Roma, 18 agosto 2017 - Professor Massimo Campanini, docente di Studi islamici all’università di Trento, l’Isis ha rivendicato l’attentato di Barcellona: anche stavolta abbiamo il colpevole?
«Oggi come oggi, specie dopo le sconfitte di Mosul e di Raqqa, parlare del Califfato significa agitare un fantasma che non esiste praticamente più. La strage non può essere e non è l’esito di un piano preordinato. Non lo erano gli attacchi di Nizza e di Berlino, anche se poi vi è sempre qualcuno che ci specula sopra, sventolando la bandiera nera e attribuendosi la carneficina».
E allora di chi sono le mani sporche di sangue?
«Qui siamo di fronte a cani sciolti, a dei pazzi, che, imbevuti dell’ideologia islamista, fanno attentati in giro per il mondo senza che ci sia alcuna strategia alle loro spalle».
Isis o meno, il giornale spagnolo El Periodico rivela come la Cia avesse avvisato due mesi fa le autorità iberiche su possibili attacchi sulle Ramblas: anche stavolta i comuni cittadini pagano la scarsa collaborazione fra i servizi segreti dei diversi Paesi?
«Controllare tutto e tutti è impossibile. Io abito a Milano, arrivare in piazza Duomo con un pulmino e centrare i pedoni come se fossero dei birilli è difficile, ma fare la stessa cosa in corso Buenos Aires non è poi così complicato. Con ciò voglio dire che bisogna essere prudenti prima di lamentare un’eventuale sottovalutazione delle informazioni da parte dell’intelligence».
Tutti ‘assolti’, dunque?
«È chiaro che i servizi e le forze di polizia possono tenere d’occhio i soggetti schedati come possibili terroristi, tuttavia non ci si può illudere... Prevenire al cento per cento questo tipo di attacchi non è possibile».
Stando al suo ragionamento, sarebbe meglio avere a che fare con una vera e propria centrale operativa del terrore.
«Senza dubbio, ma la realtà non è questa. Quello che tuttavia possiamo e dobbiamo fare è iniziare a smitizzare il terrorismo».
Che cosa intende dire?
«Questo non rappresenta una strategia, è uno strumento. Ricorre agli attentati chi non ha disposizione altri mezzi per vincere una battaglia, un po’ come facevano i carbonari durante il Risorgimento. Non si comportava così Garibaldi che poteva contare su un esercito vero e proprio. Questo ragionamento allora ci induce a considerare il terrorismo non come dimostrazione di forza quanto piuttosto di debolezza».
L’effetto diffuso sulla popolazione è comunque paralizzante.
«Io non sto parlando di tranquillità della gente. I terroristi vogliono spaventare e per questo colpiscono in luoghi noti e affollati come le Ramblas di Barcellona, il cuore del divertimento in Europa. La questione è un’altra».
Ovvero?
«La smitizzazione del terrorismo dovrebbe farci sentire psicologicamente sicuri nella misura in cui di fatto non è uno strumento in grado di minare la stabilità dei Paesi o la stessa sicurezza del pianeta».