Giovedì 2 Maggio 2024

di DEBORAH BONETTI

LONDRA MENTRE la Scozia si prepara a votare sul possibile divorzio dal Regno Unito, la capitale soffre la frustrazione dell’attesa, divisa fra i (pochi) sì dei sognatori e i tanti no, soprattutto della City, che teme il collasso. Si sa che Londra non è più né inglese né bianca ormai da tempo. Un vero e proprio crogiuolo di razze e nazionalità, la capitale del Regno Unito è quasi universalmente per il no sul referendum scozzese, non solo per ragioni pratiche, ma anche perché vive dei principi di tolleranza e di accoglienza del diverso che sono l’esatta negazione di un voto a favore dell’indipendenza scozzese. Londra unisce centinaia di popoli diversi. In un solo giorno si può venire a contatto con decine di nazionalità diverse, dal postino (Pakistan) al guidatore di autobus (Nigeria), dalla commessa del market (Filippine) al personale della tintoria (Ungheria). Ci sono la panetteria all’angolo (Francia) e il coffee-shop accanto (America), la parrucchiera (Iran) e il barbiere (Cipro), il centro massaggi (Cina) e il chiosco dei giornali (Eire). Chiedere cosa ne pensano del referendum restituisce un coro soprattutto di no. PARTE Sanjiv (pachistano, postino): «L’indipendenza della Scozia sarebbe una follia. Ma la posta chi gliela porterebbe? Allo stesso prezzo di adesso se la possono scordare. Anche se però li capisco: 300 anni sotto gli inglesi...». Il fiorista, Marian, è rumeno: «Sono qui da quasi 5 anni e mi sembra che tutti vogliamo essere più uniti. Penso che costerebbe caro agli scozzesi staccarsi...». Al pub irlandese Moira al banco dice: «Non so che pensare. Ambedue le parti sono convincenti, ma sui punti cruciali esagerano. Non saprei decidere, ma so che l’idea dell’indipendenza fa sognare». John serve ai tavoli ed è irlandese: «Per la voglia di dire: ‘siamo scozzesi non britannici’, lo capisco un voto per il sì. Ma per il resto voterei no». Rhodri, cameraman gallese, è ambivalente: «Odio gli inglesi come il prossimo, ma staccarsi dall’unione sarebbe una follia. Gli scozzesi, nel caso di vittoria del sì, farebbero una festa lunga un mese e poi sarebbero al collasso finanziario. Vi capisco, gli vorrei dire, ma votate con la testa, non con il cuore». Entriamo in un negozio di abbigliamento. Dietro al bancone c’è una ragazza scozzese: «Se potessi votare sarebbe un sì, anche se tutti i miei amici mi dicono che sono pazza». Una cliente americana dice: «Ma gli scozzesi sono così diversi dagli inglesi...». Monica, una studentessa italiana, aggiunge: «Gli scozzesi li capisco. Ma non saprei cosa fare. Ci vuole coraggio a lasciare la Gran Bretagna...». Christopher, bancario inglese, ci mette del suo: «Lasciare l’unione? Una follia. Spero con tutto il cuore che gli scozzesi si riprendano da questa ubriacata, facciano i conti e votino no». L’igienista nel centro dentistico è scozzese, Stuart: «Il mio sarebbe un no. L’indipendenza è un sogno che finirebbe per costarci un sacco di soldi». Il più simpatico, Rory Stewart, parlamentare scozzese a Westminster, dice: «I nostri due paesi sono cosi patetici e imbarazzanti presi da soli. Meglio restino insieme, si salvano a vicenda». E tra i giornali c’è chi ha immaginato il voto dei diversi cartoni animati. Shrek, noto orco scozzese, sarebbe indeciso fino all’ultimo, mentre nei Muppets, Kermit la rana sarebbe per il no. La maialina Miss Piggy invece sarebbe propensa per il sì.