Mercoledì 24 Aprile 2024

Bulli messi alla prova dal giudice. "Puniti per la morte di mia figlia"

Il padre di Carolina: due anni sotto esame, capiranno il male fatto

Carolina Picchio in una immagine tratta dal suo profilo Facebook. (ANSA)

Carolina Picchio in una immagine tratta dal suo profilo Facebook. (ANSA)

TORINO, 18 GIUGNO 2016 - IL TRIBUNALE dei minori di Torino ha approvato la richiesta di messa alla prova dei cinque ragazzi accusati di avere provocato il suicidio di Carolina Picchio, nel gennaio 2013. I cinque, che ora hanno tra i 18 e i 19 anni, si sono dichiarati colpevoli di tutte le imputazioni: violenza sessuale di gruppo, produzione e diffusione di materiale pedopornografico e atti persecutori, con l’aggravante della morte della vittima. Carolina, 14 anni, si è infatti buttata dalla finestra di casa sua e del padre, a Novara, dopo la diffusione sui social di un video che la ritraeva ubriaca a una festa, e le successive angherie subite a scuola. 

La decisione definitiva sul programma che gli indagati dovranno seguire sarà presa il 12 ottobre. Paolo Picchio, papà di Carolina, è soddisfatto?

«La giustizia ha fatto il suo corso. La messa alla prova è stata la soluzione giusta per non trascinare un processo altrimenti logorante. Tutti i ragazzi si sono dichiarati colpevoli dei reati per cui erano accusati».

È felice?

«Non sono né felice né rammaricato. Sono però molto soddisfatto del lavoro della procura e della presidente del tribunale, molto preparata e decisa».

Decisa?

«Sì, ha rifiutato le proposte di chi suggeriva per i ragazzi percorsi troppo miti: anche se dovremo aspettare ottobre per conscere il programma, sappiamo che durerà due anni. Non pochi, quando se ne hanno diciotto. E quando i ragazzi si sono dichiarati colpevoli, la presidente ha cercato di capire se si fossero realmente resi conto di quello che avevano fatto». 

Lei pensa sia così?

«Sì, anche perché la gravità del risultato delle loro azioni è evidente. Ma il mio obiettivo non è che loro paghino, questo non mi restituirà mia figlia. Voglio che il messaggio venga diffuso, che i giovani imparino da questa vicenda e gli adulti non siano impreparati».

Questo è anche lo scopo del progetto #cuoriconnessi.

«Col regista Luca Pagliaro abbiamo portato nelle scuole un filmato che racconta storie di cyberbullismo, tra cui quella di Carolina. La soddisfazione più bella è stata quando un ragazzino ci ha detto: ero un bullo, ma questo video mi ha cambiato, ora difenderò gli altri. È proprio questo il nostro scopo».

La senatrice pd Elena Ferrara, ex docente di Carolina, ha proposto il ddl contro il cyberbullismo.

«Il nostro è stato il primo caso di cyberbullismo a scuotere l’opinione pubblica. Eppure, è un fenomeno ancora troppo sottovalutato». 

Cosa suggerisce?

«I bambini dovrebbero essere informati sul cyberbullismo già dalle elementari, se è vero che la maggior parte di loro riceve lo smartphone come regalo per la comunione. Le scuole dovrebbero tenere corsi sul tema, inserire figure di supporto; e docenti e genitori dovrebbero ricevere una formazione adeguata per riconoscere il problema e assistere i loro ragazzi in caso di necessità». 

Alcune iniziative di questo tipo esistono già.

«Sì, ma sono isolate. Serve un’organizzazione a livello nazionale, norme valide per tutti, e servono adesso, quando ancora si può fare qualcosa. Il mondo cambia troppo in fretta per attendere oltre. Così si esaudirebbe anche l’ultimo desiderio di Carolina: che nessun altro debba patire quello che ha sofferto lei».