Lunedì 6 Maggio 2024

Roma, sfregia due sacerdoti nella basilica di Santa Maria Maggiore

E' stato un pregiudicato di Frosinone. L'uomo è entrato nella basilica e con un coccio di bottiglia ha ferito il sacrestano e un sacerdote: "La Chiesa non mi ha capito"

Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma (Ansa)

Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma (Ansa)

Roma, 7 gennaio 2017  - Un pregiudicato di 41 anni è entrato nella basilica di Santa Maria Maggiore, al centro di Roma, e ha aggredito con un coccio di bottiglia il sacerdote e il sacrestano, ferendoli al volto. 

L'uomo, Renzo Cerro, originario Roccasecca, in provincia di Frosinone, è stato bloccato da una pattuglia dei carabinieri della compagnia piazza Dante, in servizio di vigilanza all'esterno della chiesa. Ancora da chiarire i motivi del gesto. 

Il più grave è il sacrestano della basilica, Angelo Gaeta, trasportato in ospedale in codice rosso per una profonda ferita che va dallo zigomo al mento. Il secondo sacerdote, Adolfo Ralph, padre superiore dei frati dell'Immacolata, è stato lievemente ferito.

Cerro è stato portato in caserma. Il 41enne con gli agenti si sarebbe giustificato: "Non ce l'avevo con loro due, ma sono un incompreso, la Chiesa non mi ha capito". L'uomo, con precedenti per droga, presenterebbe anche disturbi di natura psichica. I carabinieri hanno riferito che è apparso in stato di evidente agitazione. 

Al momento dell'aggressione c'erano in chiesa almeno duecento fedeli che hanno dato l'allarme. L'aggressore è stato bloccato dai militari mentre cercava di disfarsi del coccio di vetro. Secondo alcune testimonianze, l'uomo, una volta entrato in Basilica, ha puntato direttamente il sacrestano colpendolo al volto e senza dire nulla. L'altro sacerdote è stato ferito in una seconda fase perché è intervenuto in difesa del sacrestano.

ACCUSATORI SI PADRE MANELLI - Padre Angelo Gaeta e padre Adolfo Ralph sono tra gli "accusatori" di padre Stefano Manelli, il fondatore dei Francescani dell'Immacolata esautorato nel 2013 da Papa Francesco a causa di presunti abusi di potere, di gestione economica e anche sessuali. 

Nell'inchiesta vaticana emersero molte circostanze che sono successivamente diventate oggetto di indagini della Procura di Avellino, in quanto la maggior parte dei fatti avvenne a Frigento. Alcuni reati risultarono però prescritti. Tra l'altro, nel dossier ci sono due morti le cui cause non sono state chiarite: quella di un frate filippino e quella dello stesso commissario inviato dalla Santa Sede, padre Fidenzio Volpi, che fu oggetto di una pesantissima campagna mediatica per delegittimarne l'azione.

Un anno e mezzo fa erano partite le indagini della Procura di Avellino che, grazie al lavoro della Guardia di Finanza, aveva compiuto sequestri nel marzo 2015 di trenta milioni di euro di proprietà delle due società. Si tratta di 59 fabbricati, 17 terreni, un impianto radio-tv, 5 impianti fotovoltaici dislocati su tutto il territorio nazionale, 102 autovetture, più saldi giacenti su numerosi rapporti di natura finanziaria. Beni sulla cui liceità di acquisizione e gestione pesa il dubbio degli inquirenti che ipotizzano i reati di truffa e falso ideologico. 

Nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, notificato agli indagati nel luglio scorso, si parlava del "disegno criminoso, con più azioni commesse anche in tempi diversi in violazione di più norme di legge". Un disegno che sarebbe stato attuato per sottrarre beni all'Istituto religioso che ha sede a Frigento, in via Piano della Croce, in quel convento intorno a cui si sono concentrate anche altre indagini. Con padre Manelli individuato dalla Procura come "istigatore e determinatore dell'attività dei correi", ossia come l'orchestratore della truffa. 

Risulterebbero invece prescritte (perché fatti avvenuti prima del 2009 e che prevedono pene non superiori ai 6 anni di detenzione) le accuse per gli abusi sessuali e maltrattamenti subiti da alcune suore in diversi conventi dell'Istituto commissariato dalla Santa Sede nel 2013, reati per i quali l'83enne padre Manelli, nato a Fiume, era stato iscritto nel registro degli indagati dal pm Adriano Del Bene.