Terremoto, la carica dei tecnici volontari. "Bello firmare il rientro nelle case"

A migliaia gratis da tutta Italia per le verifiche sugli edifici lesionati

Amatrice sei mesi dopo il terremoto (Ansa)

Amatrice sei mesi dopo il terremoto (Ansa)

Roma, 26 febbraio 2017 - GLI (altri) angeli del terremoto arrivano da tutta Italia, volontari superspecializzati ma quasi invisibili. Competenza e solidarietà. A forza di scrutare edifici e firmare schede complicatissime, preparano la strada alla ricostruzione. Ingegneri e geometri soprattutto, ma anche architetti e geologi. Decidono se uno sfollato può tornare in casa o no. Natale, ultimo dell’anno, domenica. I volontari sono sempre lì. Turni di otto giorni, dieci ore di lavoro quotidiano, camere doppie e pranzo al sacco. Presenza davvero imponente: 4.600 da fine agosto sui 6.000 professionisti dedicati ai sopralluoghi. Insomma più di tre volte tanto i dipendenti di Protezione civile, Regioni, forze armate e vigili del fuoco messi insieme. Lavoro strategico. Anche perché, ricorda Ezio Piantedosi – segretario del consiglio nazionale geometri che ha spedito sul campo 1.900 tecnici, 1.500 concentrati sulle agibilità – "se non si completa il censimento del danno non può partire la ricostruzione e non possono essere assegnati gli alloggi provvisori".

I primi della classe sono gli ingegneri. Patrizia Angeli, presidente dell’Ipe – i professionisti delle emergenze, associazione nata dopo il terremoto dell’Emilia – spiega che da fine agosto sono arrivati qui "2.400 colleghi. Lavorano da mattina a sera. Costano 55 euro di vitto e alloggio. Da poco lo Stato riconosce anche una diaria calcolata così: si prende il reddito imponibile dell’anno precedente, lo si divide per 365 e lo si moltiplica per il numero di giorni di volontariato. Ma bisogna coprire almeno due turni, altrimenti nulla. Tradotto, dai 20 ai 50 euro al giorno, il tetto massimo è di 100 ma il guadagno dev’essere davvero elevato. E per i giovani che non hanno fatturato, nulla. Ma abbiamo assolutamente bisogno di forze in campo. Se i tecnici saranno molti, i tempi dell’emergenza si accorceranno. Ci devono muovere passione e senso civico".

Tecnici volontari, ascolta l'appello di Patrizia Angeli / AUDIO 

Simone Monotti, 39 anni, ingegnere di Terni, di sabato mattina risponde dall’ennesimo sopralluogo a Todi. A settembre era nella prima squadra partita per la provincia di Ascoli Piceno, "le regole prevedono che non si possa operare nella propria provincia – spiega –. Di solito si compilano 7-8 schede Aedes al giorno. Ma dipende dal territorio, se devo spostarmi nelle borgate la media scende. La responsabilità è tanta. Io firmo un pezzo di carta dove dico che tizio può entrare in quella casa. Se non succede niente, amici come prima. Ma se qualcosa va storto... Nessuno qui lavora per i compensi. Credo ci sia soprattutto spirito di servizio. E tanta passione. Il terremoto è una grande scuola professionale".

Però affiorano malumori. Ad esempio per le ultime ordinanze che hanno ‘liberalizzato’ le AeDes. Prima andava così: la compilazione delle schede era possibile solo a chi aveva un ‘patentino’, abilitazione rilasciata in un corso di 60 ore. Ma dopo ottobre, nell’emergenza continua, è stata introdotta la via breve della soluzione Fast. "Due pesi e due misure", accusano i tecnici. Spiegano: "Da una parte ci sono i volontari formati dalla Dicomac, pubblici ufficiali che non possono fare progetti per gli edifici schedati con la AeDes. Dall’altra ci sono liberi professionisti che invece possono prendere gli incarichi sulle stesse case. Non solo: sono pagati dai committenti, quindi può scattare un conflitto d’interessi». Perplesso anche Walter Baricchi, architetto di Reggio Emilia, coordinatore del ramo protezione civile per il consiglio nazionale: "Per far fronte all’emergenza continua, si è passati dalla massima rigidità alla massima flessibilità, forse un po’ troppo". Gli architetti volontari da settembre ad oggi sono stati seicento, i geologi un centinaio. "Gli 8 giorni sono un condizionamento pesante – osserva Baricchi –. Se ho uno studio professionale, a differenza del dipendente pubblico che ha stipendio e lavoro garantiti, io non ho niente". Anche per questo nelle Marche si sono inventati la formula weekend.