tentativo di trovare «un compromesso ragionevole» che, più che ai decimali, guardi alla politica e che abbracci «un arco di tempo pluriennale». Ma non ci saranno le misure puntuali che la Commissione chiede per trovare quei 3,4 miliardi derivanti dallo scostamento dello 0,2% sull’obiettivo di medio termine, cioè il deficit strutturale che nel 2017 il governo ha previsto di far salire al 2,4%. Provvedimenti più puntuali potrebbero essere indicati con il Def di aprile ma, nel governo, nessuno scommette che un eventuale decreto possa essere varato dall’esecutivo in carica.

IL TESORO risponderà ai rilievi europei, a partire dall’alto debito, indicando i «fattori rilevanti» che ne hanno rallentato la discesa, come la bassa crescita e la deflazione, giustificando lo scostamento dagli obiettivi. Ma, soprattutto, verranno elencate le «circostanze eccezionali»: la Brexit, l’immigrazione e, soprattutto, il terremoto. Un’emergenza, quest’ultima, diventata ormai strutturale con il nuovo sisma di gennaio, e tale da giustificare un’ulteriore scomputo delle spese dal calcolo del deficit. Il punto è quali considerare emergenza e quali no. Il governo punta a inserire una parte di quelle contenute nel programma di prevenzione come «strutturali» in modo da dimezzare la richiesta a 1,5-1,7 miliardi. Su questa cifra, la lettera si limiterà a indicare le mosse successive che Padoan illustrerà domani in Senato.

Una strategia basata soprattutto sulla lotta all’evasione, con il rafforzamento di due misure, lo split payment nella Pa (lo Stato versa direttamente a se stesso l’Iva per l’acquisto di beni e servizi) e il reverse charge (l’inversione contabile dell’Iva) ampliata a settori come la grande distribuzione: potrebbe fruttare fino a un miliardo, cui aggiungere qualche centinaio di milioni da cercare nelle pieghe di bilancio o con tagli ai ministeri. Si pensa anche di allargare la rottamazione delle cartelle di Equitalia e ritoccare le accise sulla benzina. Misure che tengano conto di quanto, «riforme, misure per la crescita, recupero dall’evasione, sostenibilità del debito», sottolinea il Tesoro. Scelte «coerenti con una strategia di lungo periodo nell’interesse del Paese».

Intanto, ieri l’inflazione nell’area euro ha segnato un balzo in avanti, arrivando a ridosso dei livelli obiettivo delle massicce misure di stimolo all’economia targate Bce. A gennaio la crescita media dei prezzi al consumo su base annua ha raggiunto l’1,8% contro un target fissato da Draghi «inferiore ma vicino al 2%» sulla media di 18-24 mesi. Il pressing tedesco contro questa politica è destinato a farsi più duro e, con la Bce che a marzo ridurrà l’acquisto di titoli da 80 a 60 miliardi al mese, l’allargarsi dello spread tra Btp e Bund (ieri a 183) preoccupa.

DOPO 19 miliardi di flessibilità in tre anni, la Commissione ora vuole impegni precisi, anche perché il vento elettorale non soffia solo qui. A portare a più miti consigli potrebbe contribuire l’aggressività di Trump, che sta mettendo l’Europa alle corde, tanto che il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha lanciato un appello all’unità. Gentiloni lo incontrerà oggi a palazzo Chigi, proprio nelle ore in cui la lettera del Tesoro arriverà sul tavolo della Commissione. Il premier si è fatto garante della linea di Renzi: nessuna manovra depressiva, niente misure estemporanee. Ma nemmeno rottura, idea che diversi uomini vicini al segretario Pd accarezzano: «Una procedura di infrazione sarebbe una medaglia di cui fregiarsi in vista delle urne», sussurrano.

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